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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

venerdì 3 maggio 2013

L'ANZIANA SIGNORA


Alcuni fatti accadono non per caso, ma per i fili che il destino ha 
intessuto, trame dagli intrecci misteriosi. 
Qualcuno, o qualcosa, incrocia la strada della tua vita, la percorre per un 
breve tratto con te. Ti chiedi perché, stupisci al pensiero di immagini 
chiare; le distingui cercando di dare un senso a ciò che accade. 
Era un’estate di parecchi anni fa ed ero giovane, anche se molto matura 
per l’età che avevo. 
L’estate era vicina e le idee su come trascorrerla fuoriuscivano 
liberamente nel mio gruppo di amici. Mi ritrovai a farmi i conti in tasca, 
come al solito non avrei potuto fare affidamento sulla mia famiglia, 
sempre sull’orlo della crisi economica. 
Eppure me la cavavo bene e, con tutti i lavori occasionali che svolgevo, 
racimolavo abbastanza per le mie esigenze. Certo non era sufficiente per 
potermi permettere una lunga vacanza, ma almeno una settimana 
spensierata l’avrei potuta trascorrere. 
Il problema era con chi condividere quel periodo sia per le spese che per 
l’avventura. Sì, consideravo i viaggi “un’avventura”, data la capacità di 
arrangiarsi con poco. 
Essendo single, mi chiedevo chi potesse farmi compagnia nei sette 
giorni programmati, quando si fece avanti Wilma. Ragazza appariscente, 
con uno stuolo di corteggiatori, superficiale e avvenente. Tutto il 
contrario di me! Che ero timida, versione “brutto anatroccolo”, un po’ 
sovrappeso, ma... contavo molto sulla mia interiorità. Ero anche 
impegnata politicamente: una piccola contestatrice! Ripensandoci 
potevo risultare antipatica. Avevo sempre da ridire su quasi tutto e la 
polemica, spesso, accompagnava i miei discorsi. Vestivo 
compatibilmente con le scarse disponibilità economiche. In famiglia, ci 
scambiavamo i vestiti tra cugine quando non era mia madre a cucire, in 
fretta e furia, qualcosa più o meno alla moda. 
Dovevamo decidere la meta del nostro viaggio e l’idea ci venne 
sfogliando una rivista: Palinuro. Maristella Angeli
Ci trovammo d’accordo su tutto, così, pur sapendo che non sarebbe 
stato facile dividere la vacanza con una ragazza con cui avevo davvero 
poco da spartire, mi convinsi confortata dal fatto che le spese sarebbero 
state dimezzate. 
Viaggio in treno, classe economica naturalmente, portando solo 
l’essenziale, che era tutto quello che avevo. Partimmo avventurandoci in 
uno scompartimento colmo di ragazzi. Devo ammettere che la 
conversazione fu piacevole. L’unica nota dolente venne dalle continue e 
inopportune interferenze di Wilma che cercava, disperatamente, di 
seguire le discussioni, perdendosi in risposte inadeguate. 
Scendemmo per il cambio previsto e sostammo nella sala d’attesa della 
stazione. Sedemmo su una panchina di legno e osservammo l’ambiente 
circostante. Sporco, sì direi molto sporco! Ragnatele pendevano dalle 
finestre e scarafaggi passeggiavano agli angoli della sala. Fissavo i 
binari. Speravo almeno che il treno arrivasse puntuale. 
Wilma chiacchierava a velocità supersonica. Descriveva i particolari fisici 
dei ragazzi, soffermandosi accuratamente sulle caratteristiche di alcuni 
che avevano lasciato il numero telefonico in un bigliettino inserito nella 
sua borsetta: “Possiamo incontrarci e concludere presto?” 
Trattenni a stento i commenti. 
Un rumore sordo e improvviso mise fine a quel fastidioso cicaleccio. 
Mi alzai di scatto e mi diressi verso una signora, alla quale era mancato 
l’appoggio del bastone scivolatole di mano. Era caduta pesantemente a 
terra. La soccorsi tranquillizzandola, mentre Wilma, che non si era 
neanche alzata dalla panchina, continuava a chiamarmi dicendo di 
lasciar perdere. La donna aveva le ginocchia tumefatte e continuava a 
tendere le mani alla ricerca dei suoi occhiali. 
«Purtroppo sono incrinati signora, mi dispiace, li dovrà ricomprare.» 
«Grazie figliola, sei molto gentile.» 
In quel momento mi venne da guardarmi attorno e mi accorsi delle 
persone che ci passavano accanto, indifferenti. L'anziana signora
Di quell’anziana signora mi colpì subito lo strano vestito, sembrava 
degli anni trenta (chissà da quale baule lo avrà tirato fuori!). «Anna è il 
mio nome. E il tuo?» 
«Federica. Ma si metta seduta che le cerco del ghiaccio da mettere sulle 
ginocchia e un bicchiere d’acqua, così si riprende dallo spavento.» 
C’era il bar lì vicino, quindi mi sbrigai e la rinfrancai, alleviando un po’ il 
dolore causato dalla brutta caduta.


