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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

venerdì 31 gennaio 2014

Rita Hayworth Is Stayin' Alive



Incredibile quel che succede quanto gli anni '40 incontrano gli anni 70'!
Una bella performance di Rita Hayworth e Fred Astaire!

BUON FINE SETTIMANA CON UN PO' DI ALLEGRIA!

I pedanti


Teste calve dimentiche dei loro peccati,
Vecchie, dotte, rispettabili teste calve
Editano ed annotano quei versi
Che giovani, agitandosi sui letti,
Misero in rima disperati d'amore
Per lusingare l'orecchio ignorante della bellezza.

Tutti si muovono furtivi; tutti tossiscono nell'inchiostro;
Tutti a piccoli passi consumano il tappeto;
Tutti pensano quel che gli altri pensano;
Conoscono tutti chi il vicino conosce,
Signore Iddio, che direbbero mai
Se si imbattessero nel loro Catullo?


William Butler Yeats

(1865-1939)

Il vuoto


Vi soffia un terribile vento.
Non v'è che un piccolo foro nel petto.
Ma vi soffia un terribile vento.
Odio è nel foro (sempre), e paura e impotenza,
Vi è impotenza e se ne addensa il vento,
Come i tùrbini forte
Spezzerebbe un ago d'acciaio,
Ma vuoto, altro non è, non è che il vento.
Se cessa per un attimo mi cerco
Mi tormento. Che avrebbe detto il Cristo
Se fosse stato così fatto? Dentro,
Dentro me, ai brividi c'è sempre
Un freddo disponibile. Il mio vuoto
Divora, annienta. E' ovatta e silenzio
Un silenzio di stelle,
E questo foro non ha alcuna forma,
Pur essendo profondo...


Henri Michaux

(1899-1984)

giovedì 30 gennaio 2014

Chomsky: "La democrazia in Italia é finita"


di Redazione Cadoinpiedi.it - 24 gennaio 2014
Il maggior linguista vivente è in Italia per presentare I padroni dell'umanità (Ponte alle Grazie) e non ha risparmiato nessuno: "Le nostre società stanno andando verso la plutocrazia. Questo è neo-liberismo" ha detto. La sfida del futuro? Non limitarci a osservare il corso degli eventi ed eliminare le istituzioni che perseguono il "tutto per noi stessi, niente per gli altri".


Noam Chomsky, il maggior linguista vivente, l'autore del capolavoro Il linguaggio e la mente (Bollati Boringhieri, 2010), a 86 anni ha mantenuto una lucidità di pensiero che non lascia spazio a dubbi e illusioni. "Le nostre società stanno andando verso la plutocrazia.

Questo è neo-liberismo" ha detto Chomsky, in Italia per il Festival delle Scienze all'Auditorium Parco della Musica di Roma dove è protagonista di due appuntamenti sold out in sale di 700 e 1.200 posti tanto che sabato 25 gennaio è previsto uno schermo supplementare nel foyer dell'Auditorium.

LA DEMOCRAZIA E' SCOMPARSA Chomsky ha ricordato che "secondo uno studio della Oxfam, l'Ong umanitaria britannica, 85 persone nel mondo hanno la ricchezza posseduta da 3,5 miliardi di individui. Questo era l'obiettivo del neoliberismo" di cui parla come di "un grande attacco alle popolazioni mondiali, il più grande da 40 anni a questa parte". 
In Italia "la democrazia è scomparsa quando è andato al governo Mario Monti designato dai burocrati seduti a Bruxelles, non dagli elettori" spiega il linguista di Filadelfia, che vive vicino a Boston ed è a Roma con la raccolta di testi inediti in Italia su oltre 40 anni di lotte e pensiero I padroni dell'umanità (Ponte alle Grazie). Sono saggi politici dal 1970-2013 dove i principali accusati dello sfruttamento politico e delle guerre, dal Vietnam alla Serbia e all'Iraq, restano gli Stati Uniti e la società dominata dalle multinazionali. 

