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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

mercoledì 18 aprile 2012

TRILOGIA DELL'ESSERE


Tre grandi personaggi, principi dell'Universo, si incontrarono
in una stanza, che non era una stanza,
in una camera grande che non era una camera grande,
in un grande salone che non era un grande salone.
Si incontrarono in un grande quadrato,
in un grande rettangolo,
in un grande trapezio
ma tutta questa geometria non aveva angoli,
non aveva colonne, non aveva lati e neppure misure.

Aveva l'aria dell'aldilà o, se preferite, l'aria dell'aldiquà.
Il punto d'incontro era l'aria, quella che si respira,
quella che fa dilatare i polmoni oppure
quella che ti fa starnutire.
C'era l'aria dentro questo enorme campo di calcio
dove non c'era né erba né giocatori
né bandierine né spettatori a bocca aperta.
Non c'era nulla, nemmeno polvere e voli incrociati
di gabbiani, quantunque il mare fosse vicino.

C'era soltanto l'assenza e, se vogliamo, anche l'essenza
di qualcosa che che mi accingo a chiamare “della vita”.

Si sentì che qualcuno bussava, ma come? E dove bussava?
E sì che qualcuno bussava, proprio nella parete del silenzio
e la faceva anche traballare.
Voleva entrare! Ma dove? E perché?
Era già entrato.
Sembrava volesse accomodarsi,
ma poltrone, sedie o scranni
non ce ne erano.
Si presentò.

Sono il Pensiero, il signore del Pensiero. -
Ma che bello! E come mai é venuto a trovarmi,
proprio ora che stavo riposando? -
Giusto per farti pensare, per allertare la tua mente, per aiutarla,
per tenerle compagnia, per allenarla, per scuoterla,
per spingerla, per illuminarla! Ma non ti voglio confondere! -
Meno male – dissi io – che già stavo andando in confusione.

Il signor Pensiero, nella sua presentazione, pareva avesse fretta,
una fretta di comunicare che io non capivo, pur sapendo
che il pensiero é veloce, é velocissimo, che si sposta da una parte all'altra
del cervello calpestando altri pensieri che non si lamentano e s'ammucchiano
nel loro angolino, in attesa di essere sbattuti fuori, magari con eleganza.
Mi guardò, il signor Pensiero, e pareva avesse voglia anche
di intrufolarsi nei miei pensieri, ma io non glielo permisi.
Glielo dissi quasi con prepotenza, ma lui mi fece capire che era
già dentro di me, che sapeva quello che gli volevo dire ma che non dicevo;
che, addirittura, voleva e poteva accarezzare i miei pensieri,
poiché molti di questi gli erano sembrati belli, positivi e propositivi.



Cominciai davvero a non capirlo e, visto che lui insisteva e mi faceva dei segni,
lo ascoltai.

Io sono nato assieme alla vita. Siamo coetanei, ma non siamo
né fratelli, né parenti. Attraverso la vista, mi sono arricchito
ed ho fatto mio tutto ciò che mi circondava. Ho goduto e sto godendo
di questa mia attività conoscitiva e non sono mai stanco.
Penso sempre e penetro educatamente nei pensieri altrui, a volte
divertendomi, altre adombrandomi, perché quando vedo ombre o
lati oscuri, in certi individui, mi preoccupo e non so come cancellarli.
Ci vorrebbe subito una bella dose di empatia per colpirli, ma il più
delle volte questi individui sono troppo lontani ed io mi rattristo.
Gioisco, invece, quando sono coi bambini, con la loro innocenza,
con la loro allegria e spensieratezza. In quei momenti ci abbracciamo
e ci rincorriamo come in un gioco fantastico tra mille e
una meraviglia e tutto ciò illumina le menti adulte
e le pulisce di ogni malvagità.
Malvagità che hanno aggredito e stanno aggredendo, invece,
l'umanità intera senza l'azione del Pensiero, ormai sopraffatto
da ingiustizie, da guerre, da super-religioni che hanno trasformato
e tralasciato tutte le loro antichissime e civili regole di convivenza
per seguirne altre, lastricate di morte e di inutili morti.
Mentre lui così pensava, io, quasi sognante, lo seguivo e in lui mi immedesimavo.
Il mio pensiero era il suo, il suo era il mio, si sfioravano, si mischiavano e
continuavano, ora, a comprendersi, senza cedere ad altre visioni, che pure potevano affacciarsi. In quel campo così grande, così solo, le finestre rimanevano chiuse e nessun vento sarebbe riuscito a spalancarle.

