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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

venerdì 20 aprile 2012

IL COMMISSARIO


Questo paese, non ancora assurto a comune indipendente, era famoso
per il non indifferente numero di commissari prefettizi che vi si
erano alternati, soprattutto per la tutela dell’ordine e delle leggi. Voleva
a tutti i costi diventare autonomo ma, almeno per ora, era impossibile,
perché gli abitanti non erano tanto numerosi, da poter
formare un comune a sé. E così si doveva rassegnare a star sotto le
stravaganze e le buffonate di quei commissari che arrivavano. Nel
giro di due anni se ne erano alternati quattro e questo che stava per
arrivare era il quinto, si chiamava Ruggero C. ed era continentale,
anche se quelli non lo sapevano. Aspettavano il nuovo ”comandante”
con impazienza e ogni sera si poteva vedere un gruppo di curiosi
sostare all’imbocco della strada nazionale, in attesa della sua venuta.
Intanto coloro che nel paese credevano di essere i più importanti, si
davano convegno, vuoi in casa dell’uno, vuoi in casa dell’altro, per
discutere gli annosi problemi che dovevano sottoporre all’attenzione
del nuovo commissario. Dopo tanti interventi e relazioni, i problemi
risultarono sempre gli stessi: impianto per la luce elettrica, distribuzione
di questa alle case, sistemazione del piccolo acquedotto, i cui
lavori erano incominciati e mai finiti, installazione di un telefono
pubblico e un ufficio postale. Insomma a quei poveracci mancava
tutto il necessario per una vita che si potesse a mala pena chiamare
decente.


