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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

lunedì 28 aprile 2014

Incursioni in libreria

 Ieri come oggi, domani come oggi e ieri, mi soffermo davanti alle librerie, siano esse in centro della mia città o nella pur vicina periferia, e mi sento solo.
Quando è necessario entro in uno dei centri commerciali (con insegne altisonanti in lingua straniera)  a fare la spesa per il desco e quella serve, si sa, per vivere e sopravvivere e anche in quei centri  vedo lunghi banchi stracolmi di libri, quasi tutti in offerta speciale, dal 25% in su , ma non vedo mani che toccano un libro, come si  fa per un pacco di biscotti o di pannolini per bambini. Alle casse non “esce” un libro e quasi ne sono contento perché penso che questo debba uscire solo da una libreria, scontato o no, ma mi sento sempre solo.

Nel pomeriggio, dopo una breve passeggiata, ritorno in libreria, quella più vicina a casa, mi sento circondato da migliaia di autori, un commesso, una commessa gentilissimi, anche preparati; ecco il titolare, amico di vecchia data, una stretta di mano e il solito come va? quasi inutile.
Inutile lo penso io, osservando l'espressione del mio amico libraio che tale, in quel momento, non avrebbe voluto essere e anche qui mi sento solo ma almeno provo a trovar compagnia e per un po' ci riesco.
-       C'è crisi dappertutto! - mi azzardo a dire – quasi a giustificare quella solitudine.
-       Io, però, devo pensare alla mia, di crisi, assieme a quella dei miei colleghi e non sappiamo come uscirne, eppure pago due stipendi e tasse che non ti dico.

Desidero che parli, il mio interlocutore, che mi dica quali sono gli autori, italiani o stranieri che attraggono e chiedo anche dei nostri scrittori sardi.
Con un’espressione - direi fabbricata – sul viso, fra lo sconsolato e il deluso, si comprende che fatica a rispondermi.

Una calma assoluta, qualche saggio scientifico, di filosofia, letteratura universitaria, ricorda che siamo vicini alla Facoltà di Lettere, qualche volume di critica testuale destinato agli insegnanti o a quegli studenti con la tesi in formazione. Insomma, libri scolastici, quando mi piacerebbe vedere chi compra romanzi, vecchi o nuovi, appena pubblicati e non ti sfido a contarli. I gialli di una volta non ci sono più, ora li definiscono noir e li comprano gli appassionati di quel genere, ma stanno scemando anche quelli, c'è troppa ripetitività nei  personaggi, ripresi, per lo più dalle cronache quotidiane, quasi non bastasse quelle che viviamo e sopportiamo.

E i così detti best-seller?  - insisto io.

Certo che ci sono, strombazzati a destra e a manca, lasciano il tempo che trovano e nessuno se ne meraviglia.
Il problema è un altro, conosciuto ormai, non c'è volontà alla lettura, ci sono mille altre distrazioni, si legge poco, si compra quel titolo perché si deve regalare a tizio o a caio che magari, dopo, lo ricicla in attesa del prossimo.
In altri paesi, lo sappiamo, la lettura diventa un componente dello stesso vivere, fa parte del loro  tenore di vita, è abitudine come quando si va a tavola, è compagnia, se ne parla tra amici, cosa che qui, da noi, credo non avvenga.

Ma in tutto questo c'entra o no il fatto che ci siano pochi euro da investire in un libro? - lo provoco ancora.

Ne sono poco sicuro, quegli euro che dici, secondo me, ci sono ma vanno spesi in ben altro, vedi telefonini di ultima generazione, iPhone, iPad, tablet multimediali, diavolerie infinite e costose, da consumare e  ricomprare, nuova post-civiltà che attrae e distrae giovani e meno giovani, eliminando la comunicazione interpersonale e instaurando un nuovo regno, quello del silenzio, dove la parola  parlata e scambiata è abolita, assente.

Non riesco a dargli  torto e intanto entrano due probabili compratori, uno è il vecchio e ormai ex-direttore di un quindicinale politico culturale che ha sfiorato i quarant'anni di vita, chiudendone l'esistenza per mancanza, giustappunto, di pecunia, e l'altra è una signora, non più giovane che ha in mano un bigliettino.
Mi defilo, girovago tra gli scaffali, m’inebrio di carta stampata, avido come sono di scoprire novità o pubblicazioni vetuste mai sfogliate. L'amico ex-direttore mi confessa che vorrebbe riacquistare un libro ma non ne ricorda il titolo perché lo possedeva tanti anni fa ed ora l'ha perso, forse prestato, ma continuava a sbirciare nel buio dei suoi dubbi.
Intanto si avvicina alla cassa quella signora, posso leggere un solo titolo dei due libri che poggia sul banco, “Lezioni americane” di Italo Calvino, già letto e sempre da rileggere, dove la scrittura letteraria è spiegata in quelle sei famose lezioni che dovrebbero dar vita ad ogni buon romanzo ma che la maggior parte degli scrittori contemporanei ha ignorato.
Credo che Italo Calvino sia e resti esempio insostituibile, icona immortale e per la lettura dei suoi romanzi e per come li ha “costruiti”.
L'amico libraio ringrazia con un sorriso la signora, che saluta anche me e la commessa, intenta a riordinare libri sparsi qua e là..

