benvenuti

Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

mercoledì 31 luglio 2013

PRESENTAZIONE DELLA NUOVA SILLOGE

NELLE FALESIE DELL'ANIMA
di Gavino Puggioni





Maristella Angeli ci informa

Un evento da non perdere!
Sono stata selezionata ed esporrò il mio dipinto “Dimensione del sé”
Un abbraccio a voi tutti

Maristella Angeli
INVITO
“HUMAN RIGHTS? 2013” 
111 Artisti da 25 nazioni parlano dei Diritti Umani e della loro violazione 
Curatore Roberto Ronca


Dal 10 agosto al 10 settembre 2013 
vernissage sabato 10 agosto ore 20,00 
orario apertura: dal martedì alla domenica dalle 20,00 alle 23,00 

Ex Convento dei Francescani neri 
Specchia (Lecce)

Via P. Orsini – Specchia (Lecce)

GLI ARTISTI 



Carla Abbondi, Gina Affinito, Ajnos, Maristella Angeli, Donato Arcella, Erika Azzarello, Agnese Bagnardi, Nina Todorovic & Claudio Bandini, Davide Barbanera, Maurizio Barraco, Trina Batchelor, Beata Będkowska, Sandy Bellantoni , Billie Jean, Heidi Bjork, Silvia Boldrini, Stefano Bonazzi, Katt Boselli, Antonella Botticelli, Brizzo, Annamaria Cacciapaglia, Massimo Cappellani 
Cosimo Carola, Pablo Caviedes, Viviana Cazzato, Giovanni Colaneri, Laura Collins, Francesco Contarini, Mariana Cornea, Enrico Corti, Dario de Cristofaro, Luigi De Giovanni, Leticia De Hoyos, Debora De Massimo, Giulia Raffaella De Pinto, Maria Di Cosmo, Dario Di Franco, Lorenzo Di Fulvio, Tonia Erbino, Estartùs, Paolo Facchinetti, Chritos Alaveras & Christina Foitou, Cristina Fornarelli, Antonio Fumo, Jimmy Galvin, Cristina Gandini, Roberta Garzillo, Natalia Gromicho, Gruppo Amer, He Si'en, Theo Hues, Cesare Iezzi, Odile Jaouen, Maria Karzi, Luigi Latino, Josef Leitner, Jeanette Luchese, Luca Luciano, Salvatore Lucisano, Pamela Maglie, Alessandra Mai, Marina Mancuso, Alessandro Mangione, Rocco Manniello, Mascàpo, Roberta Masciarelli, Marco Matta, Andrea Mattiello, Kyra Matustikova, Francesca Mazzotta, Francesco Mestria, Marcello Minnia, Anna Molentino, Piero Motta, Patrizia Nicolini, Mara Stefana, Oprea 
Oresteia Papachristou, Yael Peleg, Alvaro Peña, Prabu Perdana, Marco Pettinari, Gianluca Piaccione, Luca Piccini, Ortenzia Piccinno, Gabriele Pici, Alessandro Piras, Simona Pocorobba, Germana Ponti, Cristina Predratscher, Maria Luisa Previti, Nanda Rago, Gualtiero Redivo, Miguel Rodrigues, Francesca Ruggiero, Concetta Russo, Silvano Santi, Giuseppe Sassone, Savanasnegras, Rosa Screnci, Maria Jole Serreli, Antonella Soria, Ruggiero Spadaro, Ivan Sumanov, Roberto Testori, Mantha Tsialou, Elettra Vinelli, Massimo Volponi, Karen Wild, Salvatore Zacchino, Nasy Zachou, Antonella Zito 


domenica 28 luglio 2013

MERAVIGLIA


Quando i bambini
si meravigliano
spalancano gli occhi
ti guardano
in un sentimento d'amore
e ti abbracciano
di pensieri inespressi
e intimi.