Ma cosa stai pensando? - si rivolse a me il signor Pensiero – Ricordati che qui c'è
solo aria e finestre non ce ne sono. Siamo in assoluta libertà!

Rimasi allibito mentre lui continuava.

Bisogna pensare, é necessario pensare prima di affrontare un qualsiasi evento,
positivo o negativo. Il mio essere, anche se astratto, trascende da qualsivoglia
volontà umana e può diventare tutto.
Primo, il pensiero dell'amore, poi il pensiero del rispetto e dell'uomo e della donna,
ma soprattutto dei bambini, che sono quelli che lo tramandano, crescendo,
di generazione in generazione. Il pensiero, così, diventa adulto, carico
di esperienze e di ricordi che non saranno facili da cancellare.
Pensare profondamente e agire di conseguenza può e deve essere
l'azione migliore per far emergere la nostra personalità, arricchendola
di beni immateriali che pochi posseggono.
Come dicevo poco fa, il pensiero non si stanca mai, é sempre attivo,
pronto a percorrere eventuali diverse strade o ad aprirne di nuove, se necessario.
Improvviso si sentì un boato, il cui effetto, però,non durò a lungo, come se si fosse fermato dolcemente, appoggiato ad una parete di enormi cuscini, afflosciandosi.

-Chi é? - urlai.
Sono la Parola, la signora della Parola! -
Mi voltai e vidi davvero una bella signora, dalle sembianza leggiadre e gentili, come
il suo abito che nulla nascondeva del suo corpo. Era bellissima!

Quella é mia figlia – intervenne il signor Pensiero – guarda com'é bella ed attraente! -
Vedo, vedo! - feci io – ancora preso da cotanta bellezza.
E' bella e attraente – continuò Pensiero – ma a volte, anche troppe volte, questa mia
figlia da in escandescenze e si fa prendere da momenti di panico che la trasformano
in una parolaia, una che dice cose insensate, a vanvera, sporche e irripetibili.
Ed io mi rabbuio e mi pento di avergliele trasmesse! -
Naturale conseguenza di quello che vedi o che senti – intervenne la Parola -
Come fai a non proferir verbo, diceva qualcuno che ora non ricordo, quando tutto l'umano che ti circonda ti aggredisce e ti strapazza nel corpo e nella mente e tu non hai altre armi per difenderti se non la parola?
Questo suono magnifico che si sprigiona dal nostro movimento labiale é dentro di noi, attira attenzioni, consensi o dissensi, attiva conoscenza e intelligenza, oppure e purtroppo, anche tutto il contrario.
Normalmente la Parola é sublime, esprime dolcezze ed affetti, ti sa trasportare, decantandoli, in paesi o luoghi mai visti e conosciuti; ti aiuta, pregando, a sopportare tanti dolori. Alla fine si può trasformare in poesia, come facevano gli antichi aedi greci.
La Parola ti porta anche amarezze, oblio, odio e disordine mentale, ma ciò avviene quando si fa prendere dalla malattia della maldicenza che fa nascere semi avvelenati e li cosparge
per tutto il mondo.
Ma di me, della Parola, hanno bisogno tutti, perché io trasmetto voci, suoni che ognuno,
dopo, dovrà interpretare per proprio conto.
Errori ne commetto anch'io, ma a quelli c'è sempre un rimedio, basta volerlo! -

Avevo assistito già a due monologhi, brevemente interrotti, e già mi stavo abituando allo ascolto pacato e sereno di queste entità che mi stavano avvolgendo in una nube leggera e trasparente, dentro la quale io vedevo sempre quel campo, che non era più un campo; era diventato entità anche quello, pieno di nulla, ma si poteva scorgere, a tratti, anche l'infinito
dove c'èra il tutto.
Era bello, perché quei due signori mi ci avevano trasportato senza che io me ne fossi accorto e mi sentivo leggero e accarezzato da sensazioni musicali giammai avvertite.

