benvenuti

Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

lunedì 29 febbraio 2016

A.L.I. PENNA D'AUTORE: Menzione d'Onore a Danila Oppio

Oggi ho ricevuto l'antologia Vangelo Secondo Marco, nella quale è inserita la mia poesia Lode al Creato, che ha ottenuto la Menzione d'onore. A tutti coloro che anno avuto il diploma, è stata donata la prima pagina nella quale appare la loro opera. Quindi non si trova in tutte le antologie stampate, ma solo in quelle che sono state ordinate dai rispettivi autori.
Le opere contenute in tutte le antologie appartengono ai soli vincitori primi classificati al concorso indetto da A.L.I. Penna d'Autore, relativo ai Vangeli Canonici della Cristianità. Il concorso ha fini benefici. I miei sinceri complimenti all'Associazione che indice vari concorsi, la quale non solo realizza antologie molto ben curate, eleganti, ma che attraverso la vendita delle stesse, dona parte del ricavato in beneficenza.


La copertina dell'antologia è in similpelle color rosso scuro, con scritte in oro, che qui non appaiono per un problema dello scanner.

La mia poesia inserita in prima pagina è la seguente:



E questo è il diploma per Menzione d'Onore

venerdì 26 febbraio 2016

A volte


Eppure la musica 
quella musica la sento
l'ho dentro i timpani
e mi fa compagnia
A volte mi piace ascoltare
anche il metronomo
che ne scandisce i tempi
che mi trascina
incantato
in praterie di silenzi
dove s'apriva la vecchia finestra
della mia anima...

che godeva vedendo ali di rondine
salutare la primavera

Gavino Puggioni
Da Nelle falesie dell'anima

giovedì 18 febbraio 2016

Come pallina




Sono pietra dura
scalfita
consumata
sbattuta come pallina
sempre a rotolar
tra pensieri impervi
viali di una vita
che scorre e corre lenta
verso la sua meta

Gavino Puggioni
Da Nelle Falesie dell'anima

mercoledì 10 febbraio 2016

Concorso "C'era una volta bambino come me..."

L'Associazione culturale Caffè delle Arti ha indetto il concorso di cui al titolo. Ho partecipato con il mio racconto SAMIR che è stato scelto per entrare a far parte dell'antologia omonima.

Il concorso era finalizzato a scopo benefico, per aiutare "I bambini di Antonio" Qui sotto il loro volantino.


FINALISTI MERITEVOLI DI PUBBLICAZIONE E INSERITI NELL’ANTOLOGIA
A tutti gli autori selezionati: attestato di pubblicazione personalizzato
Mariela Ramos Criscuoli di Albenga (Savona) con LA GARA

Gloriamaria Pizzichemi di Roma con BABAU, STORIA DI UNA MARIONETTA
Andra Mauri di Roma con UNA CAPRESE AL CAFFÈ GRECO

Patrizia Fiori di Piombino (Livorno) con L’ALBERO MANO
A BORDO DI UN SOGNO

Margherita Pizzeghello di Rosolina (Rovigo) con CINQUE DITA SUL MIO VISO
Danila Oppio di Legnano (Milano) con SAMIR

Grazia Marchesini di Foligno con UN BAMBINO VENUTO DA LONTANO 

Marco Managò di Roma con IL PESCATORE DI SOGNI

Omaima Marfoq di Galliera (Bologna) con STELLALUCE E LA PIUMA MAGICA

Michela Cinque di Carosino (Taranto) con IL RE, IL MENDICANTE E IL MAGICO DONO
Cristina Trimarco di Torino con SEMAFORO A COLORI

Teresa Martino di Melicuccà (Reggio Calabria) MARCO E IL BOSCO MAGICO

Eugenia Grimani di Roma  con LA VOCE DI MADRE NATURA

Maria Rosaria Belfi di Signa (Firenze)  con NONNA ADALGISA E LE FATE
La mia fiaba inserita in antologia 
SAMIR

