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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

venerdì 11 maggio 2012

LA ROMANTICA NOTTE



 In una romantica notte d’estate sentivamo il canto delle stelle lunari
e come due rossi gechi incatenavamo il nostro cuore alle ali degli angeli,
eravamo in un mondo di fragole di rugiada e di orchidee perpetuamente bianche,
eravamo leggeri come quel vento di maggio che ci aveva sfiorato i capelli.

Ritornavamo all’origine della nostra innocenza sicuri di ingannare la voce del tempo,
vedevamo lucciole che si accendevano per noi e avevamo la forza dei puledri del sole
e ridevamo, ridevamo di quelle ombre ridicole che percorrevano la direzione del male,
noi eravamo il sogno che si presenta nelle albe ruggenti quando la primavera sboccia.

Noi eravamo la primavera e le nostre labbra si aprivano come  petali di rosa,
dominavamo le parole e i concetti filosofici, eravamo al di là dei patetici gatti,
pazzi d’amore per le rondini le seguivamo con lo sguardo fino al mare delle carezze
e lì ci adornavamo di foglie di biancospino e consolavamo le volpi argentate.

Noi eravamo il canto eterno della vita che nasceva nel giardino del silenzio,
la soffice neve che ricopre i fili d’erba della morte e i cardi pungenti,
i cavalli verdi dell’anima che galoppano all’infinito per scongiurare il sangue,
noi la musica, noi le arpe, noi e solo noi, perdutamente innamorati della vita.

Noi nella vita, nella nostra vita, sempre inseguita dalla morte, ma forte
come un ramo d’ulivo che sorregge la iena del tempo appesantita dal fango,
noi in un tango ballato alla luna, noi la fortuna, la cruna di un ago di pino,
noi nella vita, nel covo delle formiche, nel nostro giardino, nel nostro silenzio.

Noi il silenzio che non fa sentire la vita, il silenzio che non fa sentire la morte,
il silenzio che ti prende per mano e ti porta in un bosco dove piange una vecchia colomba,
nella penombra di un albero sospeso dai rami cristallo dove si è rifugiato un elefante gallo,
che si lecca le piume bagnate e depone le uova spaccate dentro i nidi dei falchi affamati.

Che si lecca i peccati generati in un secolo astratto ripudiato scontato mai nato,
che si spoglia degli abiti sporchi infilzati nei cespugli sanguigni dei rovi,
che si azzanna, che maledice le vergini rane, che regala collane di amianto,
nel rimpianto di uomini stanchi condannati al lavoro forzato nei campi.

Condannati a subire il passato, il presente, il futuro, la rovinosa caduta di un muro,
le opzioni del nascere in grembo, il presepe spogliato dei Magi, il clonaggio di Dio,
il drenaggio del sangue, gli usignoli in attesa di un arto, il testardo violino scordato,
gli intestini del diavolo giallo, il felice vibrare in un prato di aquiloni bucati dal piombo.

In un romantica notte d’estate sentivamo il canto delle stelle cadenti.

Noi nella vita, nella nostra vita, nel nostro giardino, nel nostro silenzio.

Antonio Rossi




                                                 

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