Ti sorridono d'innocenza
e illuminano
l'oscurità che ti avvolge

Gavino Puggioni
Da Nel silenzio dei rumori

venerdì 26 luglio 2013

RASSEGNA D'ARTE CONTEMPORANEA

Carissimi,
se siete in vacanza nella zona di Cremona, o abitate nei dintorni, non mancherete di certo a questo importante evento:
RASSEGNA D’ARTE Contemporanea
Dal 28 LUGLIO al 10 Agosto 2013
opening 28 Luglio 2013-ore 17,30
presenta: Arch. prof. GianLuigi Guarneri
artisti:
Maristella Angeli – Macerata (MC)
Patrizia Borrelli – Roma (RM)
Elisabetta Traghetto - Venezia (VE)
Angelo Conte – Parma (PR)
Isabella Faucher - Canada
Sergio Gandini Montevecchia (Lecco)
Anna Gatto - Novi Ligure (Alessandria)
Concetta Petracca - Poggio Imperiale (FG)
Angelo Pozzi - Lecco (LC)
Gabriella Rodia – Taranto (TA)
Joelle Troussier - Guignen (Francia)
La Mostra resterà aperta fino al 10 Agosto 2013, dal martedì al venerdì dalle 16.30 alle 19,30 - Sabato dalle 10,30 alle 19,30 orario continuato, domenica 16,30/19,30

IMMAGINI SPAZIO ARTE-
Via Beltrami 9/b- CREMONA (CR)
Telef.0372422409- 3484961960

PRESAGIO




Stanotte ho visto
Il muso di un gatto
Disegnato da nuvole notturne
Le fauci spalancate
Addentarono la luna
Come fosse un topolino



E la luna scomparve


Un refolo di vento
 Scompose sfilacciando
Quelle nubi feline
 Ed ecco ricomparve
Selene rivestita di splendore

Era rossa, dalle sue ferite
Grondava sangue
Frammisto
A lacrime d’argento
Sul mondo incombeva la tragedia



Danila Oppio
Ore 21 circa di mercoledì 24 luglio 2013
Poco prima nei pressi di Santiago di Compostela avviene il deragliamento del treno)

Asturias - Isaac Albeniz: In ricordo delle vittime del disastro ferroviario in Spagna



Siamo vicini ai parenti delle persone morte e ferite nell'incidente ferroviario a pochi chilometri da Santiago de Compostela. Offesi e colpiti personalmente dall'incoscienza di chi dovrebbe sapere di essere responsabile dell'incolumità dei viaggiatori  a lui affidati.

martedì 23 luglio 2013

Premio a Maristella Angeli Trofeo artista dell'anno 2013


Artexpò
Gallery
TROFEO ARTISTA DELL’ANNO 2013
Conferimento di Premio all’Artista
Maristella Angeli

“La traduzione della realtà evoca le modulazioni visive della natura, valorizzate dalla ricca tavolozza.
Le sensazioni cromatiche affermano ogni particolare della sua composizione, e filtrano la visione tradizionale del paesaggio attraverso simbolici scorci evocativi”.

Critico d’Arte e Direttrice di Artexpò Gallery
Mariarosaria Belgiovine

Che dire? COMPLIMENTONI!!




PAROLA D'ORDINE: LEGGEREZZA!

Domenica 21 luglio


Una serata dedicata ad un piccolo festival letterario, “ Sulla terra leggeri”, all'Argentiera e ai suoi dintorni, giunto alla 6° edizione e felicemente guidato da Flavio Soriga che ieri, domenica 21 luglio, a faccia a mare, porto di Alghero, ha ribadito le sue intenzioni di voler continuare.

Una gentile brezza ha accarezzato capelli e calvizie di un pubblico numeroso e anche attento.
Aria di festa, quasi, nonostante le evidenti difficoltà, conclamate e sventolate a tutti i venti, per organizzare questi eventi che sanno solo e soltanto di cultura, quella che ripaga, quella di cui si ha sempre bisogno per allontanare “l'uomo pistola” di Lella Costa che, con la sua ironia auto prodotta anche nel suo “librino”, ci ha fatto capire quanti punti di bellezza interiore esistono in ognuno di noi
e uno di questo è l'ironia di se stessi che ci rapporta con gli altri e ci fa diventare più umani, più vicini, meno tele-Iphone-pc-dipendenti.
La filosofia “leggera” dell'Essere contro quella del Sembrare.

