Ripropongo questa lirica, perché dalla lettura della stessa, è nato un dialogo tra l'Autore e me. E quanto Roberto Di Pietro mi ha trasmesso a commento, è un'analisi talmente esaustiva, che oserei definirla una parafrasi vera e propria. La poesia potrebbe apparire, alla prima lettura, un tantino ermetica. Le stanze, gli armadi, solai e cantine, altro non rappresentano che l'interiorità dell'uomo, dove si scoprono cose belle e interessanti, ma anche i lati più nascosti. La comune amica Angela Fabbri ha così commentato: "Sì, ma non era un amico. Era un giornalista.". Mi sono trovata ad avere lo stesso pensiero: un amico non sonda nel profondo, e trovando magari macerie, se ne va. Un amico resta.
Questo preambolo è necessario, perché in sintesi è quanto ho riferito a Di Pietro, anche se in modo più esteso. Ho pregato l'autore di permettermi di pubblicare questo suo testo, a commento e spiegazione di come è nata la sottostante lirica. Da Come conchiglie, liriche
Capitolo I
Visions fugitives
Mimoletnosti:
...cose volanti, cose di passaggio,
fuggevoli visioni,interi mondi
dalle tinte perennemente instabili...
(Konstantin D. Balmont - "La saggezza ignoro")
I.
Animae dimidium meae
(Orazio)
Reciprocità
Apro all'amico l'uscio dei pensieri;
gli accordo accesso a polverosi spazi
dove nemmeno i tarli osano entrare.
Spalanco armadi, teche e ripostigli,
solai e cantine, stanze inopinate:
tutto del mio rifugio ho da mostrargli.
"Sta casa tua...se è ingombra di macerie!..."
(Cosi arieggiata è nuda di mistero?)
Di me gli basta. Ha visto. Se ne va.
Condivido i pensieri che ha voluto amichevolmente esprimermi: anch'o, come lei, vorrei tanto che la maggior parte delle incomprensioni (non di rado futili e, perciò, superabili) potessero dissolversi nel nulla, e che gli esseri umani imparassero a convivere con giusta serenità in questa breve esistenza terrena. L'Amicizia autentica e duratura per me ha sempre avuto un valore spiritualmente superiore alla passione amorosa, per sua natura destinata ad affievolirsi, non di rado fino ad estinguersi o a tramutarsi nel suo opposto.
A mie spese nella vita, ho scoperto di essere istintivamente propenso a idealizzare l'amicizia con persone che, a conti fatti, nei miei riguardi nutrivano dei sentimenti ben diversi da quelli che mi sarei immaginato. In qualche modo, per molti aspetti (ma ce ne sono anche altri), la poesia RECIPROCITA' rispecchia la "lezione" piuttosto triste che ne ho ricavato. Ed è sostanzialmente questa: ad un certo punto occorre sapersi togliere coraggiosamente e responsabilmente le bende dagli occhi per poter decidere se un cosiddetto "amico" (uno che, appena può, ci strumentalizza a suo piacimento? Ci sfrutta speculando impunemente sulla nostra sensibilità e puntuale disponibilità nei suoi confronti?) sia alla fin fine meritevole di restare nel novero delle nostre vere Amicizie.
Intendo dire ad esclusione di quelle che, indegnamente, da noi riscuotono preziose energie non solo materiali, ma, ahimè, soprattutto psichiche -- se, come spesso succede, ci ritroviamo ad arrovellarci inutilmente sull'effettiva validità passata, presente e futura di quegli ambigui rapporti affettivi.
Ripeto: viva la pace ed è un peccato mortale che la guerra continui ad esistere -- ma, se per pace deve intendersi un compromesso troppo oneroso con la nostra coscienza, per rispetto di noi stessi conviene sottrarsi coraggiosamente dal moto perpetuo di un'assurda altalena. Mi rendo conto che non è mai facile giungere ad una decisione tanto drastica: il cuore ne sanguina troppo, qualche volta. Eppure? Eppure...o se ne esce a fronte alta, oppure bisogna evitare di piangersi addosso senza venire a capo di nulla.
Credo che questo possa darle un'idea essenziale delle mie posizioni -- quelle raggiunte, contando ancora le numerose cicatrici di cui mi sono caricato durante la mia esistenza. Certo, se anche il veleno può essere un farmaco, così il dolore può rivelarsi un balsamo: diciamo che le ripetute delusioni nella sfera delle amicizie "idealizzate" con eccessiva imprudenza, per me sono state fonte di tanta "sofferta" parola scritta attraverso gli anni: la creatività è sicuramente anche un disperato tentativo di esorcizzare l'amarezza che ci attanaglia.
Mi sia perdonata la verbosità di questo messaggio: avrei voluto accontentare gli idolatri delle sintesi ad ogni costo; poi, con un sorriso divertito, ho lasciato perdere ripensando ad una battuta di Engels nei riguardi dello strafamoso Hegel: "Peccato che, sfrondato delle tesi e delle antitesi, il suo favoloso mondo sintetico rischi di somigliare all'Iperuranio di Platone."
Roberto Di Pietro
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