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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

lunedì 7 maggio 2012

FANTA E FINTO




Fanta, creatura delle valle dei ciclamini, e Finto, suo coetaneo, abitavano in un paese fantastico, arroccato a metà collina, tra rovi e fichi d'India mai toccati da mani umane.

Questi due bambini, ormai ragazzini, seppure abitassero uno di fronte all'altra, nella via dei Pensieri Nostri, non andavano d'accordo ma, allo stesso tempo, erano costretti a condividere la stessa compagnia dei loro coetanei.
Fanta  era una bella ragazzina, dai capelli castani e gli occhi neri neri, penetranti, quasi parlanti ed a lei volevano tutti  molto bene, perché colta, abituata a studiare e leggere storie anche più grandi di lei: I suoi compagni dicevano che aveva molta fantasia, perché,  ogni qualvolta prendeva la parola, aggiungeva al già conosciuto qualcosa di suo e spiegandone i motivi.
Finto,  anche lui  era un bel ragazzino, moro, dal fisico robusto, ma il viso pieno di efelidi che non gli risparmiavano un qualche curioso epiteto da parte dei suoi compagni. Di indole era poltrone ma partecipava a tutte le discussioni che nascevano tra di loro e, alla fine, veniva considerato, simpaticamente, una specie di bastiancontrario, a volte senza una ragione precisa.Fanta era generosa ed intelligente e riusciva a far partecipare tutti alle sue discussioni e al commento di qualche suo racconto breve, anche da poco inventato. Questo, sempre breve, è uno di quelli.
Due coccinelle si erano calate su una bellissima e buonissima torta di mele e già stavano pregustando i sapori e i profumi di quel dolce che, per loro, era anche leggero e digeribile.
In picchiata e zigzagando arrivarono, in pochi istanti, due vespe, avide, minacciose e pronte a far la guerra, con il loro pungiglione già sfoderato.
Con le zampe, seminascoste dalle croste della torta, volevano aggredire le due coccinelle, prendendole all'improvviso, per poi lasciare quella prelibatezza solo per esse e le loro eventuali compagne.
Riuscirono a celarsi tra una crosta e l'altra, scalandole in silenzio, ventre a terra e occhi puntati, mentre inghiottivano pezzi di quella torta che a loro sembrava di non finire mai.
Le coccinelle mangiavano anche loro e non sapevano del pericolo incombente. La torta, vittima designata, non poteva fare altro che offrirsi in tutta la sua bontà, in attesa che occhi e mani di bambini la prendessero in un altra dimensione, quella umana, che era quella dell'allegria e del mangiar sano.
Quella stanza era ancora vuota, ma piena di  sole, di vita, ma di bambini neppure l'ombra.
Le coccinelle continuavano il loro lavorìo, le vespe preparavano il loro attacco.
Dalla parete di fronte, improvviso, apparve un geco, gentile e sornione, perfettamente disteso e a suo agio, anche se in completa ripida discesa.
Guardava quei quattro suoi amici che erano sopra ed intorno alla torta e scrutava i loro movimenti, quasi spiandoli e aspettando, anche esso, chi sa quale momento. Strisciò sulla parete, invisibile, si portò, con le sue papille adesive, fino alle gambe del tavolo, le scalò con assoluta facilità e si affacciò nella sua superficie, vedendo ben chiara la forma e la grandezza di quella torta. Rimase immobile qualche secondo, mentre le due coccinelle scavavano a piene mani ciò che a loro dava piacere, con le vespe, in silenzio, che volevano sopraffarle, magari come digestivo, dopo aver ingurgitato un bel po' di pezzi di mele.
Il geco si mosse, avanzò piano ma sicuro che quei quattro, prima o poi, l'avrebbero visto.
La stanza era ancora vuota ed assolata.
Il geco, appiattito, percorreva centimetri su centimetri, scrutando la  distanza che lo separava dalla torta e da quei quattro intrusi.

Forse il gioco d'ombre create da alcuni alberi in giardino, forse il lucicchio dello stesso tavolo dove quasi vi si poteva rispecchiare, sta di fatto che il geco aumentò la sua velocità, facendo fuggire, meglio volare, le due vespe e subito dopo le due coccinelle.
Nello stesso istante una porta si aprì, la finestra si spalancò e Fanta e Finto, seguiti da una decina di compagnetti, fecero irruzione nella stanza, pronti a dividersi quella gran torta di mele, tra spintoni, urla e la solita loro allegria.
Fanta  e Finto si guardarono, videro il geco appiattito che con un gran balzo tornò all'estremità della parete e pensarono che, davvero, quell'innocuo animale avesse voluto salvare la loro torta e la loro allegria.
Indicarono il geco ai presenti, lo ammirarono immobile, loro silenziosi, mentre Finto andava urlando:
Grazie, grazie, geco mio! - e, all'unisono, anche gli altri si unirono a questo semplice quasi banale ringraziamento.
Fanta  fu festeggiata per il suo bel racconto e diventò amica di Finto.

Gavino Puggioni

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