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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

domenica 22 novembre 2015

Rinnegare Daesh


 Continuamente, molte volte al giorno, sento dire che i musulmani (anch’io sono musulmana) devono pubblicamente rinnegare il gruppo Daesh (sedicente Stato Islamico o califfato) e dare prova di non aver nulla a che vedere con il terrorismo.

È una richiesta giusta e doverosa. Non c’è dubbio che chi possa eliminare moralmente Daesh siano solo i musulmani. Essi debbono essere chiari, in modo che quel gruppo mostruoso di potere non sia più fascinoso per i giovani. Chi vuole delinquere lo faccia senza avere l’alibi e la presunta giustificazione di una qualsiasi religione, ma solo quelle del denaro, della droga e del crimine.
I leader musulmani nazionali e locali, che si sono dissociati, a partire dall’11 settembre 2001, dal terrorismo, devono continuare a “convertire”, nelle loro moschee, chiunque possa mai avere un dubbio sulla questione, devono essere genitori e maestri, giorno dopo giorno, della loro comunità.
Ancora, si chiede ai musulmani che cosa farebbero se venissero a conoscenza che si sta preparando un attentato.
In Italia, per quel che mi risulta, ogni musulmano che frequenta la moschea è controllato dall’intelligence: chi è, dove va, cosa fa. I musulmani lo sanno e ne sono ragionevolmente contenti perché anche loro hanno paura: gli attentatori non chiedono, prima di ammazzare, la religione di appartenenza ma colpiscono nel mucchio. E i figli dei musulmani, con i tanti sacrifici dei genitori, spesso semianalfabeti, vanno a studiare all’estero, fanno l’Erasmus…
Daesh è come il nazismo: bisogna annientarlo. Non deve esistere un presunto punto di riferimento che si proclama “stato” o califfato, bestemmiando tutte le regole, persino di guerra, dell’Islam.
Infatti, molti politici e strateghi dicono che bisogna andare e combattere –scarponi sul terreno- i tagliagole, perché i bombardamenti non sono sufficienti (sono persino finiti gli obiettivi da bombardare) e i curdi, che sul terreno ci sono già, non possono farcela da soli.
A parte il fatto che qualcuno –nostro alleato- bombarda i curdi che noi –in qualità di nostri alleati- addestriamo e aiutiamo perché combattano Daesh, non sarà facile vincere un gruppo tanto feroce in una zona tanto complessa, anche se di proporzioni modeste. (Il territorio di Daesh è diviso in 33 «wilaya» — province — dal Nord Africa all’Afghanistan: in alcune la presenza è reale, come nel Sinai, in altre ha radici poco profonde. Secondo alcune fonti, nell’ultimo anno, il gruppo avrebbe in realtà perso il 10 per cento dei suoi territori.)
Soprattutto, non sarà facile vincere Daesh perché è enormemente ricco.
Io mi chiederei prima di tutto: ma vogliamo davvero eliminarlo?
Certo, la gente comune, musulmani e non, lo vuole. Ma i leader degli stati, i ricchi banchieri, i fabbricanti di armi, quelli che contano veramente, lo vogliono?
Perché, ancora oggi, c’è chi compra il suo petrolio facendogli guadagnare milioni di dollari? Chi vende loro le armi o permette che gli arrivino? Chi fa affari con loro? Chi compra le opere d’arte trafugate da siti patrimonio dell’umanità?
Se quel gruppo di assassini si trovasse senza soldi e senza armi, si farebbe presto a sconfiggerlo.
Credo, dunque, che sia giusto pensare che, prima di mandare dei soldati a morire in una guerra lunga e dolorosa contro uno stato che ha infinite risorse, bisogna avere un’idea, un progetto condiviso. Se abbiamo sanzionato la Russia per la questione ucraina dovremmo sanzionare gli stati –nostri alleati- che lucrano in quelle zone (non saranno, per caso, anche i fabbricanti di armi italiani?).
Ma, forse, non si può isolare Daesh perché faremmo tremare le nostre economie.
Allora, mentre la gente continua a morire dappertutto, grazie all’avidità dell’occidente (Medio Oriente, Africa, Asia, Europa), ci accontentiamo di uscite estemporanee, di bombardamenti mirati (a cosa?).
E, nel frattempo, continuiamo a insistere –la nostra coscienza, si sa, è a posto- perché i musulmani si dissocino dall’Isis.


Renata Rusca Zargar

Ho chiesto all'autrice dell'articolo, il permesso di pubblicarlo anche su questo blog, in quanto mi pare giusto far conoscere il pensiero di un musulmano vero, perché non si debba confondere i fanatici Jiadhisti, quelli dell'Isis, con chi pratica la religione islamica. 
Danila 

Biografia

Renata Rusca Zargar, savonese, insegnante in quiescenza di italiano, storia, geografia, nelle  Scuole Superiori, impegnata in ambito sociale, è Presidente dell’Associazione Culturale Savonese ZACEM e si occupa a tempo pieno di una Biblioteca di volontariato che raccoglie libri formativi sui paesi in via di sviluppo, popoli, migranti, pace, intercultura ecc. . Ha collaborato con varie testate giornalistiche tra cui Il Letimbro (allora settimanale della diocesi savonese). Ha pubblicato: “Manuale di Numerologia” (Bastogi 2004), “Per il domani sembra tutto possibile” (romanzo storico ambientato nell’antico Egitto, New Media Edizioni Didattiche, 2006), “Ti chiamerò Mimosa… e altre storie a tema femminile e due racconti di Zarina e Samina Zargar” (Associazione 25 Novembre contro la violenza alle donne, 2011); in formato e-book: “Cilnia Potetio” (romanzo storico ambientato a Pompei, Abel Books, 2011), “Amore Eterno cielo” (5 racconti d’amore, Chichili Agency, 2012), “Pietre e piante Influssi e benefici”, Abel Books, 2013). É presente in molti siti Internet, tra cui www.famigliazargar.com e http://www.zacem-online.org/ Insieme con Zahoor Ahmad Zargar ha pubblicato: “L’Islam possibile in Italia” (Bastogi, 2005), “Storie dell’India” (Progetto Cultura, 2007), “Paura dell’Islam” (Caravaggio, 2008), “Lettere da Nazir” (e.book, Società Editrice Dante Alighieri, febbraio 2012), “KASHMIR: DAL PARADISO ALL’INFERNO” (ebook, Società Editrice Dante Alighieri, settembre 2013).

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