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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

martedì 15 settembre 2015

Migranti: così oggi parto...



Così oggi parto, m'imbarco in macchina con vestiti, lenzuola, asciugamani, cinte e quant'altro e arrivo al Centro Baobab di Roma che si sta occupando di aiutare gli immigrati. Arrivo a via Cupa, una travesta della Tiburtina altezza del Verano. L'impatto è violento, indicibile: donne, uomini, bambini per la strada, fuori dal Centro, seduti, in piedi, camminando, un'orda di visi neri che non sanno dove guardare, tra lo smarrito, l'arrabbiato, lo stordito. Via Cupa, una strettissima viuzza, accanto al cimitero più grande di Roma. Di fronte a loro un immenso e alto muro. Via stretta. Muro alto. Immigrati. Mi accoglie una volontaria dagli occhi azzurri, mettiamo tutti i miei pacchi in un carrello ed entriamo, si scende da una rampa e si arriva in un grande stanzone interrato, è tutto abbastanza scuro, ci sono altri profughi, uno di essi stona un'improbabile melodia sul pianoforte. Sulla sinistra, una pila immensa di buste di plastica con dentro vestiti. La volontaria mi spiega che sono abiti troppo grandi che non vanno bene per loro così magri, così li baratteranno con un'Associazione che in cambio darà loro medicinali. Prosegue il viaggio. E' un limbo. Ci sono altre stanze, una per il cibo, una per i vestiti, uno spazio per i bambini, la cucina, dove altri volontari preparano cosa da mangiare, il magazzino dello smistamento. Facce scure che ti guardano di sfuggita, senza alcun piacere. In fondo non sono che una stronza qualunque che porta loro delle cose (almeno così mi sento), una stronza che poi tornerà a casa e proseguirà la sua vita, mentre loro rimarranno lì, in condizioni penose, sì, è vero, salvi dalla guerra, dalla fame e questo è qualcosa, ma non basta. Vai lì e non basta. Sono tanti, troppi, cosa faranno? Come s'integreranno? Che faranno oltre a stare lì, seduti sulla strada? Ho la profonda percezione che tutto questo NON PUO' ESSERE UNA VITA DIGNITOSA. Qual è la via di uscita? Qual è la via d'uscita? Eppure ero andata lì mossa da una forte istanza, ero andata lì per dirmi: vedi, brava! Stai aiutando qualcuno! Non sei una che parla e basta! Agisci! 
Ho anch'io il viso scuro ora. La situazione è più grave di quello che immaginiamo.

Alessia D'Errigo


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