L'EUROPA E' AL COLLASSO In generale "le democrazie europee sono al collasso totale indipendentemente dal colore politico dei governi che si succedono al potere perchè sono decise - sottolinea Chomsky - da banchieri e dirigenti non eletti che stanno seduti a Bruxelles. Questa rotta porta alla distruzione delle democrazie e le conseguenze sono le dittature". "Mario Draghi - continua - ha detto che il contratto sociale è morto. 
Ciò che conta oggi è la quantità di ricchezza riversata nelle tasche dei banchieri per arricchirli. Quello che capita alla gente normale ha valore zero. Questo è accaduto anche negli Stati Uniti ma non in modo così spettacolare come in Europa. Il 70% della popolazione non ha nessun modo di incidere sulle politiche adottate dalle amministrazioni". E da chi è composto questo 70%? "Da quelli che occupano posizioni inferiori sulla scala del reddito. Quell'1% che sta nella parte superiore ottiene a livello politico ciò che desidera. Questa è la plutocrazia". 

INFORMARSI SOLO SUI BLOG E' SBAGLIATO Da sempre punto di riferimento per la sinistra internazionale, Chomsky nei suoi saggi invita a riflettere sulla manipolazione dell'opinione pubblica. Dei new media dice: "Hanno portato ad una maggior vivacità di opinioni rispetto ai media ortodossi" ma un effetto negativo è "la tendenza a sospingere gli utenti verso una visione del mondo più ristretta perchè quasi automaticamente le persone sono attratte verso quei nuovi media che fanno eco alle loro stesse vedute" ha sottolineato. "Se uno si informa solo sui blog le prospettive saranno molto più ristrette". Inoltre, la proliferazione di informazioni ha avuto, secondo il linguista, come "contraltare la riduzione del livello dei reportage". 

GLI INTELLETTUALI HANNO LE LORO COLPE Tra i pensatori più autorevoli del nostro tempo, Chomsky non risparmia critiche agli intellettuali che, spiega, "hanno tutte le responsabilità degli altri esseri umani: cercare di incentivare il bene comune e del resto del mondo". La sfida del futuro è "non limitarci a osservare il corso degli eventi" e per farlo, conclude, "bisogna eliminare la struttura di quelle istituzioni che perseguono il 'tutto per noi stessi, niente per gli altri', non colpire il singolo perchè verrà semplicemente buttato fuori dal sistema". 



Tu & Io




Tu

come allegro fuoco d’artificio 
esplodi in un cielo spento
rintronando la vecchia luna
 che ansante sale dal mare.

Io

umile giunco fiorito
 in solitario silenzio
 beffo la bufera dell’anima
 e spargo rosei fiori
 sull’agitata acqua dell’amore

Giovanni De Simone




mercoledì 29 gennaio 2014

Tramonto


Van Gogh

Sbadiglia

il sole
a ventaglio
nei raggi
obliqui
a rosseggiare
il colle.
Freme
il bosco
assopito
in carezza
d'inverno.
Ai confini
della notte
fra i pini
ad ombrello
si leva
la Luna.



Graziella Cappelli - (Cantierepoesia)

lunedì 27 gennaio 2014

Brundibar


Nel 1941 a Praga il compositore Hans Krasa scrive l'operina per bambini  “Brundibar”, per un concorso organizzato dal Ministero della Cultura e dell'Educazione della Cecoslovacchia; lo stesso anno Krasa viene arrestato e internato a Terezin. Sappiamo come quel campo, esaltato in un filmato voluto dal Ministero della Propaganda nazista dal titolo “Il Fuhrer dona una città agli Ebrei” come campo “modello” in cui gli ebrei sarebbero stati protetti dall'odio che li circondava ( bugia che fu serenamente  inghiottita da tutte le istituzioni, Croce Rossa compresa, in un sopralluogo che fecero il 23 giugno del '44 ) era in realtà l'anticamera dei campi di sterminio.
Costretti a mimare una vita “normale”, gli ebrei di Terezin cercano nella cultura e nell'arte e non nella sopraffazione per una sopravvivenza a tutti i costi, la forza di esistere, dando una lezione di civiltà al mondo.
“Brundibar” racconta  la storia – metaforica – di due bimbi che sconfiggono un prepotente. E il ritmo ternario del valzer di Brundibar (“lento cantabile” in partitura) diventò l'inno dei prigionieri di Terezin, la colonna sonora di una residua speranza di libertà.
L'operina di Krasa, con la sua ingenua “moralitè” viene messa in scena a Terezin nel settembre del '43 e  replicata 55 volte. C'era già stata la ritirata di Russia e lo sbarco in Sicilia, l'impero di Brundibar scricchiolava ma la sua ferocia era intatta. Nei mesi successivi quasi tutti gli interpreti e il compositore vengono “trasferiti” e uccisi
Nell'operetta i bambini alzano gli occhi verso un aeroplano che vola e sognano di volarsene via. Ma quell'aeroplano sorvola troppo tardi il campo di Terezin.


