Opera marmorea attribuita a Tullio Lombardo, scolpita nel 1525, il monumento funebre di Guidarello Guidarelli è da sempre oggetto di grande ammirazione, soprattutto per la patetica bellezza del volto: maschera di morente dal modellato levigatissimo, sul quale la luce e l'ombra giocano con raffinato effetto schiaro-scurale.
La lastra tombale dell'uomo d'armi ravennate, era collocata un tempo all'interno della Basilica di San Francesco a Ravenna, nella cappella di San Liberio. E' stata poi collocata presso la Accademia di Belle Arti, inaugurata nel 1829, ed oggi si trova presso il Museo d'Arte di Ravenna (M.A.R.) dove continua ad esercitare il suo fascino sui visitatori (e soprattutto visitatrici) di tutto il mondo.
Anche Gabriele d'Annunzio, in visita a Ravenna, fu affascinato da Guidarello, che cosa canta in un sonetto del 1903: "A Ravenna, Guidarello Guidarelli / dorme supino con le mani conserte / su la spada sua grande. Al volto inerte / ferro morte dolor furon suggelli.
Dice una leggenda popolare che le donne nubili che baceranno Guidarello potranno sposarsi entro l'anno, e nel tempo sono state milioni le labbra che si sono posate sul bel volto di marmo, fino a deturparne la levigatezza.
Per questo, dopo un radicale restauro, la statua è ora protetta da una lastra di vetro.
Guidarello Guidarelli, di cui non si conosce con certezza l'anno di nascita, apparteneva ad una famiglia fiorentina trasferitasi a Ravenna agli inizi del XV secolo.
Uomo d'armi, creato cavaliere nel 1468 da Federico III Imperatore del Sacro Romano Impero, fu tra i condottieri radunati ad Imola da Cesare Borgia nel 1500, in preparazione dell'impresa di Faenza.
E ad Imola fu ucciso a tradimento nel 1501, per una banale disputa sorta per la mancata restituzione di una camicia, riccamente ornata d'oro, che aveva prestata a certo Virgilio Romano, suo omicida.
Per sua espressa volontà la salma fu tumulata nella Basilica di S. Francesco in Ravenna.
Da una cronaca cesenate del tempo:
Miser Guidarello da Ravenna soldato dignissimo del Duca, abiendo imprestato una sua camisa a la spagnola belissima de lavori d'oro a Virgilio Romano a Imola per farsi mascara e non je la volendo rendre e cruzatosi con lui, el ditto Virgilio lo tajò a pezi e amazollo; el Duca fatollo pjare li fé tajare la testa.
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