Questa non è proprio una favola, ma forse qualcosa di più!
Una manciata d’anni fa, Federica si recò in Siria, perché si ricordava che il padre di una sua amica d’infanzia, Amina, era nativo di Damasco, e quella Nazione le rimase nel cuore. Atterrò ad Aleppo e proseguì in pullman verso Hama, Homs, Latakia, Damasco e Palmyra. E qui le accadde qualcosa di molto particolare.
Il sito archeologico di Palmyra, il cui nome significa luogo delle palme, un’oasi immersa nel deserto siriano, era a dir poco spettacolare. Il lungo cardo romano, fiancheggiato da alte colonne, l’anfiteatro eretto da Diocleziano, il Tempio di Baal, e tante altre vestigia storiche, la affascinarono. Il caldo era piuttosto intenso,  ma quasi non se ne avvide.
In quel sito archeologico vi sostavano dei beduini con bianchi cammelli, bardati di briglie, e sottosella multicolore, come solo certi tappeti orientali possono esserlo. Non ci mise molto a decidere di cavalcare uno di loro, e salì in sella, tenendosi stretta al cammelliere. Un giro tra i resti romani, al tramonto, che non dimenticherà mai.
Una volta scesa dal cammello, gli vennero incontro nugoli di ragazzini, che vendevano oggetti artigianali. Con loro c’erano molti bambini piccoli, bellissime creature dalla pelle ambrata, dagli occhi grandi e colmi di meraviglia.
Uno di questi, Samir, la prese per mano e le disse:
“Umm!”.
 Federica al primo momento non comprese, perché conosceva la lingua araba solo in forma rudimentale. Samir le strinse ancora più forte la mano, e ripeté:
 “Umm!”.
 Allora le tornò alla mente quel vocabolo: Samir la stava chiamando “mamma”.
Gli rispose:
“Non sono la tua mamma, corri dalla tua”:
Il bambino dimostrava quattro o cinque anni. Aveva quello stupendo incarnato dei popoli mediorientali, e due occhioni verde smeraldo che la fissarono con intensità. I suoi capelli erano castano chiaro, che al sole assumevano riflessi quasi biondi. Si avvicinò un ragazzo che parlava un po’ d’inglese. Federica chiese a lui, chi fosse quel bambino, e le rispose che era il suo fratellino. “Quanti anni ha?”, chiese la turista.
“Sette, rispose il fratello maggiore”.
“ Mi spieghi perché mi chiama mamma?”.
 “Lui vuole venire con te, a casa tua!”
“Ma non abito in Siria, la mia casa è molto lontana, oltre il mar Mediterraneo”. “Se tu lo vuoi, puoi portarlo con te”.
 Rispose il ragazzo. “E’ impossibile, ci vogliono documenti che non possediamo, e poi sua madre che dirà?”.
” Lei ne sarà felice”.
 “Come può essere felice una madre, che si priva di un figlio?”:
“Prendilo, tu gli piaci, chiamerà mamma te”!
Federica lo avrebbe portato con sé molto volentieri, il bimbo era carino, gentile, e pareva essersi attaccato a lei con tenacia. Non le lasciava la mano neppure per un istante. Faticò parecchio a spiegare che un bambino non era un oggetto che si poteva portare in altro luogo, senza documenti o permessi particolari. Che un bambino deve stare con la sua mamma.
Il piccolo Samir la guardò con un’espressione delusa, due lacrime spuntarono all’angolo di quegli splendidi occhi e anche Federica si allontanò con il cuore addolorato. Non si poteva però fare altrimenti, quella era l’unica soluzione ragionevole.
Nei giorni che Federica trascorse in Siria, gli ultimi a Damasco, succedevano cose un po’ strane. Qualche sporadico sparo, che fu spiegato dalla guida locale, come una rappresaglia di piccoli gruppi di ribelli al regime di Assad.
Federica rientrò in Italia, ma le rimase nel cuore quel piccolo Samir.
Le informazioni sulla situazione siriana divennero sempre più tristi e lei, ascoltando le notizie del TG o leggendole sulla stampa, si chiedeva se quei bellissimi bimbi che aveva accarezzato in Siria, e Samir in particolare, non avessero subito torti di alcun genere. Se fossero riusciti a salvarsi.
Comprese così che un motivo c’era, e di una certa rilevanza, se quella madre beduina, quei fratelli di Samir, si ostinarono nella richiesta  di portare il piccolo in Italia. Forse avevano intuito qualcosa e volevano salvare almeno lui.