ILGHETTO DI TEREZIN

Terezin è una città della Cecoslovacchia che servì da ghetto fra il 1941 e il 1945, per circa 140.000 ebrei deportati dai nazisti dall'Europa Centrale ed Orientale.
Aterezin, su un'area che aveva contenuto in precedenza 6-7000 abitanti, fu stipata, per ondate successive, una popolazione che raggiunse, nel 1942, 87.093 persone. I piani nazisti prevedevano un duplice scopo:
·       trasferire gradatamente gli abitanti del ghetto ai campi di sterminio;
·        nascondere al mondo libero il fatto che la comunità ebraica europea fosse in procinto di essere sterminata, esibendo in maniera  propagandistica Terezin come un “insediamento modello”.
 Quando, nell'ottobre del 1943, il governo danese chiese conto degli ebrei catturati a Copenhagen, le autorità naziste concessero una visita del Campo ai rappresentanti della Croce Rossa Internazionale, ma la visita poté avere luogo solo
nella primavera dell'anno successivo, ai tedeschi serviva tempo per effettuare una eccezionale operazione di abbellimento del campo..
La Croce Rossa Internazionale e due membri del governo danese visitarono il Campo il 23 giugno 1944  per circa tre ore durante le quali la messa in scena del Campo modello, sapientemente orchestrata, funzionò alla perfezione.

LA MUSICA A TEREZIN

Musicisti professionisti e semplici dilettanti sfidarono l'iniziale proibizione di svolgere qualsiasi iniziativa artistica pur di organizzare un'attività musicale all'interno del ghetto.
Si ha notizia di almeno due formazioni quartettistiche che iniziarono la loro attività clandestinamente perché sprovvisti di musica stampata. Questi musicisti copiavano a mano o ricostruivano a memoria gli spartiti, su carta di pessima qualità e rischiando la vita.
Significativo fu l'allestimento dell'operina per bambini, intitolata “Brundibar”, composta e strumentata da Hans Krasa e questa fu l'unica opera lirica che poté essere rappresentata in forma teatrale, con scene e costumi.
L'operina venne replicata 55 volte e il livello dello spettacolo era tanto elevato che Berlino mandò a Terezin un troupe cinematografica per girare un documentario di propaganda. In quella occasione, “Brundibar”, venne rappresentata in un teatro vero e proprio. Finite le riprese tutti i membri dell'orchestra, i collaboratori, i bambini che vi avevano partecipato, vennero deportati ad Auschwitz.

I BAMBINI DI TEREZIN

Fra i prigionieri del ghetto di Terezin ci furono all'incirca 15.000 bambini, compresi i neonati, in prevalenza figli degli ebrei cechi deportati a Terezin insieme ai genitori. La maggior parte di essi morì nel corso del 1944 nelle camere a gas di Auschwitz.
Nelle case operarono educatori e insegnanti prigionieri che riuscirono, nonostante le infinite difficoltà e nel quadro di limitate possibilità, a organizzare per i bambini una vita giornaliera e perfino l'insegnamento clandestino.
Sotto la guida degli educatori  i bambini frequentavano le lezioni e partecipavano a molte iniziative culturali preparate dai detenuti e non furono solo ascoltatori, molti di essi divennero attivi partecipanti a questi avvenimenti, fondando circoli di recitazione e di canto e facendo teatro.
E quei bambini di Terezin scrivevano soprattutto poesie..
NOTA:
“Brundibar” è l'unica opera musicale per bambini del compositore ceco Hans Krasa su libretto di Adolf  Hoffmeister
originariamente rappresentata dai bambini del Campo di concentramento di Theresienstadt.