Eugenio Cossu ha parlato della “sua” Asinara, isola isolata e abbandonata per tanto tempo, tristemente conosciuta, con Fornelli e Cala Reale destinate ad accogliere un lungo corteo di galeotti che, alla fin fine, l'hanno pure apprezzata per la stessa libertà vigilata a loro regalata.
Questa Asinara che non deve essere più quella, che deve ritornare ad essere territorio del Comune di Porto-Torres, appartenente di diritto alla Regione Sardegna e tale affermazione è stata lungamente applaudita e a ragione.
Ma di essa, che sarà da oggi e per tutti i domani che verranno?
Eugenio Cossu pare ne sia sicuro, l'Asinara sarà nostra, di tutti, sarà rispettata per quella che è, con le sue doline, i suoi camminamenti, le sue calette, le sue spiagge piccole e incantate, le sue piante, compresi i sassi e gli spuntoni di roccia millenaria che nessuno deve toccare, semmai fotografare, disegnare o scriverne.
La sua terra è fertile, incontaminata, e in quest'isola devono ritornare e l'agricoltura e la pastorizia, negli spazi abituali e concessi. Qui, il buon Eugenio ha rivelato che di fronte a Cala Trabuccato può rinascere un vitigno di nobili origini che darebbe non un vino ma un nettare da dio, appreso il prezzo proposto da 50 euro a bottiglia!

Giampaolo Cassitta, avvocato e scrittore, dal 1985 istruttore giudiziario per 13 anni nelle carceri dell'Asinara, ha svelato aspetti umani e umanitari di centinaia di persone recluse, con le quali doveva dialogare per trarne suggerimenti di vita, per loro, comportamentali e sereni dal punto di vista sociale e psicologico.
Credo che ne abbia fatto un enorme bagaglio, pesante ma sempre leggero poiché è la memoria sua che ne è piena e i ricordi affioreranno man mano che di questi si apriranno i così detti cassettini.
La sua testimonianza è permeata di ricordi, di rapporti seppure difficili, quasi di scommesse che, credo, lui abbia vinto.

Sandro Ruju. Sono passati ormai 15 anni da quella ristampa de “L'argentiera” - Franco Angeli Editore, e rileggendola  o ascoltandolo, ieri sera mi è sembrato che poco o nulla sia cambiato in quel borgo minerario.
Lo conosco da quando avevo dieci anni, forse meno, lì vi abitava uno zio che prima faceva il minatore, fabbricava e posava le mine, e in seguito fu guardia giurata alla pesa pubblica che accoglieva i grossi mezzi colmi di materiale da portare via.
Ancora oggi, come da sempre, lo frequento, sia d'inverno che d'estate, per le sue rocce, per il suo mare, per il silenzio che, ancora d'inverno, diventa un tutt'uno con me, con noi che l'ascoltiamo, perché lo apprezziamo.
Certo, il libro del professor Ruju non ha lati romantico-emozionali ma questi si possono “sentire” quando lui parla di ben altri silenzi, come le discese e le salite da quota -500 l.m. o delle proteste di quei tanti, troppi operai che non riuscivano a sbarcare il lunario per le miserrime paghe, per le tante, ancora troppe, ore di lavoro, e che lavoro!
L'Argentiera, con quel suo libro pure datato, s'è arricchita ma solo di quel che è stata, nel bene e nel male, e di quello che ancora oggi è, in quest'oggi occupata da circa trenta famiglie che ne formano lo zoccolo duro, direi granitico, di persone più o meno anziane che della miniera portano ancora qualche spruzzata di polvere silicosa che l'onnipresente maestrale avrà pure ripulito.

Ci voleva allora un Festival Letterario per ricordarsi di questa miniera?
Che dire? Mi sembra proprio di sì, e che sia il benvenuto, che si ripeta negli anni a venire.
Ha ragione chi dice che la memoria non si cancella, come non si deve cancellare, a maggior ragione il dove, come una culla dentro la quale quella memoria dondola.
L'Argentiera è culla di ricordi, anche se traballante su gambe i cui legni hanno ceduto, ma l'ossatura è rimasta integra e ora anche rinforzata da troppo lente operazioni pubbliche che ne avviliscono la presenza, di museo aperto, di quella archeologia industriale di cui tanto si parla e che tale resta, mai restituita all'occhio di chi la storia vorrebbe ripassarla, vivendone le emozioni.
Chi la frequenta la ama, qualcuno alla sua maniera, qualcun altro radunandovi passeggiatori e piccoli viaggiatori, amanti della lettura, della scrittura, della stessa tranquillità, della comunicazione orale, tout court, dentro quei silenzi che parlano e che soltanto all'Argentiera si possono ascoltare.