Federica decise di visitare il luogo italiano dove erano sbarcati gli immigrati siriani.
Chiese se vi fosse un certo Samir, di circa 15 anni. Ve ne erano più d’uno. Samir è un nome molto diffuso nei Paesi arabi. Chiese di incontrarli. Quasi tutti avevano gli occhi neri…ma uno, piccolo di statura, possedeva due smeraldi che la guardavano con un’espressione frammista di curiosità e di perplessità. Ma poi le corse incontro, le prese la mano e disse: “Umm!”.
Federica aveva finalmente ritrovato il “suo” Samir.



Danila Oppio

Concorso A.L.I. Penna d'Autore

Per il concorso come dal titolo, ho ottenuto la menzione d'Onore per una mia poesia, e pubblicata su e-book in formato pdf, che non posso inserire nel blog, poiché piuttosto corposo. Ho scattato alcune foto, che pubblico qui di seguito.






domenica 7 febbraio 2016

Ovidio Marras e la sua grande dignità


Lui è Ovidio Marras. Gli dicevano guarda Ovidio che la tua terra te la paghiamo a peso d'oro. Costruiremo a Tuerredda hotel a 5 stelle con lussuose suite per gente ricca, ne faremo una nuova Porto Cervo, dicci tu la cifra e noi te la diamo. Ma Ovidio, pastore sardo, 85 anni di vita e di orgoglio, ha risposto che lui a Porto Cervo non è mai andato, e per la verità nemmeno sa dov'è. Ha aggiunto: guardate che io non vendo, questa è la terra di mio padre e del padre di mio padre e me la tengo e voi qui intorno non avete diritto di costruire. Ovidio ha fatto causa, da solo, contro mega-gruppi immobiliari rappresentati da stuoli di avvocati. Lo prendevano in giro come un vecchio scemo tignoso fuori dal tempo che si era messo contro poteri troppo forti, contro chi voleva gettare su uno degli angoli più belli e incontaminati della Sardegna una colata di cemento di 910 mila metri quadri, più o meno come un palazzo di dieci piani.
Invece Ovidio ha vinto. Ha vinto, da solo, e definitivamente. Ha vinto in Cassazione. Non potranno costruire, E quanto di già costruito andrà buttato giù. La sua terra è salva, è la terra da dove il padre ogni giorno partiva con le bestie per il pascolo, al sole, sotto l'orgoglioso e puro vento, e a sera tornava, per un pezzo di formaggio e un tozzo di pane. Direi che con Ovidio ha vinto una certa preziosa idea di dignità, addirittura - pensate - più preziosa del denaro.


venerdì 5 febbraio 2016

La risposta


Nei viali scoscesi di questa esistenza
ho incrociato carretti di vite stracciate
rotolare fra sassi polvere e fango
sbattuti dalla luce degli eventi
appena percepiti

Nei marciapiedi adombrati da alberi rinsecchiti
bambini con le mani tese
che credevano di esistere in questo mondo
col sorriso dell'innocenza
ma non conoscevano l'indifferenza

Nel sogno mi sono spostato in un campo di grano
dove falci lucenti e taglienti
regalavano nuova vita a quei contadini
bruciati dal sole
e dall'amore per la propria terra

Ho rivisto il colle fatto di roccia
che sovrastava la casa della mia infanzia
che quasi quasi da lassù mi parlava
poiché non vedeva me e i miei fratellini
e lui se ne addolorava

Ed ora che sono arrivato alla fine di tutti questi viali
di tutte quelle strade, di tutte quelle salite e discese
mi chiedo dove sono e perché ci sono.
Il silenzio, la stanchezza del nulla, la speranza del tempo
mi han fatto rimandare la risposta

Gavino Puggioni
da Nelle Falesie dell'anima