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giovedì 26 giugno 2014

Biografia, profilo poetico e poesia di Hafez












Hāfez, per esteso Khāje Shams o-Dīn Moḥammad Ḥāfeẓ-e Shīrāzī (in persiano: خواجه شمسالدّین محمّد حافظ شیرازی;;Shiraz1315 – Shiraz1390), è stato un mistico e poeta persiano. Il canzoniere (Divan) di Hafiz - il cui nome significa "Colui che sa recitare a memoria il Corano" - è un celebre classico della letteratura persiana. Nei suoi ghazal, che la gente più semplice adopera come oracolo (aprendo il libro a caso per leggerne due versi alla volta), si combinano toni diversi, di solito ma non sempre esattamente definiti erotici e mistici, e temi che spaziano da un supposto edonismo al panegirismo. I temi principali delle sue 500 ghazal sono l'amore. la celebrazione del vino e dell'ubriachezza; la messa a nudo dell'ipocrisia di coloro che si autodefiniscono guardiani, giudici ed esempi di rettitudine morale. Adattamenti, imitazioni e traduzioni delle poesie di Hāfez sono state pubblicate in tutte le lingue più diffuse.
La vita e le opere di Hāfez sono state oggetto di analisi, commentari ed interpretazioni, e hanno influenzato in modo determinante la poetica persiana successiva al XIV secolo.[1][2] La sua influenza nella vita degli iraniani è testimoniata dal frequente uso dei suoi poemi nella musica tradizionale persiana, nelle arti visuali e nella calligrafia persiana, e dal fāl-e hāfez (in persiano: فال حافظ ; in italiano: «lettura di Hāfez»), una forma di divinazione che consiste nell'apertura a caso delle pagine del canzoniere per trarre dai versi poetici la risposta alla proprie domande.


Il mausoleo che contiene la sua tomba si trova a Shiraz: realizzato su progetto dell'architettofrancese André Godard, risale al 1935[3] ed è un luogo di rilevante interesse turistico.

La visione Hafeziana... di Maryam Fatemi Far



I poeti lirici persiani hanno avuto un ruolo sottile e consapevole, più di quanto ha potuto rilevare l'occidente, nella cultura persiana. Condizionati dalla prepotenza religiosa imposta che ostacolava ogni forma di libertà laica, hanno scelto la strada dell'ambiguità per non farsi mettere all'indice e per poter farsi udire da chi era alla ricerca del diverso.

Le poesie di Hafez hanno un posto speciale nel cuore del popolo Iraniano e a prescindere dalla cultura e/o rango sociale d'appartenenza è facile trovare una copia delle sue poesie, in ogni casa. Alcuni dei suoi versetti, nel tempo, hanno acquisito un potere proverbiale donando una forma poetica al quotidiano. Chi ama le sue poesie è convinto che lui era a conoscenza del segreto della vita ed aveva scoperto la sua fonte, tale segreto è presente e codificato nelle sue poesie. Infatti, il suo nome d'arte, Hafez: "Colui che custodisce", deriva proprio da questa convinzione.
È degno di una particolare attenzione anche il rito della notte di Yalda (la notte più lunga dell'anno). Questo rito mette in risalto la magia delle sue poesie. Le sue parole non hanno subito e non subiranno mai il tempo. Ancora oggi in Iran, martoriato culturalmente dall'islam, ogni anno ed in questa sera tutti si riuniscono a casa della persona più anziana della propria famiglia per declamare le sue poesie e se il loro livello culturale non permette una lettura reale, è la memoria tramandata da padre a figlio a supportare la declamazione. Le sue poesie, nel tempo, hanno acquisito anche un potere premonitore… capita spesso che gli innamorati oppure le persone in difficoltà cerchino un'anticipazione del futuro tra i sui versetti…
I suoi versetti… sono supportate delle metafore che sono radicate nella cultura persiana, ogni parola oltre al proprio valore semantico identifica un sentimento evoluto, condizionato e liberato dal tempo. La sua amante per eccellenza prende forma in una donna reale chiamata "Shakheh Nabat". Nabat in persiano rappresenta un prodotto ottenuto dalla cristallizzazione dello zucchero che può assumere forme casuali e diverse… sta all'immaginazione di chi lo osserva rilevare la forma desiderata, un po' come le nuvole… Allorché "Shakheh Nabat" significa "Fiore di zucchero cristallizzato" e lo zucchero… rappresenta quell'elemento che dona dolcezza alla vita.
Non si può trascrivere le sue poesie in un'altra lingua, ma interpretare in base alla cultura che deve ospitare in sé le stesse. 
Per quanto riguarda il post precedente mi limito ad aprire una finestra sul cuore di una persona dalle origini persiane ed a definire la sua percezione. È così che le poesie devono essere vissute... 