Gavino Puggioni

22 luglio 2013

sabato 20 luglio 2013

ERA COLOR DEL MARE E DELL'ESTATE


Era color del mare e dell’estate
la strada fra le case e i muri d’orto
dove la prima volta ti cercai.
All’incredulo sguardo ti staccasti
un po’ incerta dall’altro marciapiede.
Nemmeno mi guardasti. Mi stringesti,
con la forza di chi s’attacca, il polso.
A fianco procedemmo un tratto zitti.

Una macchina adesso mi portava,
procella appena dominata, verso
il luogo di quel primo appuntamento.
Già la svolta il mio cuore riconosce
e, raffica, la macchina imbocca,
ed ecco tu ti stacchi
un po’ incerta dall’altro marciapiede.
(Non era che un crudele immaginare:
paralitico tenta con quest’ansia
la parte, se già il male la guadagni).

Il tempo di pensarti; ma nell’attimo
che dolcissima spina mi trafisse!
Acuta come questa non mi desti
altra gioia, non mi potevi dare.
T’amavo. Amavo. Anche per me nel mondo
c’era qualcuno.
O strada tra le case, benedetta,
dove la prima volta nella vita
pietà d’altri che me mi strinse il cuore

(Camillo Sbarbaro - Rimanenze, 1931

venerdì 19 luglio 2013

LA POESIA ERA E RESTA IL LIEVITO DEL MONDO

Di Andrea Giampietro

Nella prefazione alla sua prima raccolta di poesie, “Il leone non mangia l’erba” (Remo Croce Editore, 1974), il grande scrittore Aldo Palazzeschi, oltre a lodare giustamente il suo talento, scrive di lei: «Abita in un sottoscala vicino a Stazione Termini, in una topaia in mezzo a libri e pochi quadri che gli hanno regalato gli amici pittori. Non sa, non vuole sapere che le case umide e senza luce sono un danno anche se favoriscono la meditazione e la concentrazione. Mi ricorda, per certi aspetti, la follia del povero Campana». Quanto è stato duro per Dante Maffia affermarsi nell’ambiente letterario italiano, e soprattutto in quello editoriale, che risponde principalmente alla logica dell’interesse, del profitto, ed è sottomesso ai giochi di potere interni alle case editrici? La purezza del suo talento, la solidità della sua passione, il vigore della sua determinazione, sono riusciti a farle vincere qualsiasi ostacolo, a farle sostenere ogni sacrificio?
“Non ho mai saputo bene in che cosa io abbia potuto ricordare ad Aldo Palazzeschi “la follia del povero Campana”. Non credo l’ambiente del sottoscala in cui vivevo; forse il mio comportamento che non badava alle comodità, il mio preferire acquistare un libro anziché mangiare, il mio essere anarchico in ogni direzione, soprattutto letteraria. Non accettavo le graduatorie imposte dall’alto, i “suggerimenti” dei recensori ufficiali, vagavo per Roma disperato ed esaltato, in preda ad angosce e a veri e propri deliri e ogni tanto parlavo coi treni, a Stazione Termini, che andavano verso la Calabria dove c’era il mio mondo, la mia infanzia, mia madre e mio padre morti giovani. Questo mio essere libero e a volte irrispettoso ovviamente non mi ha giovato a “fare carriera”. Non piegarsi ai dettati degli impiegati della letteratura, non accettare tutto per oro colato mi rese antipatico e pericoloso. Avevo, grosso modo, gli stessi atteggiamenti di Dario Bellezza, con cui era nata una solida amicizia, ma a lui perdonavano l’irriverenza e le incursioni sbadate o goliardiche, cattive o colleriche; a me no, e a torto o a ragione io attribuii queste due misure diverse all’omosessualità di Dario. Tuttavia non so se sia stato duro affermarsi nell’ambiente letterario. Io non miravo a nessuna carriera (in poesia non c’è, non ci sarà mai!), godevo di scrivere (e soprattutto di leggere), godevo, dopo avere pubblicato il libro con il libraio Remo Croce per il quale organizzavo le serate nella sua libreria, dei giudizi che mi arrivavano per posta. Soprattutto una cartolina postale mi esaltò oltremodo, a firma di Mario Praz, diceva che ero riuscito a mettere a segno parecchi colpi ne Il leone non mangia l’erba. Insomma, vivevo la letteratura come vita e mi bastava, anche se a un certo punto mi resi conto d’essere guardato a vista, come se fossi un pericolo che potesse portare un qualche dissesto all’apparato, ma anche quando incontravo poeti e scrittori io li vivevo attraverso i loro scritti e non per il loro carattere e per i loro giochi di potere e ciò forse li “smontava” anche se la diffidenza dell’“estraneo” restava”.