 Questa piccola storia, nell'immensità della tragedia mai dimenticata dell'Olocausto, è stata prodotta e musicata dal Circolo LABORINTUS, di Sassari, e dal Coro voci bianche della Polifonica Santa Cecilia ed una  Ensemble di musicisti che con i loro strumenti ne han “enfatizzato” la tragicità.
La voce recitante dell'attrice Maria Antonietta Azzu ha creato la giusta atmosfera, silenzio e suspence, dovuto.
Venerdì 25 gennaio, al Teatro Smeraldo di Sassari, erano presenti più di 450 bambini, il nostro futuro, per continuare a ricordare, sempre.

Ed oggi, 27 gennaio 2014, “Brundibar” sarà presentata a Nuoro, nel Teatro Eliseo, dalla Scuola Civica di Musica “A. Chironi”, in collaborazione con l'Istituto Comprensivo n. 2 “Pietro Borrotzu”, il Liceo Artistico “Francesco Ciusa” e l'Ente Musicale di Nuoro. Due spettacoli al mattino ed uno, stasera, alle20,30, per il pubblico..
I giovanissimi interpreti saranno gli alunni della Scuola Media “Borrotzu”, preparati da Franca Floris.
L'orchestra della Scuola Civica sarà diretta da Andrea Ivaldi, con allestimento scenico di Maria Grazia Carta e realizzato dagli studenti del Liceo Artistico “Ciusa”.

Gavino Puggioni







Rimpianto



canto d’usignolo
che ondeggi nell’azzurro
entri indeciso
nel mio spento cuore
quale canto di vita
ah! amore
amore mio
ora so cosa ho perduto
e
rimugino
rimugino la felicità
il giorno piange
e affida al vento nostalgico
le sue pene e le sue paure
ma
io t’amo più della luce
che taglia la nebbia dei tuoi dubbi.

Giovanni De Simone

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venerdì 24 gennaio 2014

Canto rassegnato


Vieni, mio dolce amico: sulla bianca
e soda strada noi seguiteremo
finché tutta la valle s’inazzurri.
Vieni: è tanto soave camminare
a te d’accanto, anche se tu non m’ami.
C’è tanto verde, intorno, tanto odore
di timo c’è, e sono così ariose,
nell’indorato cielo, le montagne:
è quasi come se anche tu mi amassi.
Arriveremo giù, fino a quel ponte
sorretto dallo scroscio del torrente:
là tu continuerai pel tuo cammino.
Io resterò sul greto, fra i cespugli,
dove l’acqua non giunge, fra le pietre
chiare, rotonde, immote, come dorsi
di una gregge accosciata. Col mio pianto
vitreo, pari a lente che non pecca,
io specchierò e raddoppierò le stelle


(Antonia Pozzi – 18 luglio 1929)

