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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

mercoledì 19 dicembre 2012

I PASTORI DEL NATALE CHE VIENE

Elaborazione grafica di Domenica Luise

<Ragazze, ma lo sentite quest’accidenti di freddo?> brontolò un vecchio montone alle sue mogli, <Sissignore, che freddo, che freddo> lo assecondarono le pecore belando in coro.
<Amore, ti preparo una minestrina bollente?>.
<Ma no, ma no, è meglio una bevuta e un sigaro, corro a prendere il vino dalla botte>.
<Che dici? Qua ci vuole un bel massaggio sulla nuca e ti rimetto al mondo, spogliati che vengo>.
<Ma perché non puoi dormire, tesoro mio? Cosa succede stanotte? Poi domattina non hai la forza di stare sulle zampe e lo sai quant’è rabbioso il tuo capoufficio>.
<Ma domattina è Natale, non si lavora>.
<Invece sono tutte storie per farti compatire, va bene che ormai sei abbastanza decrepito e da pensione>.
<Coi nostri governanti che ci spremono? Adesso, mogli mie, quando viene quella sanguisuga a chiedere i soldi che cosa gli diamo, un po’ di fieno? Gli dovrò consegnare stipendio e tredicesima>.
<Ma che fa, ce la danno anche quest’anno la tredicesima?>.
<E sennò con che cosa paghiamo le tasse e l’imu dell’ovile? E va bene, noi siamo pecore di speranza, forse fra duemila anni tutti questi problemi non ci saranno più>.
L’ariete controllò allo specchio grande dell’ingresso se le sue corna fossero abbastanza lucide o avessero bisogno di una ulteriore lisciata, poteva scegliere la preferita tra quelle mogli servizievoli, ma che pazienza ci voleva. Femmine, inferiori ai maschi da sempre e per sempre, deboli, lagnose, benché discrete donne di casa, ma quante storie per partorire, tutte che strillavano e soffiavano.
E com’erano gelose le une delle altre, una cosa inqualificabile, che ben dimostrava la modestia del loro cervello. Ancora gli andava bene perché non avevano inventato i telefonini, altrimenti non gli avrebbero dato più pace.
In fondo, molto in fondo, la sua vita non era poi così rosea, e doveva pure guardarsi dagli altri maschi rivali, che gli volevano togliere ora una ora l’altra moglie e aggregarla al proprio harem.
Gli avevano fatto slittare l’età pensionabile e non avrebbe confessato mai a nessuno quanto gli facessero male i piedi e le ginocchia per i reumatismi incalzanti. Mai dare segni di debolezza o gli avrebbero fatto il subentro.
<Io mi sono stufata di lavare panni di carta e stenderli su quel filo ad ogni Natale> affermò la lavandaia alzandosi impetuosamente dalle ginocchia sulle quali stava piegata, <ho un appuntamento>.
Dall’interno di una casetta di cartone venne una voce stridula: <Comportati bene, figlia, altrimenti resti zitella e siamo rovinati, Almeno pigliati uno che ha un lavoro sicuro>.
<Il lavoro sicuro è finito> rise la ragazza con una mano sul fianco e la cesta coi panni asciutti sull’altro, <loro dicono che sarebbe noioso e dobbiamo cambiare sempre e lavorare tanto per pagare il mutuo della catapecchia o l’affitto della catapecchia e comunque la catapecchia, ormai le banche pigliano troppi interessi e vogliono troppe garanzie e nessuno ha più una catapecchia decente>.
<Dove stai andando, figlia mia? Bada che gli uomini sono cacciatori> disse la voce della madre altrettanto rauca dalla casa di cartone, <Mi sono innamorata dell’incantato della stella> rispose lei lasciando la cesta sulla soglia, <ma non ho intenzione di andarci a letto, voglio cuocerlo bene prima o non mi sposa>. E la ragazza partì.
<Ho paura che pesca e pesca qua non abbocca niente come il solito> fece il pescatore sullo stagno di specchio circondato da pietruzze raccolte a mare nell’estate precedente. Il suo collega gli sorrise: <Tranquillo, anche stasera mangeremo verdura selvaggia, speriamo che sia rimasto un po’ d’olio e che il pane non sia troppo duro, mi stanno cadendo alcuni denti, sono vecchio, ma non posso andare in pensione>.
<Siamo tutti sulla stessa barca> considerò l’altro mentre l’onda li dondolava con una certa, impertinente soavità.
Intanto si mise a nevicare e la stella, dall’alto dei cieli, scivolò sulla cima di una capanna piuttosto malridotta, le mancava perfino una buona parte del tetto. La stella illuminò una coppia e un bambino che vagiva a braccia spalancate, ognuno vide perfettamente per quanto fosse lontano e fosse buio:
<È nato anche quest’anno> gridarono, belarono, ragliarono e muggirono tutti insieme, anche i pesci dello stagno piroettarono.
<Questa non me l’aspettavo> brontolò il mugnaio svegliando sua moglie che si era addormentata davanti alla televisione, per quanto non fosse stata ancora inventata nemmeno quella, <che fai, dormi, amore?> le disse strattonandola, <Quante volte ti devo ripetere di non chiamarmi così forte quando mi abbiocco? > gridò lei furibonda, <poi mi sento male come ora, ecco>.
<Ma Lui è nato anche quest’anno> fece il marito afferrando due pagnotte ancora calde da portare alla grotta come faceva regolarmente da quando l’avevano modellato così bello, era solo riuscito un po’ più grande degli altri, difatti nel presepio l’avevano soprannominato “Il gigante”.
<È nato in questo caos? Coi peccatori incalliti e mummificati, i poeti disprezzati, le mamme che hanno la depressione post partum e i politicanti scatenati, le escort e il bunga bunga?>.
<È nato anche stavolta> fece il mugnaio afferrando la pelliccia di visone e porgendogliela.
<Sì, vengo, ma non mi metto quella…mi vergogno di averla pretesa…dammi la vecchia mantella, l’ho appesa fuori dai piedi, in alto e non ci arrivo senza salire sulla sedia. Tu, invece, sei bello alto> lo lodò, l’uomo ringalluzzì e arrossì perfino.  La lavandaia, che stava scambiando un bacio passionale, ma non troppo per non dare luogo a procedere, con l’incantato della stella rizzò la testa:
<Hai sentito, forse, piangere un bambino? Lui deve essere nato un’altra volta. I pannolini si devono ancora stirare, vado, tu comincia a correre alla grotta> disse scappando. E pensava: <È nato, lo fa ogni anno, niente e nessuno lo può fermare>.

 <Come ti senti, cara?> chiese Giuseppe a Maria mentre le luci della stella suscitavano mille colori di qua e di là e il focherello che egli aveva acceso sembrava un termosifone gigantesco, tanto riscaldava e sebbene nemmeno i termosifoni fossero stati ancora inventati.
<Bene, come tutte le volte. Il Bambino non mi ha fatto più male di un raggio di luce che mi ha attraversata>.
<Guarda, arrivano i pastori, come ogni anno>.
<C’è lo zampognaro nuovo e anche un gelataio… con tutta questa neve> ridacchiò Maria.


Domenica Luise



1 commento:

  1. Cara Domenica Luise,
    mai letto niente di così bello!
    Non manca niente.
    Complimenti!!!!!!
    Grazie!

    Affettuosi saluti
    Graziella

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