La poetessa, o meglio, il poeta (come lei stessa amava essere definita) Anna Achmatova, in una celebre poesia, riferendosi alla sua Musa scriveva: «Che cosa sono onori, libertà, giovinezza,/ di fronte all’ospite dolce/ col flauto nella mano?». Mi piacerebbe che lei descrivesse lo stato di grazia vissuto – al contempo sofferto e goduto – dal Poeta, che fa di lui un essere umano d’eccezione, destinato, che sia per vocazione o per condanna, a un destino diverso e forse per questo più vero.
“C’è una sorta di mitologia creata dai poeti sul proprio dono. Da fuori questo dono spesso diventa stravaganza, sconfitta, demenza, pazzia e dunque le parole della grande poetessa russa servono a darci l’idea d’uno stato di grazia molto personale che soltanto gli illuminati posso concepire e accettare, credere. Mi domando che cosa sia e che cosa sarà il poeta nella società sempre più tecnologica a cui ci stiamo avviando. Internet è una democrazia così esasperata che con estrema facilità porta al libertinaggio e al pareggio di bilancio delle menti. Tutti possono esistere con i loro versi e così l’intasamento è bello e fatto, compiuto. Come discernere, come salvarsi dalla valanga del tritume, dell’ovvio, della finta letteratura? Nelle scuole, tra l’altro, la poesia è un optional faticoso e “inutile” e non ci si educa più a sentire l’eco fascinosa dei versi che condensavano fiumi di emozioni. Ora si bada al sodo, che non ho capito veramente che cosa sia, e si va avanti privi di qualsiasi riferimento che abbia attinenza con lo stupore. Tutto è piatto, grigio, privo di farfalle e di arcobaleni e perciò il poeta vero rischia d’essere scambiato per un marziano che arriva per scompigliare le carte del risaputo e dell’acclarato. Davvero il poeta è un essere eccezionale? O una vittima che tenta disperatamente di avvisare l’uomo che le emozioni sono il sale dei rapporti umani creando così diffidenza e scomodità? Non è casuale se nella Milano da bere (magari l’acqua inquinata dei Navigli) sia invalsa l’idea che la poesia debba essere catalogo di oggetti e di sbiadite fotografie del quotidiano e non più stupore che cerca il segreto del vivere, del godere, del soffrire, dell’amare e del morire”.                                                               
In una delle sue ultime raccolte di versi, “La biblioteca d’Alessandria” (edita da Lepisma, e giunta ormai alla sua quarta edizione), lei immagina una serie di epigrafi degli scrittori che sono bruciati allegoricamente insieme ai loro libri nel rogo di quello che fu il più grande tempio culturale dell’antichità; una sorta di “Spoon River” in cui questi autori parlano come dall’aldilà, lamentando la dipartita dei loro scritti, che poi ha rappresentato la perdizione della loro anima. Oggi siamo arrivati a questo? Insomma, la memoria della grande letteratura è davvero finita al macero, e un autore contemporaneo che, forte della propria eredità classica, voglia proporre un linguaggio nuovo, si ritrova a non avere voce nell’attualità, limitandosi per questo a far sentire soltanto la propria eco, come se non potesse operare che in un oltretomba esistenziale?
“Sì, purtroppo siamo a questo e non per colpa della letteratura, della poesia, degli scrittori veri, ma per colpa del potere editoriale che corre smodatamente e con aperti atteggiamenti da ruffiano appresso all’attualità. È come se avessimo saltato un’epoca interamente (dall’antico direttamente al post moderno saltando a pie’ pari il moderno) per giungere a un’altra nella quale mancano le coordinate che possano suturare e dare l’esatta misura del concatenamento e degli sviluppi. Ci sono gravi colpe dei velleitari che, chissà perché, voglio essere poeti a tutti i costi senza esserlo. E ciò dissesta la sostanza del mondo, perché guasta il senso della verità e distorce i rapporti della parole con l’uomo. Un problema complicato e complesso, che se no avverrà, come mi piace dire, un clamoroso errore, non avrà soluzione se non catastrofica. Perché la poesia, intesa in tutta la sua estensione e profondità, è il sale della terra, l’unica lente capace di far vedere l’esatta configurazione del polline che anela alla vita”. 