Vedi? - mi dice – ancora Calvino e sono convinto che la sua non è una riscoperta, anzi rappresenta continuità, studio e ricordo, grazie a qualcuno che, a livello  nazionale, ancora ne parla e speriamo non smetta.
Difficile vedere “uscire” un autore di quelli alla moda, attuali e pure giovani e forse è meglio così o forse esagero.
Alcuni professori universitari, che ascolto, sognano un ritorno alla grande dimensione letteraria italiana, quella di fine '800 e dei primi cinquanta, sessant'anni del '900, poiché dopo, dicono loro, c'è stato l'avvento del libro da consumare, privo di etica, di identità, pronto per esser letto e, in pari tempo, subito dimenticato. Ed esempi eclatanti sono i risultati dei famosi concorsi  letterari  nazionali, ovviamente i più celebrati, e ciò che provooca un certo fastidio è che molti di noi vanno in libreria solo per acquistare  quel romanzo vincitore del premio  x o y, dopo niente più, capito? E poiché sono anche un commerciante, il tutto va osservato nello specchio delle vendite o degli acquisti che si sono ridotti al lumicino e ricorda che io  mi do da fare fuori e dentro questa piccola struttura, presentando libri e invitando persone comuni , insegnanti e finanche studenti che, a volte, rispondono all'appello.

So quanto sia attivo questo libraio nella cui scia si sono allineate altre librerie del centro città  che paiono boccheggiare quando alcune di queste chiedono anche aiuti ai lettori, invitandoli a manifestazioni promozionali che sanno, secondo me, di amarezza, di abbandono, di costrizione, ahimè!, e allora quel malumore altrui m'aggredisce,  mi porta “fuori” dal “senno” normale, sempre che ne abbia uno.
Penso per conto mio, ma credo che la lettura - da sempre - sia vita, ricchezza e questa é anche facile  da conquistare, da esserne  fieri  perché ci rende coscienti, colti ed umanamente comprensibili, a prescindere dalla lingua che si parla.
Sembra poca cosa ma mia nonna diceva sempre che i grandi palazzi si fanno e sono fatti da piccole pietre, magari pregiate e costose, ma comunque piccole.

Gavino Puggioni  
Aprile 2014












  

venerdì 25 aprile 2014

Forse



L'abisso è sempre lì
non si è allontanato
trattenuto da flebili liane
di speranza
che si rispecchiano nel nulla
dell'universo
e ancora lo illuminano

La rondine l'ha sfiorato
nel tunnel di eolo
dove polvere sporca
s'era annidata
in pezzi di pietra appuntita

E l'uomo accecato dai raggi
della cupidigia aspettava
altre messi da seni rigogliosi
ridotti poi a pelle grinzita
per fame regalata a loro
da ladri d'amore

Ora il tempo è passato
quell'abisso s'è allargato
e l'umanità s'è intrappolata da sola
in visioni confuse
che non stanno né in cielo né in terra


Forse in un altro mondo

Gavino Puggioni
Da Nelle Falesie dell'anima

IN VINO LITTERAS: Sommelier astemio


E' in uscita l'antologia IN VINO LITTERAS per la quale ho partecipato con la poesia

SOMMELIER ASTEMIO

La bottiglia va presentata per l’ispezione
Cerimonia di apertura eseguita dal sommelier
Come un poeta orgoglioso mostrerebbe
Una poesia di forte ispirazione

La capsula superiore va tagliata
E il lungo aristocratico tappo annusato
Il liquido color rubino con cura versato
In una caraffa e da lì con parsimonia
In un bicchiere con grande cerimonia.

Ci sono cinque fasi che distinguono
 L’arte della degustazione
Dal semplice assaggio del bevuto
Alla mentale preparazione
Il bicchiere ammirando, attraversato da luce
Il suo prezioso aromatico contenuto.

 In seconda istanza, attraverso la vista, il piacere
Per rendere visibili le sfumature di colore
Inclinando appena appena il bicchiere
Rosso scuro alla base, che sbiadisce
In un porpora  per poi sfociare nel cremore.

Terzo, l’olfatto, agitando gentilmente il vino
Offrendolo all’aria, affondare il naso
Nel bicchiere e inalarlo come nettare divino
Così come un voyeur intento a spiare
 Un momento d’intimità senz’esserne dissuaso.