Antonia Pozzi, biografia

ANTONIA POZZI (Milano 1912-1938)
Le foto cambiano ogni qualche secondo
Quando Antonia Pozzi nasce è martedì 13 febbraio 1912: bionda, minuta, delicatissima, tanto da rischiare di non farcela a durare sulla scena del mondo; ma la vita ha le sue rivincite e … … Antonia cresce: è una bella bambina, come la ritraggono molte fotografie, dalle quali sembra trasudare tutto l’amore e la gioia dei genitori, l’avvocato Roberto Pozzi, originario di Laveno, e la contessa Lina, figlia del conte Antonio Cavagna Sangiuliani di Gualdana e di Maria Gramignola, proprietari di una vasta tenuta terriera, detta La Zelata, a, Bereguardo. Il 3 marzo la piccola viene battezzata in San Babila ed eredita il nome del nonno, primo di una serie di nomi parentali (Rosa, Elisa, Maria,Giovanna, Emma), che indicherà per sempre la sua identità. Antonia cresce, dunque, in un ambiente colto e raffinato: il padre avvocato, già noto a Milano; la madre, educata nel Collegio Bianconi di Monza, conosce bene il francese e l’inglese e legge molto, soprattutto autori stranieri, suona il pianoforte e ama la musica classica, frequenta la Scala, dove poi la seguirà anche Antonia; ha mani particolarmente abili al disegno e al ricamo. Il nonno Antonio è persona coltissima, storico noto e apprezzato del Pavese, amante dell’arte, versato nel disegno e nell’acquerello. La nonna, Maria, vivacissima e sensibilissima, figlia di Elisa Grossi, a sua volta figlia del più famoso Tommaso, che Antonia chiamerà “Nena” e con la quale avrà fin da bambina un rapporto di tenerissimo affetto e di profonda intesa. Bisogna, poi, aggiungere la zia Ida, sorella del padre, maestra, che sarà la compagna di Antonia in molti suoi viaggi; le tre zie materne, presso le quali Antonia trascorrerà brevi periodi di vacanza tra l’infanzia e la prima adolescenza; la nonna paterna, Rosa, anch’essa maestra, che muore però quando Antonia è ancora bambina.Nel 1917 inizia per Antonia l’esperienza scolastica: l’assenza, tra i documenti, della pagella della prima elementare, fa supporre che la bimba frequenti come uditrice, non avendo ancora compiuto i sei anni, la scuola delle Suore Marcelline, di Piazzale Tommaseo, o venga preparata privatamente per essere poi ammessa alla seconda classe nella stessa scuola, come attesta la pagella; dalla terza elementare, invece, fino alla quinta frequenta una scuola statale di Via Ruffini. Si trova, così, nel 1922, non ancora undicenne, ad affrontare il ginnasio, presso ilLiceo-ginnasio “Manzoni”, da dove, nel 1930, esce diplomata per avventurarsi negli studi universitari, alla Statale di Milano.
Gli anni del liceo segnano per sempre la vita di Antonia: in questi anni stringe intense e profonde relazioni amicali con Lucia Bozzi ed Elvira Gandini, le sorelle elettive, già in terza liceo quando lei si affaccia alla prima; incomincia a dedicarsi con assiduità alla poesia, ma, soprattutto, fa l’esperienza esaltante e al tempo stesso dolorosa dell’amore. È il 1927: Antonia frequenta la prima liceo ed è subito affascinata dal professore di greco e latino, Antonio Maria Cervi; non dal suo aspetto fisico, ché nulla ha di appariscente, ma dalla cultura eccezionale, dalla passione con cui insegna, dalla moralità che traspare dalle sue parole e dai suoi atti, dalla dedizione con cui segue i suoi allievi, per i quali non risparmia tempo ed ai quali elargisce libri perché possano ampliare e approfondire la loro cultura. La giovanissima allieva non fatica a scoprire dietro l’ardore e la serietà, nonché la severità del docente, molte affinità: l’amore per il sapere, per l’arte, per la cultura, per la poesia, per il bello, per il bene, è il suo stesso ideale; inoltre il professore, ha qualcosa negli occhi che parla di dolore profondo, anche se cerca di nasconderlo, e Antonia ha un animo troppo sensibile per non coglierlo: il fascino diventa ben presto amore e sarà un amore tanto intenso quanto tragico, perché ostacolato con tutti i mezzi dal padre e che vedrà la rinuncia alla “vita sognata” nel 1933, “non secondo il cuore, ma secondo il bene”, scriverà Antonia, riferendosi ad essa. In realtà questo amore resterà incancellabile dalla sua anima anche quando, forse per colmare il terribile vuoto, si illuderà di altri amori, di altri progetti , nella sua breve e tormentata vita.
Nel 1930 Antonia entra all’Università nella facoltà di lettere e filosofia; vi trova maestri illustri e nuove grandi amicizie: Vittorio Sereni, Remo Cantoni, Dino Formaggio, per citarne alcune; frequentando il Corso di Estetica, tenuto da Antonio Banfi, decide di laurearsi con lui e prepara la tesi sulla formazione letteraria di Flaubert, laureandosi con lode il 19 novembre 1935. In tutti questi anni di liceo e di università Antonia sembra condurre una vita normalissima, almeno per una giovane come lei, di rango alto-borghese, colta, piena di curiosità intelligente, desta ad ogni emozione che il bello o il tragico o l’umile suscitano nel suo spirito:l’amore per la montagna, coltivato fin dal 1918, quando ha incominciato a trascorrere le vacanze a Pasturo, paesino ai piedi della Grigna, la conduce spesso sulle rocce alpine, dove si avventura in molte passeggiate e anche in qualche scalata, vivendo esperienze intensissime, che si traducono in poesia o in pagine di prosa che mettono i brividi, per lo splendore della narrazione e delle immagini; nel 1931 è in Inghilterra, ufficialmente per apprendere bene l’inglese, mentre, vi è stata quasi costretta dal padre, che intendeva così allontanarla da Cervi; nel 1934 compie una crociera, visitando la Sicilia, la Grecia, l’Africa mediterranea e scoprendo, così, da vicino, quel mondo di civiltà tanto amato e studiato dal suo professore e il mondo ancora non condizionato dalla civiltà europea, dove la primitività fa rima, per lei, con umanità; fra il 1935 e il 1937 è in Austria e in Germania, per approfondire la conoscenza della lingua e della letteratura tedesca, che ha imparato ad amare all’Università, seguendo le lezioni di Vincenzo Errante, lingua che tanto l’affascina e che la porta a tradurre in italiano alcuni capitoli di “Lampioon”, di M. Hausmann. Intanto è divenuta “maestra” in fotografia: non tanto per un desiderio di apprenderne la tecnica, aridamente, quanto perché le cose, le persone, la natura hanno un loro sentimento nascosto che l’obiettivo deve cercare di cogliere, per dar loro quell’eternità che la realtà effimera del tempo non lascia neppure intravedere. Si vanno così componendo i suoi album, vere pagine di poesia in immagini. Questa normalità, si diceva, è, però, solamente parvenza. In realtà Antonia Pozzi vive dentro di sé un incessante dramma esistenziale, che nessuna attività riesce a placare: né l’insegnamento presso l’Istituto Tecnico Schiaparelli, iniziato nel ‘37 e ripreso nel ’38; né l’impegno sociale a favore dei poveri, in compagnia dell’amica Lucia; né il progetto di un romanzo sulla storia della Lombardia a partire dalla seconda metà dell’Ottocento; né la poesia, che rimane, con la fotografia, il luogo più vero della sua vocazione artistica. La mancanza di una fede, rispetto alla quale Antonia, pur avendo uno spirito profondamente religioso, rimase sempre sulla soglia, contribuisce all’epilogo: è il 3 dicembre del 1938.
Lo sguardo di Antonia Pozzi, che si era allargato quasi all’infinito, per cogliere l’essenza del mondo e della vita, si spegne per sempre mentre cala la notte con le sue ombre viola.
Onorina Dino
Biografia tratta da Antonia Pozzi. Nelle immagini l’anima: antologia fotografica,
a cura di Ludovica Pellegatta e Onorina Dino, Ancora, Milano 2007