Oltre ad essere poeta, narratore, saggista, traduttore, critico d’arte, giornalista, lei è stato docente universitario. Durante il Regno d’Italia, in epoca risorgimentale, ad esser nominato Ministro dell’Istruzione fu nientemeno che il grande critico letterario Francesco de Sanctis. Sappiamo bene da chi sia stata ricoperta questa carica negli ultimi anni, da nomi che non fanno per niente onore alla storia e alla dignità nazionale, e che hanno paurosamente contribuito a corrompere il livello d’istruzione dei nostri giovani. Lei non crede che un serio e profondo investimento da parte della politica nella scuola pubblica andrebbe a dare quel sostegno di cui più che mai oggi la cultura, l’arte e la poesia del nostro Paese necessiterebbero?
“Non ci sono dubbi. Negli ultimi decenni c’è stato un patto diabolico per ridurre la portata della scuola. A pensarci bene sembra un patto massimalista organizzato solitamente dai regimi totalitari che devono far piombare i popoli nell’ignoranza per poterli manovrare a piacimento del potere. Ripeto spesso, nelle mie conversazioni in pubblico (librerie, associazioni, scuole) che tutto dipende dalla scuola ed è la scuola che forma, che suggerisce, che accende, che determina le sorti di un popolo, che crea le strutture manageriali di un Paese. A cominciare dai vari professionisti, medici, ingegneri, impiegati, dirigenti, professori, eccetera. Dunque la scuola come fonte, come partenza; l’atletica ci insegna che se si sbaglia la partenza non si arriva mai primi”.
 Cosa direbbe a un giovane poeta affinché non perda fiducia nel proprio cammino? Vale ancora e sempre la pena combattere e soprattutto vivere per la poesia?
“Dare consigli ai giovani è sempre un grave errore. Bisogna dare gli esempi. Comunque tutti i cammini hanno sorprese, inghippi, scoscendimenti e radure. Bisogna incamminarsi e superare gli ostacoli. Quanto a vivere per la poesia è un problema che soltanto i singoli possono stabilire. Io però direi a tutti di vivere con poesia, guardando sempre che cosa sta dietro e attorno alle cose, agli eventi, ai gesti, alle azioni. Vivere con poesia significa tenere conto della sensibilità degli altri, avere rispetto delle idee degli altri, suggerire di saper rispettare un fiore (la metafora è da allargare a tutto), come diceva Erich Fromm, godendone il profumo e non cogliendolo e buttandolo, ma trapiantandolo”.
Mi piacerebbe, per chiudere, che lei ci offrisse un ricordo di alcuni grandi autori che hanno fatto parte del suo percorso umano e professionale: Aldo Palazzeschi, Dario Bellezza e Giorgio Caproni.
“Una giovane professoressa dell’Università di Tor Vergata di Roma ha intenzione di curare un volume dei mie ricordi con i grandi autori con cui sono stato amico o comunque con cui ho avuto dei rapporti umani o professionali. Così sono stato costretto a ripercorrere il cammino delle tante occasioni italiane ed estere per ricordare incontri importanti e conversazioni. Certo, Palazzeschi, con la sua umanità dolce, Bellezza con i suoi umori indomiti, Caproni con la sua musicalità umana, ma anche Jorge Luis Borges, Han Suyn, Rafael Alberti, Josif Brodskij, Vargas Llosa, Elsa Morante, Sciascia, Calvino, Moravia, Carlo Levi, Primo Levi… Un elenco infinito, perché io, partito per Roma da un paesino sperduto della Calabria, che contava meno di duemila abitanti, arrivai assetato di conoscenze e avido di frequentare, almeno di sfiorare i miti che mi avevano riempito il cuore e la mente. Non mi fu difficile, circa mezzo secolo fa esisteva ancora la civiltà artistica e letteraria e se avevi delle carte da giocare, se eri autentico, ti veniva data retta. Quel mondo ormai è sparito per dare posto al chiacchiericcio giornalistico e a una poesia che non è nemmeno, a volte, versificazione, esercitazione letteraria. Un segno dei tempi di cui prendere atto, ma senza farsi trascinare nella melma, nel gorgo insensato delle pattumiere issate come bandiere. La poesia era e resta il lievito del mondo. Soltanto che adesso bisogna scovarla in posti impensati, ma è pronta ad esplodere alla prima buona occasione per ridare al mondo la faccia pulita in modo che gli uomini possano ritornare a stupirsi ogni mattina dell’alba e stupirsi del mistero delle semplici cose”. 


