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domenica 3 giugno 2012

Terza Repubblica:… e che festa sia!


Dell'Uomo della strada
2 giugno, Festa della Repubblica, da sempre, si fa per dire, da quell’  appena ci hanno liberati da quel giogo che sta infangando ancora le nostre vite, ma è storia, quindi intoccabile e a futura memoria.
Dicevo…e che festa sia, perchè come questa volta, così tante polemiche non ne erano state fatte e neanche prodotte.
Il recente terremoto in Emilia  ha sconvolto tutti noi che cerchiamo, ora, di portare aiuti e solidarietà
a quei nostri connazionali che, nel giro di pochi secondi, ma ripetuti, si son visti portar via case, industrie, lavoro, ma soprattutto, ahimè!, tanti uomini e donne che non si aspettavano tale evento.
Ha sconvolto, evidentemente, anche le menti di alcuni di noi, ma sono moltissimi, che chiedevano al nostro Presidente di annullare questa festa e dedicare questa data, per una volta, alle povere vittime del terremoto emiliano e a quanto colà succeduto.
Urli, polemiche, vergogne, tirate di giacca a lui, al Presidente, a chi gli era vicino, per convincerlo a rimandare, semmai, al prossimo anno. E poi, dicevano quei molti, quei soldi, per la parata, sarebbero andati direttamente in aiuto a chi in questo momento ne aveva bisogno.
Dalle istituzioni, ovviamente, scudi alzati per tale proposta, non s’ha da fare altro, la Festa deve essere fatta, costi quel che costi, abbiamo degli impegni col mondo che conosce la nostra storia, non possiamo non festeggiare, i soldi sono già stati sparati!
Mi chiedo da sempre e perchè, nel nostro paese, per ricordare una data, ma sono tante e di più, si usi
la parola “festa” e non semplicemente l’altra, ovvero “ricorrenza”, poiché di questo si tratta.
Risposte non ne sono mai arrivate, e non a me ovviamente, per cui si continua a chiamare Festa ciò che ricorda un atto costituzionale prodotto dopo una guerra, prima mondiale, poi fratricida e chi più ne ha più ne metta.
La risposta più facile e documentata sta nell’abitudine italica di far sempre e comunque festa, anche quando si ricordano milioni di morti, quando si ricorda l’olocausto,  quando si ricordano gli eccidi della mafia, anche quando il paese va in frantumi.
Già, fanno festa coloro che sono sopravvissuti, ma  è impropria e priva di rispetto per il prossimo questa abitudine che solo noi coltiviamo.
In Irlanda, mi fa sapere un’amica che risiede e lavora a Dublino, si “fa festa”, si ricorda, solo 9 volte all’anno e tutte di lunedì, non si fa torto a nessuno, si lavora di più e si possono godere tre giorni di fila, in assoluto riposo, se uno vuole.
E allora la Festa della Repubblica s’è fatta, c’è stata la sfilata, tanti soldati, tante donne, tante bandiere, labari, medaglie d’oro e d’argento, ma anche amari sorrisi di non compiacimento, quasi di sottomissione ad una volontà, seppur ufficiale, ma poco gradita.
Non hanno sfilato in cielo la Frecce Tricolori, sarebbero costate ancora di più, s’è risparmiato, così dicono.
 Ci aspettavamo un atto di coraggio da parte del Presidente Napolitano e son sicuro che lui il pensiero lo stava coltivando, ne avrebbe guadagnato in ulteriore stima, per cui noi, ora, continueremo a pensare che quell’alta carica serve solo e soltanto a mettere la firma su leggi ed atti governativi, molti dei quali stanno immiserendo la nostra nazione, ma questo va bene, dicono che serve per salvarci dall’Europa  e dalle sua ganasce politico-amministrative.
Featured image, frecce tricolori, autore Anthony Majanlahti, opera propria, fonte Wikipedia
Da ROSEBUD - giornalismo online

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