Ed ora il gusto: labbra, lingua e palato
Un sorso di vino in bocca, aspirando un po’ di fiato
E producendo un discreto risucchio, quasi masticando
Come farebbe un cervo, l’erba ruminando.

Ultima fase, quella del godimento
Ora lasciamogli recuperare il suo contegno
Il vino ha naso, un corpo, delle gambe, un degno
Bouquet, una personalità, un’essenza, un accento.

Non si contano gli aggettivi per quel brioso
Che gli girano intorno di frequente
Vino vigoroso e ben strutturato
Ruvido sui bordi, eccessivamente prosperoso
O un po’ troppo esuberante, o equilibrato.

Profuma di tartufo, di giacinto, di tweed bagnato
Di cuoio umido e di fieno, di panpepato
Di tappeto vecchio, di legno, di zagare
La bevanda più elegante del creato
E’ il vino invecchiato in botti di rovere


E per me che sono astemia, è uno strano alieno
Ne amo il colore, l’odore e l’aspetto
Ma non lo bevo, pur girandoci in tondo
E condividendo il piacere degli amanti del vino
Brindo idealmente con loro, con sommo rispetto.


Danila Oppio

mercoledì 23 aprile 2014

Sentori d'estate


Ho poggiato le labbra su un fiore,
sapeva di notte d’estate
quando salgono gli odori
delle pietre spaccate dal sole.

Ho lasciato carezze
come foglie
su tronchi d’autunno
e incisioni di cuori
lacrimosi di resina.

Ho camminato su scogli
col profilo nel mare
per ascoltare sirene
raccontare leggende.

Ho sentito profumi
di erbe impregnate
di sale e di iodio
tra residui sputati d’inverno.

Ho ascoltato la brezza
arrivare da luoghi lontani
parlando la lingua del sole.

Lorenzo Poggi


martedì 22 aprile 2014

Ho bruciato


Ho bruciato il mio vento
in una caldaia di sentimenti

l'albero a me vicino
ha protestato
aveva troppe foglie
che teneva come figlie

Ho invocato la pioggia
che è arrivata
riducendo il tutto
in fango

Gavino Puggioni
Da Nelle Falesie dell'anima





Elogio della Poesia IX


IX
Da una miniatura del 1490
Infelice,
chi parla all'ospite e pensa a ciò che deve fare
         domani;
          infelice,
chi fa qualcosa e pensa che lui la sta facendo,
non è l'aria e non è il raggio che lo conduce,
come il pennello, la farfalla, l'ape;
chi prende l'accordo e pensa,
quale sarà il prossimo -
egli è un infelice pavido e avaro.

E più infelice ancora,
        chi non perdona;
egli, dissennato, non sa,
come sbuca dai cespugli una cicogna addomesticata,
come una sfera dorata
prende il volo da sola
nel cielo caro sulla cara terra.


Olga Sedakova
1949
da Elogio della Poesia
Viaggio in Cina



venerdì 18 aprile 2014

Antologia I MIGLIORI ANNI



Ho partecipato al concorso nazionale indetto dal Caffè Letterario La Luna e il Drago, un mio breve racconto ha conseguito il Primo Premio, ed è stato pubblicato nella relativa antologia.
Nella stessa edizione appare anche la poesia dell'amico, scrittore e poeta, dott. Tommaso Mondelli.
Sono lieta di condividere con voi le nostre opere.

All’ombra dei migliori anni

Quanta biancheria da stirare! Accendo la radio perché mi faccia compagnia. Ne sgorga una ballata di De André ed è subito flashback! Vedo Franco e Anna, seduti su di una panchina di Piazza Mirabello. Suonano la chitarra e stanno eseguendo proprio questa canzone. La voce del ragazzo è profonda e, in barba ai suoi soli diciassette anni – gli stessi di Anna – ricorda quella di Fabrizio.

All’ombra dell’ultimo sole
S’ era assopito un pescatore…

La memoria torna indietro come un boomerang, di decine d’anni. Era il ’68, tempo di contestazioni giovanili, e non solo. I miei amici suonavano bene, avevano una bella voce, un vero piacere ascoltarli.

E aveva un solco lungo il viso
Come una specie di sorriso

Molti rimpiangono la gioventù passata, come avessero perso qualcosa che non si può recuperare, con nostalgica malinconia. Io no. Sono felice di avere gli anni che ho, e una vita vissuta pienamente. A quell’età post-adolescenziale si hanno idee fumose, progetti a volte assurdi e tanta, tanta paura del futuro.
Ci si chiede: come sarà? Sarò felice? Si sbobinano film mentali a volte cupi, oppure surreali. Ipotizziamo la vita che si dipanerà davanti a noi, simile a una strada che ci condurrà in nessun posto o colma di sogni irrealizzabili.