Sono le 16.30 di un tranquillo pomeriggio di primavera.
Circondata da un alone di polvere, sta per fare ingresso nel paese, la
macchina del signor Ruggero C., accompagnato da due signori. Una
piccola folla di paesani plaude sorridente al nuovo arrivato. Alcuni
sono vestiti a festa, con la camicia bianca e le scarpine nuove. Le
donne portano i bambini in braccio e i vecchi fumano la pipa,
interessati e distratti allo stesso tempo. La macchina si ferma e il
commissario si appresta a scendere tra due file di ”simpatiche
persone”, come egli stesso le definì, più tardi. Ben presto, però, si
sparse un senso di malcontento, vallo a capire! Tutti avevano letto la
targa di quella macchina e tutti non ne avevano capito niente. C’era
una erre e una ci, accompagnati da un numero grande e i paesani
non avevano capito un’acca di quei segni. Allora un gruppo di essi si
recò da Rais, un vecchietto che, si diceva, ne sapesse una più del
diavolo. Quando ebbe ascoltato i suoi amici, quello scoppiò in una
risata, esclamando:
- Erre-ci significa Reggio Calabria! -
- Reggio Calabria? e cos’é? - domandarono stupiti.
- Eh! E’ una bella città della Calabria, che é una regione del
continente. -
- Di dove? .. Del continente? - disse uno, aggrottando le ciglia.
- Cosa? - esclamarono gli altri.
Dunque già non potevano sopportare il signor C., perché era
continentale.
Ma dopo quel giorno, si misero l’animo in pace, pensando che
questo sarebbe stato certamente più abile dei suoi predecessori. Il
primo contatto con il pubblico, il nuovo commissario, lo ebbe la
prima domenica, nella piazzetta del paese, dove egli parlò dei suoi
progetti, dicendo che vi era venuto molto volentieri. Si era
dimostrato affabile e gentile, specialmente coi bambini, che aveva
persino preso dalle braccia materne. In quell’occasione si era
accattivata la simpatia e la benevolenza del popolo che ora lo
difendeva a spada tratta. Di tanto in tanto, una delegazione di
cittadini importanti presentava le istanze dovute e lui li rassicurava e
rispondeva sempre in tono bonario.
- State tranquilli, amici, sono qua per questo! Per soddisfare i
desideri che poi non sono desideri, ma diritti i vostri. Lasciate che io
mi ambienti e conosca bene i vostri problemi. E vedrete.... entro un
mese voi avrete la luce, l’ufficio postale e il telefono pubblico. -
Finiva di parlare col sorriso tra le labbra, il che infondeva nello
animo dei suoi ascoltatori una certa fiducia e simpatia. Dopo due
settimane, ricevuto l’ordine dagli organi provinciali, aveva già dato
inizio ai lavori dell’ acquedotto. Tutti erano o sembravano contenti e
soddisfatti. Seguivano con interesse questo nuovo commissario, che
si dimostrava paterno e cordiale, anche con gli operai. Donne e
bambini, alla sera, si recavano nelle vicinanze dell’acquedotto e
ammiravano l’opera dei loro congiunti. Le condutture aumentavano,
arrivavano le tubature e il materiale necessario per quell’impresa che
al paese avrebbe arrecato non pochi vantaggi. Ma, disgrazia
indesiderata, in quei giorni prese a cadere una pioggia persistente,
che guastò le fossature, inondandole e frustando i lavori che tanta
fatica avevano richiesto. In paese rimasero delusi, compreso il signor
C., che cercava di tranquillizzare quella gente.
- Non vi preoccupate, che diamine!, non vi preoccupate che
adesso viene l’estate e tutto sarà portato a termine, nel più breve
tempo possibile. -
Venne l’estate con un caldo che non si era mai sentito così
pesante. Il signor C. si recò in città per ottenere alcune deliberazioni.
Fu salutato dai suoi ormai affezionati paesani e si allontanò con quei
due stessi signori coi quali era arrivato. Passarono due, tre, quattro,
cinque giorni, una settimana.
Il signor Ruggero C. non faceva ritorno.
Cosa era successo?
In paese si era in apprensione. Temevano qualche disgrazia per la
strada o per la campagna. E poiché gli volevano bene, decisero di
inviare due giovani a cavallo, per cercarlo. Questi arrivarono fino
alla città e al comune chiesero del signor C. Il segretario comunale in
persona comunicò che il commissario era partito in continente per le
ferie. I paesani, quando lo seppero, provarono grande delusione e a
molti di loro venne di imprecare con ira, quasi con nuovo odio,
perché pensavano che anche questo se ne sarebbe fregato, dei loro
problemi. Passò l’intera estate senza che nessuno si occupasse del
piccolo paese. Per di più avevano saputo che il signor C. aveva dato
le dimissioni, con questo aumentando la sfiducia di quella gente
nelle istituzioni. Tra i più anziani si parlava di formare un comitato
di protesta, che si fosse recato in città e avesse esposto, in termini
molto energici, tutto quanto era per loro un diritto sacrosanto. Non
vi riuscirono, perché vi furono opposizioni e accese discussioni che
terminarono in sanguinosi tafferugli.
Dopo quattro mesi e venti giorni esatti, (li aveva contati Rais),
arrivò dalla strada principale, una macchina con quattro persone a
bordo. Ne scesero il signor C., un altro signore, grasso e baffuto, e
due agenti di P.S.
- Beh! E cosa vogliono quelli lì? Ci devono ancora prendere in
giro? -
- Uhm!... Che gente disgraziata! .. - si mormorava.
Tra il generale silenzio e gli sguardi biechi e minacciosi dei
presenti, i quattro si diressero verso la casa dove avevano abitato i
precedenti commissari. Si, era arrivato un nuovo funzionario e il
signor Ruggero era venuto per le consegne. Ma nessuno voleva
saperne, non ci avrebbero più creduto.
- Sono impostori e tiraballe! -
E l’indomani, ai grigi albori autunnali, il signor Ruggero C.
quinto commissario di chi sa che cosa, fu trovato bocconi,
sanguinante, vicino alla porta di casa.
Gavino Puggioni
Inedita

Sassari 26 giugno 1959
a casa di babbo

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