« Il
suo bel viso, la fierezza e insieme la grazia del suo portamento, più che un
simbolo, sono una personificazione di quella Sardegna intangibile e indomita
che ho sempre amato. Quando la sua voce calda e potente si alza e riempie lo
spazio, si aprono infiniti orizzonti che scendono nella storia. Dopo aver
conosciuto Maria Carta, ancora una volta affermo che i soli grandi uomini della
Sardegna sono state donne"
(Giuseppe Dessì, presentazione dell'Album Delirio 1974) |
Maria Carta è nata nel Logudoro, a Siligo (Sassari) il 24 giugno
1934, da una famiglia di lavoratori. Ha passato l’infanzia, come ogni bambino
della sua condizione, aiutando nel lavoro la famiglia, ma anche prestando
attenzione vivacissima alle tradizioni della sua gente. Fin da bambina quindi
ha appreso, insieme con le fatiche e la durezza dell’esistenza, la cultura ed i
canti della sua terra, che ha cominciato a produrre nell’ambito della
tradizione più attenta e severa, controllata dai vecchi, depositari di
secolari, se non millenarie melodie.
Maria Carta univa ad un temperamento forte una sensibilità
profonda e delle particolari capacità vocali: doti che hanno fatto di lei un
‘autentica artista. Il passaggio da riproduttrice dei canti tradizionali ad
interprete finissima è stata una tappa obbligata del suo itinerario artistico
che l’ha spinta ad allargare il settore delle ricerche direttamente sul campo,
anche nelle regioni della Sardegna limitrofe a quella in cui è nata e dove ha
passato l’infanzia (Barbagia, Gallura, Campidano), raccogliendo una grande
quantità di canti-alcuni dei quali sarebbero altrimenti andati perduti che sono
entrati a far parte del suo repertorio. È proprio sul metodo di raccolta dei
canti che è stata incaricata di tenere un corso come professore a contatto
presso l’Università di Bologna nell’anno accademico 1990/1991. L’esigenza di
un’elaborazione filologica e musicologica dei materiali apparve imprescindibile
all’artista, che ne ha curato l’approccio metodologico presso il Centro Studi
di Musica popolare dell’accademia di Santa Cecilia in Roma.
In Maria Carta si sintetizzavano quindi due momenti particolari:
il canto di memoria, cioè l’autentica tradizione
antica vissuta in prima persona e l’interpretazione mediata dall’acuta
sensibilità dell’artista che, attraverso una voce profonda, dal timbro di
contralto, prevalentemente drammatica, carica di vibrazioni e di elementi
espressivi era capace di attirare fortemente l’attenzione del pubblico e
trasmettergli le sue emozioni.
Queste due anime presenti insieme in Maria Carta hanno fatto di
lei un elemento eccezionale, capace, pur nel rispetto della tradizione, di
fornire sempre nuove interpretazioni. La sua esigenza non era solo quella di
ridurre, ma ad ogni concerto era quella di ricreare. Ne nacque un patrimonio
culturale nuovo ed antico allo stesso tempo, personalissimo, sottolineato dalle
doti di musicalità tipiche della Carta ed alla sua emozione interna, vissuta,
sofferta, come può derivare solo da un profondo sentire, e da una
partecipazione in prima persona a quanto di volta in volta proponeva, dopo che
i suoni e le parole erano diventati parte integrante di lei. Un altro aspetto
della personalità artistica di Maria Carta è stata la sua attività di poetessa.
Ha
pubblicato il volume “Canto rituale”, Roma, Coines, 1975. Si tratta di una
serie di componimenti su uomini e paesaggi della Sardegna, sulla sua civiltà,
le sue contraddizioni, i suoi traumi, la sua disgregazione, le sue passioni. Il
vigore delle espressioni, l’incisività del linguaggio, il lirismo delle
immagini, la cultura profonda e matura che si nota attorno ad ogni
fatto narrato, l’emozione che viene trasmessa al lettore posto di fronte a cose
viste e misurate con l’occhio, a suoni fatti propri e riprodotti con la
mediazione della sensibilità del poeta, sono le caratteristiche di questo
libro, che raccoglie un centinaio di poesie autonome ma che è
contemporaneamente un poema unitario. Fra Maria Carta cantante e Maria Carta
poeta c’è stata una continuità culturale ed artistica che si è manifestata
nell’esteriorizzarsi della tragicità: le poesie non concedono nulla ai lati
piacevoli della vita, è solo la disperazione – di tempi perduti di società
dissolte di istituzioni e consuetudini sociali superate, di condizioni di vita
inumane, di passioni inappagate, di uomini strappati alla loro terra- che ha
fatto cantare il poeta e ha ispirato alla cantante espressioni artistiche e
interpretative tutte personali che si rinnovano ogni volta e ogni volta erano
dolorosamente patite.
Queste sue
esperienze sono state apprezzate oltre che in Italia (manifestazioni
promosse dal Teatro alla Scala di Milano nel 1991, concerti a Caracalla per il teatro
dell’Opera di Roma nel 1992, anche in tutto il mondo dove ha portato i canti
della sua terra: dal Festival di Avignone (1980) alla cattedrale di St. Patrick
di New York (1987), dalla cattedrale di St. Mary di S. Francisco (1988), da
Philadelfia all’America Latina, alla cattedrale cattolica di amburgo (1989):
dal Giappone all’India all’Australia, dalla Basilica di San Severin
all’Olimpya e al “Thèatre De La Villoe” di Parigi a Lyone ( tre stagioni
teatrali 1986/1988). Ha portato i suoi canti anche nei paesi dell’Est
esibendosi nelle sedi teatrali più prestigiose tra cui al teatro Bolshoj di
Mosca ( 1975).
Ha svolto anche attività cinematografica e teatrale
recitando in “MEDEA” per la regia di Enriquez (1976) ne “Le memorie di Adriano”
(1989/90) per la regia di Maurizio Scaparro e come protagonista nel ruolo di
Santa Teresa d’Avila in “ A piedi nudi verso Dio” (1992) applicando quel rigore
intellettuale che distingueva tutta la sua metodologia di lavoro.
Non
meno importante la sua attività cinematografica che la ha vista protagonista in
grandi riproduzioni tra cui “GESU’ DI NAZARETH” DI Franco Zeffirelli, “IL
PADRINO- II°” di Francis Ford Coppola, accanti a grandi nomi del
cinema, “IL CAMORRISTA”, “DISAMISTADE” di G. Cabiddu, “ CADAVERI ECCELLENTI” Di
Francesco Rosi, “IL PASTORE” di Pietro Nelli, “ IL REIETTO DELLE
ISOLE” girato in India prodotto dalla Rai, e numerosi altri.
Nel
1991 il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga la nomina “Commendatore
della repubblica”.
Negli
ultimi anni della sua vita Maria Carta è stata molto legata all’Università di
Bologna dove ha svolto un ciclo di lezioni e dove ha seguito studenti che
preparavano testi di laurea aventi per oggetto tematiche a lei consuete,
fornendo loro preziose indicazioni che derivano dalla sua esperienza personale,
umana di studio.
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