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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

mercoledì 19 ottobre 2016

CALEMBOUR di Danila Oppio


Calembour 1


Il capitàno a gettare l’àncora tentò
Ma essa di calare in mare si rifiutò.
A volte son cose che càpitano.
Ancora un’altra volta ritentò
così finalmente la nave attraccò
perché l’àncora finalmente ancorò
(E cadde come corpo morto cade.
(ultimo verso di Dante Alighieri)
 da La Divina Commedia Inferno 5-7




Calembour 2

Affétto con molto affètto
Il salame che però non accètta
di essere colpito con l’accétta.
Gli lancio l’ésca e lui
molto offeso mi impone: “èsca!”.
Allora mi darò alla pésca
E per merenda mangerò una pèsca.
Forse il discorso non si colléga
Ma si divertirà il mio collèga
senza fare una piega.
Danila Oppio

calembour ‹kalãbùur› s. m., fr. [etimo incerto]. – Freddura fondata su un gioco di parole, risultante per lo più dalla contrapposizione o dall’accostamento di parole omografe o polisemiche (per es.: «un professore che, anziché fare lezioni di economia, fa economia di lezioni»; «un cretino può scrivere un saggio, ma non viceversa») o dalla sostituzione, in una frase nota, di una parola con altra di suono simile ma di significato molto diverso.

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