Sulla terra, sul pavimento o, se volete, sulle pietre di quell'enorme campo, che non era più un campo, vidi avanzare e strisciare una lunga corda, simile ad un serpente, fatta di incroci insoliti e sovrapposizioni, tanto da confondermi ancora di più.
Girai lo sguardo verso i miei interlocutori di prima e m'avvidi che loro sapevano già.

Vedi? - disse il signor Pensiero – sta arrivando l'ultimo componente della nostra famiglia,
in tempo per mettere un sigillo importante a tutto ciò che andiamo pensando e di cui andiamo parlando. Quella é la signora Scrittura. E' molto vecchia, anzi é vecchissima,
antichissima com'è. Ne porta i segni dappertutto, dalla cima dei capelli fino all'ultimo
pezzo di pelle del piede. Si vedono pure cicatrici profonde che sono il segno del passaggio,
dell'abbandono e del trapasso da un modo di scrivere ad un altro. -
Hai ragione Pensiero, mio degno antenato. Ho resistito a tutte le trasformazioni che interi
popoli mi hanno voluto imporre, ma io non ne ho sofferto, perché sapevo che, col mio sacrificio, avrei educato altre e tantissime generazioni di menti umane, fino ai giorni nostri.
Nessuno mai mi ha ripudiata! Cancellata sì, ma per sovrappormi altri segni e modi di scrivere, dall'ideogramma cinese al geroglifico egiziano, fino alla scrittura greca e latina.
Non sono mai morta, nemmeno sopravvissuta.
Oggi io appartengo a tutti e tutti mi comprendono, in qualsiasi modo venga usata.
Pensate che addirittura mi abbreviano, troncando consonanti o vocali e la gente, soprattutto giovani, capisce, dialoga e va avanti. Certo non é il massimo per me, Scrittura,
che invece vuole approfondire , vedendo segni compiuti e grafie uniformi, dalle quali può venir fuori anche personalità e predisposizione.
Ma non dispero. So che molti ancora scrivono e alla scrittura si dedicano, dai giornalisti
agli scrittori, dai poeti agli autori di grandi enciclopedie che raccolgono l'intellighenzia umana e la distribuiscono per l'universo.
Al contrario del Pensiero, io posso stancarmi, sia manualmente che meccanicamente.
Ma posso riposarmi e riprendere quando lo stesso Pensiero e la Parola mi sollecitano per
documentare, per evidenziare col segno ciò che é astratto. -

Mentre quei tre signori quasi si divertivano a descrivere le proprie entità, dentro le quali
mi ero adagiato, come in un grande sofà, io pensavo, isolato, nell'aria e privo della stessa aria, in un incantesimo che aveva tutti i requisiti per non esserlo.
Dissi a voce alta: grazie, vi ringrazio per avermi invitato a questo vostro incontro. Sono
lusingato e correrò subito a documentarlo, modestamente, come di solito faccio.
Mi voltai a destra, poi a sinistra, guardai ai bordi di quel campo. Ero solo, tremendamente solo e non percepivo alcuna presenza, alcun movimento. Con gli occhi scrutavo, inutilmente, perché il lontano era uguale al vicino, senza colori, senza aria, senza segni.
Vedevo trasparenze e mi sembrava di sentire, lontana, una musica.
Era l'infinito che si ricreava e mi abbracciava. Solo.

Gavino Puggioni Inedita

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