«Certo, dovrebbe farsi vedere da un medico. Sa, a una certa età le ossa 
diventano fragili.» 
Vidi che non c’erano altri lividi oltre a quelli sulle ginocchia. 
Tranquillizzai Anna e sedetti accanto a lei per un po’. Avrà avuto 
ottant’anni, ma mi sembrò indelicato chiederglielo. Come mai non c’era 
nessuno ad accompagnarla? Lasciar viaggiare da sola una signora 
anziana! Ma come si fa?
Incontrai il suo sguardo. Quegli occhi... azzurri, trasparenti. Dentro ci si 
poteva immergere come fossero acque pure. Percepivo che anche lei 
stava leggendo nel mio sguardo, entrando nei miei sogni, nelle mie tante 
speranze. 
Non so spiegare come accadde, ma mi sentii letteralmente avvolta da 
quegli occhi. Mi sembrò di entrare nel passato di quella signora 
incontrata per caso. 
La guardai meglio: era bellissima! La vedevo danzare come una libellula 
ed era felice. Il suo sorriso illuminava la sala. Lui era giovane quanto lei, 
gentile e premuroso. Era il suo fidanzato e la teneva stretta a sé 
diventandone parte. Anna volteggiava indossando un vestito di tulle e 
seta rosa. Era lampante l’amore che brillava nei loro occhi, stupendi in 
quegli sguardi innamorati. 
Altre immagini si sovrapposero. Era come sfogliare pagine illustrate di 
un diario segreto. Mi apparvero scene del matrimonio di Anna con il suo 
amato Adelmo. Il riso sui volti felici e un volo di bianche petunie. Ed 
ecco la nascita del primogenito. Lessi il suo nome, Arturo, sulla culla di 
vimini azzurro, un azzurro che si specchiava negli occhi felici della Maristella Angeli
mamma e in quelli di un padre orgoglioso, che abbracciava entrambi 
come in un sogno. 
Vidi trascorrere alcuni anni, e nacque la seconda figlia. Luisa, bionda, 
minuta, un po’ capricciosa. 
Tornai a guardare quegli occhi chiari e blu che mi fissavano bagnati da 
copiose lacrime. 
Mi accorsi che Wilma era quasi in preda a una crisi di nervi e continuava 
a indicarmi l’arrivo del treno, ma, un attimo dopo, fui di nuovo 
soggiogata da quegli occhi, divenuti ora tristi e resi opachi dal tempo. Il 
dolore che mi trasmetteva Anna era forte, da mozzare il fiato. 
Ricomparve Adelmo. Era allegro e tornava a casa sulla sua bicicletta. I 
suoi figli lo aspettavano al balcone. 
«Papà, papà!» Salutavano con le manine, sporgendosi pericolosamente. 
«State attenti non vi sporgete. Sto arrivando!» 
Sorrideva. 
Un camion in retromarcia, non vedendolo, lo investe in pieno. Adelmo, 
gli occhi aperti, la bocca sorridente, il braccio ancora sollevato 
nell’ultimo saluto. Un lago di sangue. 
Avvertii una morsa che mi strinse il cuore. 
Un’altra immagine, un flash, mi arrivò all’improvviso: Arturo, 
missionario in Africa, morto di lebbra. Luisa, sposata con un conte, 
morto in guerra e lei, disperata, chiusa in una casa di cura per gravi 
problemi mentali. 
Mi riscosse il fischio del treno e tornai di colpo alla realtà. Tornai a 
guardare Anna. Cercai le parole per consolarla da tanto dolore. Lei mi 
guardò, mi sorrise tristemente: «Sono tutti in cielo, angeli che volano 
leggeri.» 
«Sta andando a trovare sua figlia?» 
