Oggi ho ricevuto uno splendido dono di Natale! Una recensione davvero graditissima, da parte di Roberto Vittorio Di Pietro, del quale qui sotto trascrivo una sua breve biografia. Mi aveva inviato la sua raccolta poetica, l'ARCHETIPO DELLA CANILITA' a cura del compianto Rodolfo Tommasi, e per ricambiare la sua cortesia, gli ho inviato la mia silloge Graffiti Graffianti, inserita nella raccolta di più autori, Balì. Non mi aspettavo nulla, mi sarei accontentata che leggesse le mie poesie, ma Roberto Di Pietro ha fatto di meglio, e mi ha scritto una lettera proprio il giorno di Natale, che rendo pubblica, poiché desidero condividere la mia gioia in questo blog. Per me è un grande onore, essere recensita da un così grande artista.
Di Pietro Roberto Vittorio
Roberto Vittorio Di Pietro ama occasionalmente firmarsi con lo pseudonimo provocatorio di “Bobby il Meticcio” o “Momo Sabazio) è nato in Egitto e “per fortunata coincidenza, anche svezzato in quel centro di fertile cosmopolitismo che erano le città del Cairo e di Alessandria ancora negli anni Cinquanta”. I suoi interessi culturali spaziano dalle dottrine umanistiche, alla musica, alle discipline scientifiche. Bocconiano brillantemente laureato in lingue e letterature straniere, come studioso si è dedicato sia ad argomenti teorici (analisi metrica, fonosimbolismo) sia a specifici autori classici di varie epoche e nazionalità: da Shakespeare a Gray, Smollett, Scott, Virginia Woolf; da Twain a Updike; da La Fontaine a Borges; da Pascoli, a Bigongiari, Buzzati ed altri. È stato collaboratore esterno per i programmi culturali RAI. Moltissimi sono i premi nazionali ed internazionali vinti da Roberto Vittorio Di Pietro nel corso della sua lunga esperienza artistica e letteraria . Nel giugno 2009 gli veniva infine conferito il prestigioso “Premio Casentino d’Onore per l’Attività Letteraria” con la seguente motivazione ufficiale: “…per aver dato alla poesia italiana una svolta di intense e inedite plurivalenze, e alla visione saggistica una prospettiva di originali e convincenti profondità esegetiche”.
Torino, 25 dicembre 2015
Gentilissima Danila,
seppure distolto da incessanti preoccupazioni in questo periodo, ieri sono se non altro riuscito a ritagliarmi un’oretta di tranquillità da dedicare alla Sua raccolta poetica suggestivamente intitolata “Graffiti graffianti”, contenuta nel volumetto antologico che mi ha cortesemente spedito, e di cui torno a ringraziarla.
L’aspetto che maggiormente mi colpisce e mi aggrada nella Sua scrittura è l’indubbia presenza di quello che dai Greci veniva detto “sfraghìs”: un vocabolo con cui si intendeva definire la “firma”, o se preferisce il “marchio di fabbrica”, o forse meglio la “zampata” che contraddistingue lo stile di un artista (poeta, pittore, musicista, cantante, ecc.) rendendolo immediatamente inconfondibile rispetto ad altri, magari altrettanto abili nel loro campo ma individualmente anonimi, percepibili solo come tanti lucenti aghi di pino sparsi in un vasto pagliaio. Quando effettivamente questo elemento singolare emerge in una qualsiasi opera d’arte, credo sia compito di ogni critico letterario veramente degno di questo nome, saperne cogliere subito anzitutto l’esistenza, per poi indagarne l’essenza, circoscriverla, gradatamente illuminarla e infine segnalarla nel modo più compiuto possibile – anziché, come troppo spesso succede, voler avventatamente azzardare impressioni positive o negative, lodi sperticate o stroncature, cosiddette “opzioni a favore o contrarie” non meglio giustificabili da parte di chi le propone se non in base ai propri gusti pur sempre discutibili, o inclinazioni estetiche del tutto soggettive che dir si voglia.
Con un esempio concreto: che a me, come libero cittadino, possa piacere Degas piuttosto che Van Gogh o Picasso, Beethoven piuttosto che Prokofiev, oppure la voce roca di Fausto Leali anziché quella flautata di Bocelli, va benissimo; e tuttavia, in veste di critico professionalmente chiamato ad esprimermi, devo saper prescindere da ogni mia preferenza o avversione istintiva, dimostrare di saper apprezzare i diversi meriti intrinseci di ognuno dei suddetti “artisti” e, con gli strumenti adeguati, nel migliore dei casi metterne a fuoco i rispettivi stilemi caratterizzanti.
Affermare -- a ragion veduta -- che la “singolarità” di un artista sia inconfondibile nella forma e nella sostanza inimitabile, credo sia il solo autentico omaggio che un critico onesto possa voler offrire. E la massima lusinga che ogni artista saggio dovrebbe saper accogliere con giusto compiacimento: ben comprendendo quanto insulsa e stucchevole sia, per contro, la troppo facile e diffusa gratuità dell’adulazione per l’adulazione. Tornando a “Graffiti graffianti”, a me pare senz’altro chiaro che nell’insieme di quei versi (così nelle soluzioni formali, così nelle scelte lessicali e nell’indirizzo filosofico dei contenuti) sia ovunque nettamente individuabile, come in filigrana, la “firma” implicita di uno stesso autore. Un invidiabile traguardo, questo, per chiunque lo abbia davvero raggiunto. Certo, mi piacerebbe poter intraprendere un’analisi capillare del testo per documentare a fondo questo mio giudizio: proprio in questo è consistito il lavoro di ricerca che ho cercato di condurre nei miei studi critici pubblicati attraverso gli anni; temo, però, cara Danila, di non possedere più tutte quelle basilari energie fisiche che sarebbero necessarie per poter proseguire seriamente in questo genere di attività. Per il mio temperamento intransigente, purtroppo, non più.
Ancora un grazie di vero cuore per avermi voluto benevolmente “ospitare” fra i Suoi innumerevoli amici, nell’ambito di un blog di sicuro interesse e valore culturale in senso lato. Sebbene indirettamente (e, per ora, soltanto virtualmente) sono felice di aver potuto fare la Sua conoscenza.
BUON NATALE!
Roberto Vittorio Di Pietro
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