Telefonata a papà
Avevo una bella notizia da comunicare a papà. Presi
la cornetta del telefono in mano, composi il numero…poi, d’improvviso, la posai
di scatto sulla forcella. Non potevo più telefonare a mio padre, non potevo
raccontargli le mie novità, né tanto meno confidarmi con lui. Papà non c’era
più ed io non me ne rendevo ancora conto, malgrado lo avessi assistito durante
la sua breve e terribile malattia. Avevo solo 28 anni, ero ancora la tua
bambina.
La stessa cosa capita quando qualcuno m‘impone di non
farmi più sentire e mi dice che lo devo considerare come fosse morto. Non
esisto più per lui o lei. Quando mi si chiede di non indirizzare lettere, email
o comunque di non cercare più un dialogo, è come fossi sperduta , perduta,
stranita.
Comincio una lettera, poi la straccio. Comincio una
email, e poi la cancello. Mentre mio padre mi ha lasciato e certo non lo
desiderava, chi interrompe un’amicizia o un qualunque altro rapporto, fosse
anche solo virtuale, l’ha voluto perché questo era sua volontà. Che importa se
distrugge l’altro? Che importa se l’altro non riesce ad accettare questa sua
decisione? L’altro è nessuno.
Non sono abituata ai distacchi, e non mi abituerò mai
agli addii, sia nella vita che a causa di morte. Lasciano uno strascico di
dolore insopportabile.
Pronto? Papà? Era questo che volevo dirti, mi manchi,
mi mancano gli amici che mi hanno cancellato dalla loro vita, e non riesco a
rassegnarmi a questa evenienza. Lo sai, papà, che se mi affeziono a qualcuno, sono
come l’edera, mi aggrappo alle persone cui voglio bene, e non riesco a
togliermele dalla mente e dal cuore. Dimmi, papà, che posso fare?
Sai papà, ho molti vizi, che ancora non sono riuscita
a togliermi: il vizio di respirare, il vizio di vivere, e il peggiore di
tutti, il vizio di amare incondizionatamente, anche quelli che non meritano il
mio amore, o che non lo hanno saputo accogliere.
La tua bambina Dani
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