Mi vedi... con ogni mio respiro cresce il mio dolore 
Ti vedo... con ogni tuo respiro cresce il mio desiderio

Tali versetti sono orientati verso un amore non corrisposto, oppure letto da un altro punto di vista possono rappresentare l'ultimo incontro tra il creatore e l'uomo ancora desideroso di vivere. 
Dialogo con l'amante:
Non smetterò di pretenderti fin quando non sarò che terra.
E anche in quell'istante quando passerai sulla mia tomba la polvere della mia esistenza si poserà sul tuo vestito, per riprovare ancora una volta il calore che mi hai donato, quando ero in vita.

Dialogo con il creatore:
Non smetterò di cercarti fin quando non sarò che terra.
E anche in quell'istante quando passerai sulla mia tomba la polvere della mia esistenza si aggrapperà a te per chiederti il perché di tutto ciò che ho subito.

Nota biografica sull’autore - Shams al-Din Mohammad Hafez di Shiraz
È considerato il massimo poeta persiano di tutti i tempi, ispirò il Divano Occidentale-Orientale di Goethe e tuttora, in Iran, si ricorre al suo Canzoniere per trarre auspici. Poche sono le notizie biografiche di cui disponiamo, fu panegirista attivo presso sovrani e ministri che si sono susseguiti a Sciraz durante i turbolenti decenni che precedettero l’arrivo di Tamerlano, e allo stesso tempo frequentò le cerchie mistiche e poetiche della propria epoca. 

Memorizzatore del Corano, da cui il suo pseudonimo (Hafèz, lett. “memorizzatore”), nelle sue canzoni convergono e si sovrappongono i registri dell’eros, della mistica e dell’encomio politico. I letterati che accolsero e diffusero il suo Canzoniere lo soprannominarono “La Lingua dell’Occulto”, sia per il costante oscillare tra mondanità e trascendenza dei suoi versi che per l’inimitabile raffinatezza con cui il poeta ha portato a perfezione il mezzo millennio di lirica persiana che lo precede. 
Le sue canzoni sono caratterizzate da una tecnica definita come “contrappuntistica”: Hafez, contrariamente a una tradizione poetica che preferiva una certa omogeneità e continuità discorsiva, all’interno di uno stesso testo sviluppa diversi temi in rapida successione, offrendo così al lettore un caleidoscopio di immagini e significati tesi a rappresentare l’ampio spettro dell’esperienza sensibile e sovrasensibile. I suoi serrati virtuosismi retorici e l’ampio ricorso alla polisemia non cedono mai il passo a un preziosismo fine a se stesso ma, al contrario, si amalgamano in una lingua fluente e ricca di assonanze, particolarmente adatta all’adattamento musicale.
Raffinatezza linguistica, polifonia semantica e confluenza di differenti piani ideologici in bilico tra devozione erotica, spirituale e politica, mettono a dura prova le competenze poetiche dei traduttori di Hafez, che resta comunque uno degli autori persiani più tradotti, sia in occidente che in oriente. 
Le versioni che qui presentiamo, sebbene in alcuni punti si discostino non di poco dal dettato originale, sono frutto di una precisa scelta traduttiva che predilige un apparente tradimento della superficie testuale per aspirare a una fedeltà “d’altra forma”: negoziata ermeneuticamente e attenta al peso poetico che il verso hafeziano può assumere a contatto con la lingua italiana. 

Ed ora leggiamo una splendida poesia (sufi) di Hafez 


Ascolta, o cuore dalle facili illusioni

(ruy benmay-o vojud-e khodam az yad bebar)



Mostra il tuo volto
e lascia che si trascini nell’oblio
la mia esistenza,
e fa che la porti via con sé il vento
la casa di chi ha in fiamme il petto. 


Lascia che l’impeto del petto
nella Parside estingua del Tempio del Fuoco
le fiamme,
e dagli occhi scorrano sul viso
le acque del Tigri
di Baghdad.


Cedemmo il cuore e gli occhi, noi,
alla tempesta della rovina,
lascia allora che scorra il torrente
di dolore
e che sradichi le fondamenta della casa. 


Chi potrà mai annusare
i suoi capelli di pura ambra,
che vano incanto!
Ascoltami, o cuore dalle facili illusioni,
e lascia che si estinguano dalla memoria 
queste pallide parole.


Che trionfi la sorte del Vecchio dei Magi,
tutto il resto è cosa effimera,
che spariscano gli altri
e dimentichino il mio nome. 


Non giungerai mai ad alcun luogo
per questa via
senza esserti misurato con lo sforzo,
rispetta devotamente il Maestro
se vuoi raggiungere l’onore cui aneli. 


Il giorno della mia morte
per un respiro
concedimi la promessa dell’incontro,
e poi
accompagnami alle lastre del sepolcro,
io, serenamente libero. 


– Ti ucciderò prima o poi
con le mie lunghe ciglia –
mi diceva ieri sera,
o Signore, spazza via dal suo animo
questi pensieri di terrore. 


Pensa, Hafez,
al corpo sottile
dell’animo dell’amico,
e porta via dalla sua soglia 
lo strepito di questo lamento.





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