 A soli ventisei anni si tolse la vita. Nel suo biglietto di addio ai genitori scrisse di «disperazione mortale». Si uccise mediante barbiturici  in una sera di dicembre del 1938, nel prato antistante l'abbazia di Chiaravalle. La famiglia negò la circostanza «scandalosa» del suicidio, attribuendo la morte a polmonite; il suo testamento fu distrutto dal padre, che manipolò anche le sue poesie, scritte su quaderni e allora ancora tutte inedite.
È sepolta nel piccolo cimitero di Pasturo: il monumento funebre, un Cristo in bronzo, è opera dello scultore Giannino Castiglioni.




Sassi di fiume

Ballata



Scorre a balzi e saltelli
L’acqua del torrente
Su sassi levigati
Dal suo incessante fluire

Scorre la vita
Sul passato e presente
Scivola tra le dita
Come acqua di sorgente

Lucidi, brillanti
Somigliano a preziose pietre
Di nessun valore eppure
Conquistano occhio e mente

Scorre la vita
Sul passato e presente
Scivola tra le dita
Come acqua di sorgente

Dimentica e sfuggente
Abbandona ogni ricordo
Deterso trasparente
Seppellito sotto i sassi
Lavati dal torrente

Scorre la vita
Sul passato e presente
Scivola tra le dita
Come acqua di sorgente

Danila Oppio
Inedita24 gennaio 2014