«Mia figlia è morta da tanto.» 
«Mi dispiace! Posso fare qualcosa per lei?» 
«Certo cara. Sai, le tombe ormai dimenticate, senza fiori, sono così tristi. 
Mi farebbe piacere che qualcuno mettesse dei fiori freschi su quei vasi, 
magari delle petunie bianche.» L'anziana signora
Ero un po’ dubbiosa pensando che, alla sua età, poteva aver detto cose 
sconnesse o addirittura avere dei vuoti di memoria. Ma sentivo che le 
sue parole venivano dal cuore. Sentivo che era un’anima candida, 
sofferente, consolata solo da un forte spirito religioso. 
Anna sembrò leggermi nel pensiero e, sollevato lo sguardo, cercò il mio. 
Frugò quindi nella sua minuscola borsa di velluto nero e ne estrasse un 
foglietto giallognolo, consumato dal tempo. Prese la mia mano e vi 
ripose con cura il piccolo pezzo di carta, mentre con voce dolce mi 
salutava. «Federica, so che tu comprendi. Non sottovalutare mai quello 
che hai dentro. Ti ringrazio per avermi aiutata. Ti ricorderò sempre nelle 
mie preghiere.» 
Un altro fischio del treno in partenza mi riportò al presente. Wilma si 
aggrappò letteralmente al mio braccio trascinandomi via con forza. 
«Ma dico, sei impazzita! Stiamo perdendo la coincidenza e sono più di 
venti minuti che ti chiamo. Sbrigati!» 
Salimmo di corsa sul treno in partenza. Mi affacciai dal finestrino per 
salutare Anna. La cercai a lungo con lo sguardo. Di lei non c’era più 
traccia. 
Sedetti silenziosa ripensando a quanto era appena accaduto. Tenevo in 
mano il foglietto che Anna mi aveva lasciato. Era un piccolo calendario: 
“Sacro Cuore di Gesù confido in Te! Ovunque e sempre proteggimi!” 
Aprii quello strano oggetto e lessi: “Maria aiuto dei Cristiani, prega per 
me”. Sotto si leggeva una scritta... l’inchiostro era un po’ sbiadito: Ad 
Adelmo con immenso amore. In eterno insieme. Firmato Anna Melchiorri 
e i figli Arturo e Luisa. 
Rimasi a osservare quel piccolo calendario per diverso tempo, mentre 
Wilma, evidentemente stufa del mio atteggiamento, si era girata e già 
sorrideva a un ragazzo di passaggio. 
C’era ancora qualcosa in quel calendario che non riuscivo a leggere. 
Chiesi in prestito gli occhiali a un signore seduto accanto a noi. 
Ingrandendo la scritta con la lente riuscii a leggere la data: Palinuro, 12 
agosto 1883! Maristella Angeli
Sobbalzai trattenendomi dall’urlare. Eravamo nel 
millenovecentosettantanove, quindi Anna oggi avrebbe avuto... 
centoquarantasei anni! Accidenti! 
Rimasi in silenzio per tutto il tragitto. Ero in balia di quello sguardo che 
mi aveva letto dentro. Anna? Ma come era possibile? Eppure avevo quel 
calendarietto in mano, prova di quanto era accaduto. 
Giungemmo con mezz’ora di ritardo a Palinuro. Erano le quattro di un 
pomeriggio assolato. Decisa chiamai un taxi. Wilma tutta felice salì in 
fretta. 
«Meno male che ti è venuta questa buona idea! Un taxi ce lo possiamo 
pure permettere, no? Ma ci stiamo allontanando dal mare! Federica, ma 
dove stiamo andando?» 
«Devi scusarmi, ma devo fare un grande favore a una mia cara amica. 
Farò presto, vedrai! Tu se vuoi, resta qui, in macchina, e aspettami.» 