L'autore: Andrea Giampietro

Andrea Giampietro nasce in Abruzzo il 3 dicembre 1985. 
Dopo aver terminato gli studi liceali, comincia un percorso di studio da autodidatta, dapprima interessandosi di psicoanalisi freudiana, e in seguito quasi esclusivamente di letteratura e soprattutto di poesia. Nel marzo 2010 la casa editrice romana Lepisma pubblica la sua prima raccolta di versi, "Il paradiso è in fondo", presentata da illustri poeti quali Dante Maffia (autore della prefazione) e Maria Luisa Spaziani. Nel 2012 viene pubblicata la sua nuova silloge poetica, "Di notte a luna spenta" (Edizioni Il Foglio). Attivo soprattutto come traduttore letterario, realizza versioni italiane dei grandi poeti dell’Ottocento francese (Baudelaire, Verlaine, ma soprattutto "Il battello ebbro" di Rimbaud e "Il pomeriggio d’un fauno" di Mallarmé). Dall'inglese traduce Shakespeare e Edgar Allan Poe, ma soprattutto il poema "La ballata del carcere di Reading" di Oscar Wilde, pubblicato nel marzo 2012 da Edizioni Libreria Croce. Dal dicembre 2012 collabora ufficialmente con la rivista letteraria online "l'EstroVerso"  http://www.lestroverso.it/



GALLERIA D'ARTE: EYVND EARLE: Biografia e opere

Eyvind Earle (26 Aprile 1916 - 20 luglio 2000) è stato un artista americano, autore e illustratore , noto per il suo contributo alla illustrazione di sfondo e lo stile dei film d'animazione  della Disney,nel 1950. Il Metropolitan Museum of Art , New York, Rahr Occidente Art Museum , Phoenix Art Museum e Arizona State University Art Museum hanno acquistato opere di Earle per le loro collezioni permanenti. Le sue opere sono state esposte in molte mostre personali in tutto il mondo.
Vita e carriera
Earle è nato a New York nel 1916, ma la sua famiglia si trasferì a Hollywood nel 1918.Ha iniziato a dipingere all'età di 10 anni, e ha avuto la sua prima mostra personale in Francia quando aveva 14 anni.
Nel 1951 entra a far parte della Disney come assistente pittore di sfondi e ha ricevuto l'accreditamento per la pittura di fondo sperimentale nel corto di Pippo. Nel 1953 ha creato il look di Toot, Whistle, Plunk and Boom , un corto animato che ha vinto un Academy Awards e  un Festival di Cannes.Ha anche lavorato per Peter Pan, , e Lilly e il vagabondo. È stato responsabile per lo stile, lo sfondo e colori per la Bella Addormentata. La sua arte è stata l'ispirazione per lo stile grafico del primo film d'animazione del computer di Sony.
Earle ritorna alla pittura a tempo pieno nel 1966, producendo acquerelli , oli, sculture, disegni, scratchboards e, in edizione limitata, serigrafie. 
Nel 1998, Earle è stato premiato al 26 ° Annie Awards con il Premio Winsor McCay per una carriera nell'arte dell'animazione.
Earle è stato acclamato dalla critica di pubblicazioni come Tempo , The Los Angeles Times , The New York Times , The New York World-Telegram , The Art News e The New York Sun .  




























DIMENTICA QUELLO CHE E' SUCCESSO


Interrompere il diario
fu uno stordimento della memoria,
fu un vacuo inizio,

non più cicatrizzato
da parole e azioni simili
a quelle d’un desolato risveglio.

Le rivolevo indietro,
sollecitate per la sepoltura
e passate in rassegna nella mente

come guerre e inverni
smarriti dietro le finestre
di un’opaca infanzia.

E le pagine vuote?
Dovessero mai essere riempite
che lo siano osservando

ricorrenze celestiali,
il giorno in cui i fiori arrivano
e quando gli uccelli se ne vanno

(Philip Larkin – Finestre alte, 1974 – trad. Enrico Testa)