Così oggi parto,
m'imbarco in macchina con vestiti, lenzuola, asciugamani, cinte e quant'altro e
arrivo al Centro Baobab di Roma che si sta occupando di aiutare gli immigrati.
Arrivo a via Cupa, una travesta della Tiburtina altezza del Verano. L'impatto è
violento, indicibile: donne, uomini, bambini per la strada, fuori dal Centro,
seduti, in piedi, camminando, un'orda di visi neri che non sanno dove guardare,
tra lo smarrito, l'arrabbiato, lo stordito. Via Cupa, una strettissima viuzza,
accanto al cimitero più grande di Roma. Di fronte a loro un immenso e alto
muro. Via stretta. Muro alto. Immigrati. Mi accoglie una volontaria dagli occhi
azzurri, mettiamo tutti i miei pacchi in un carrello ed entriamo, si scende da
una rampa e si arriva in un grande stanzone interrato, è tutto abbastanza
scuro, ci sono altri profughi, uno di essi stona un'improbabile melodia sul
pianoforte. Sulla sinistra, una pila immensa di buste di plastica con dentro
vestiti. La volontaria mi spiega che sono abiti troppo grandi che non vanno
bene per loro così magri, così li baratteranno con un'Associazione che in
cambio darà loro medicinali. Prosegue il viaggio. E' un limbo. Ci sono altre
stanze, una per il cibo, una per i vestiti, uno spazio per i bambini, la cucina,
dove altri volontari preparano cosa da mangiare, il magazzino dello
smistamento. Facce scure che ti guardano di sfuggita, senza alcun piacere. In fondo
non sono che una stronza qualunque che porta loro delle cose (almeno così mi
sento), una stronza che poi tornerà a casa e proseguirà la sua vita, mentre loro
rimarranno lì, in condizioni penose, sì, è vero, salvi dalla guerra, dalla fame
e questo è qualcosa, ma non basta. Vai lì e non basta. Sono tanti, troppi, cosa
faranno? Come s'integreranno? Che faranno oltre a stare lì, seduti sulla
strada? Ho la profonda percezione che tutto questo NON PUO' ESSERE UNA VITA
DIGNITOSA. Qual è la via di uscita? Qual è la via d'uscita? Eppure ero andata
lì mossa da una forte istanza, ero andata lì per dirmi: vedi, brava! Stai
aiutando qualcuno! Non sei una che parla e basta! Agisci!
Ho anch'io il viso scuro ora. La situazione è più grave di quello che
immaginiamo.
Alessia D'Errigo
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