Nel piazzale davanti al cimitero erano in vendita fiori di ogni genere ed 
io andai sicura. Scelsi le petunie bianche. 
Tenendomi stretti quei fiori delicati mi diressi verso l’ala più antica. 
Vedevo le monumentali tombe di famiglia, ognuna ricca di decori. 
Pensavo, mentre cercavo la lapide giusta, che in passato la donna 
prendeva il cognome del marito perdendo il proprio e che, dopo un po’ 
di anni, i resti, ormai consunti, venivano messi nell’ossario. Forse le 
tombe di famiglia, rimanevano inviolate. Chissà? 
Mentre rimuginavo tra me e me, mi colpì una statua funebre con un 
soggetto insolito: un cupido con la sua freccia d’oro univa tra loro due 
cuori, e un angelo, cosa inconsueta, reggeva altri due piccoli cuori. Lessi 
il nome sulla pietra: Adelmo Melchiorri nato il 12 agosto 1803, morto il 
12 agosto 1833. 
A soli trent’anni, ma era il giorno del suo compleanno! 
Lessi gli altri nomi: Anna Melchiorri nata il 20 settembre 1800, morta il 
12 agosto 1879. 
Morta? E io chi ho visto? Rabbrividii, ma allo stesso tempo sentii una 
serenità interiore leggendo i nomi dei due figli e l’epitaffio: L'anziana signora
“Questa famiglia si riunirà in eterno. Il nostro legame d’amore resterà 
indissolubile.” 
Rimasi in silenzio a pregare, inginocchiata sul gradino di marmo rosa. 
Guardai quella tomba dimenticata, con un vaso di terracotta screpolato 
e qualche fiorellino di plastica. Notai una corona di madreperla ai piedi 
della lapide, segno che qualcuno aveva trascorso molto tempo su quei 
gradini. Misi a posto i fiori e pulii accuratamente, spazzando via le foglie 
secche. 
Mi girai salutando Anna, con un cenno della mano. Fu solo 
un’impressione, sembrò sorridermi. 
M’incamminai frettolosamente pensando a Wilma chiusa nel taxi. 
L’immaginai svenuta, colpita da un colpo di calore!
Mi voltai indietro, per un ultimo segno di croce e mi parve, ma forse era 
solo l’immaginazione, di scorgere Adelmo, Anna, Arturo e Luisa. Erano 
teneramente abbracciati e mi salutavano sorridenti. Ricambiai il saluto e 
affrettai il passo verso l’uscita. 
Wilma mi attendeva appoggiata al cancello d’entrata, senza più forza 
per inveire. La presi per mano cercando di rinfrescarla con un fazzoletto 
bagnato. 
«Tu sei pazza, una pazza!» Era fuori di sé. Cercai di calmarla 
spiegandole che avevo fatto una promessa e dovevo assolutamente 
mantenerla. 
Arrivammo finalmente alla pensione, a conduzione famigliare, che 
avevamo prenotato. Una doccia e tutto migliorò. La nostra vacanza 
trascorse tra nuotate e passeggiate. Wilma, come prevedibile, venne 
rimorchiata da un’affascinante signore. Quanto a me... beh, io ero il 
brutto anatroccolo, no? E mi ci volle un bel po’ per trasformarmi in un 
aggraziato cigno. 
Tengo ancora nel mio portafoglio quel piccolo calendario. Ogni sera, 
prego e ringrazio Anna. 
Grazie a lei ho capito quanto forte può essere un legame d’amore. 
Eterno!

MARISTELLA ANGELI

1 commento:

  1. Grazie Gavino, per aver postato qui il mio racconto.
    Un caro saluto

    Maristella

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