Venne alla spiaggia un assassino
Due occhi grandi da bambino

Il futuro potrebbe anche rivelarsi un assassino che uccide i nostri sogni giovanili. Quegli occhi grandi da bambino si potrebbero spalancare su un orizzonte sereno, su panorami di straordinaria bellezza…perché no?

Due occhi enormi di paura
Erano gli specchi di un’avventura

Giusto, la vita è un’avventura, dalla nascita, ciascun giorno della nostra esistenza potrebbe essere vissuto passivamente, oppure affrontato con grinta ed entusiasmo. Basta volerlo! Resta comunque un’affascinante incognita.

E chiese al vecchio dammi il pane
Ho poco tempo e troppa fame
E chiese al vecchio dammi il vino
Ho sete e sono un assassino

Anche noi ci trasformiamo in assassini, se sciupiamo il nostro tempo in gesti parole e pensieri che non hanno un fine utile né a noi, né agli altri. Non occorre uccidere qualcuno per macchiarsi di gravi pecche, è sufficiente gettare alle ortiche i giorni. Giorni che rendiamo vuoti, come una lattina di birra bevuta d’un fiato e lanciata tra i rifiuti. A volte penso di aver buttato via troppo tempo, da giovane. E allora perché una canzone non mi porta a ricordare, come i migliori anni, quelli della mia giovinezza, ma mi fa riflettere sul presente? Perché si deve forzatamente credere che gli anni migliori fossero quelli in cui avevamo pochi anni e poca esperienza? De Andrè continua:

Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
Non si guardò neppure intorno
Ma versò il vino e spezzò il pane
Per chi diceva ho sete e ho fame

E brava Anna! Ha scelto una canzone che, pur in tempi di rivoluzione culturale, contiene un ottimo insegnamento. Non fermiamoci in superficie, scaviamo ne profondo: qual è la primaria necessità dell’uomo? Vivere!

E fu il calore di un momento
Poi via di nuovo verso il vento
Davanti agli occhi ancora il sole
Dietro alle spalle un pescatore

Ho vissuto, il pescatore rappresenta la mia vita trascorsa, il sole deve ancora tramontare davanti ai miei occhi. Gli anni migliori della mia vita sono questi che sto vivendo. Ma se lo avessi dovuto dichiarare decine d’anni fa, avrei asserito lo stesso concetto. E’ l’attimo presente la parte migliore della nostra vita.
Dietro alle spalle un pescatore

E la memoria è già dolore
E’ già il rimpianto d’un aprile
Giocato all’ombra di un cortile.*

E all’ombra dei ricordi, cavolini di Bruxelles, sono riuscita a bruciacchiare la camicia che stavo stirando!

* O di Piazza Mirabello a Milano. So che Anna vive a Roma, e ha raccolto consensi nella sua vita artistica. Il suo cognome è Melato, come la sorella Mariangela, splendida e indimenticata attrice, scomparsa l’11 gennaio dello scorso anno. Questo racconto è a loro dedicato, con grande affetto.

Danila Oppio     
                               
Motivazione del premio

La vitalità tonificante di un ricordo che, una volta tanto, non è rimpianto ma motivo di riflessione che trascina e coinvolge il lettore. Sulle note di una melodia senza tempo, mescolando la quotidianità con un passato in cui molti si possono riconoscere (il '68 e le contestazioni giovanili) si guarda comunque al futuro.   

    
                                                        Piemontesina

Oggi son più di novanta
Torino resta il mio cuore
La Piemontesina lì canta
A ricordo di quell'amore

Quel tempo del Valentino
Con lo studente e l'amore
Il ricordo stregato vicino
Divenne presto un dottore

Ora sono vecchio e stanco
E del Valentino il ricordo
Cura quel cuore che manco
Ad altro io resto già sordo

Sono stato a curare la gente
Senza scordar quell'amore
Altro non testa per niente
Estraneo a quel fatuo colore

Da Via Po a Piazza Castello
Sotto i Portici e le vetrine
Lasciato il sogno più bello
E il cuore tra quelle manine

La vita s'è chiusa nel sogno
A Torino l'allegro studente
Nel cuore rimane il bisogno
Cui resto un fedele credente

Nel sogno tuo ultimo bacio
Segnato al sospiro che suole
Eternare al cuore poi taccio
Immortale l'amore che vuole

Tommaso Mondelli

Tommaso Mondelli nato a Monteforte Cilento (SA) nel 1919, vive con la famiglia a Pinerolo. Una volta in pensione, ha deciso di conseguire lauree in giurisprudenza, in lettere e filosofia.
Quest'ultima, dieci anni fa, all'età di 85 anni. Autore dalla vena poetica particolarmente fertile, ha pubblicato diverse sillogi poetiche e due libri in prosa. Insignito dal Presidente della Repubblica Italiana del titolo di Cavaliere della Repubblica.