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domenica 1 aprile 2012

IN MORTE DEL PROF. LILLIU: UN PERSONALISSIMO RICORDO


di Gavino Puggioni.
 Era il 1958, di novembre, forse di dicembre, non ricordo bene, e la Provincia di Sassari aveva bandito un concorso per la formazione di nuove guide turistiche, in Sardegna, allora si chiamavano così.
Ero ragazzo ovviamente e anche in cerca di lavoro.
Mi iscrissi subito e notai che in quell’elenco, alla fine, risultavo il più giovane, mentre gli altri erano tutti insegnanti di scuole, dalle elementari alle medie, divenuti poi tutti amici e compagni di ventura.
Il corso, della durata di nove mesi circa, si sarebbe tenuto nell’Aula Eleonora d’Arborea dell’Università di Sassari e gli insegnanti erano:
il professor Ercole Contu, dirigente della Soprintendenza Archeologica, amante sempre e tutt’ora della sua isola
il professor Carlino Sole, esperto e conoscitore fine di quella Sardegna sconosciuta ai più, cinquant’anni fa
il professor Mariolino Manca, docente di lingua inglese, preparatissimo nella sua materia ed amico da una vita.
Quasi toccavo il cielo con un dito, avevo speranze, e chi non le aveva a quell’età?, ci chiesero, mi sembra, una piccola quota, per quello che, per me, sarebbe potuta essere un’avventura, ma positiva.
Ero, come lo sono, innamorato della mia Isola, della sua storia, dei suoi abitanti, tranne di quei pochi-tanti che l’han tradita e spero se ne sian pentiti.
Quel corso inniziò sotto buoni auspici, ne parlò anche il nostro quotidiano, come iniziativa degna di esser portata a compimento.
Durante quei mesi di lezione vennero organizzate diverse gite ad hoc, di istruzione e visione, come lezioni e visite dei luoghi o siti nuragici e archeologici di cui la Sardegna è madre e custode, anche per i suoi figli a venire.
Una sola volta, forse perchè ospite della nostra Università o per qualche altro convegno, venne a trovarci il professor Giovanni Lilliu durante l’ora di una di quelle lezioni.
Tutti in piedi, eravamo quindici-sedici partecipanti, da buoni scolari educati, invitati subito al “riposo”, tipo militare, e all’ascolto di qualche frase di circostanza.
Era di fronte a noi, il suo aspetto altero, quasi burbero, sguardo profondo, poche parole dalle quali e con le quali si capiva la sua passione, la sua preparazione, il suo amore, lo studio di quella sua creatura, venuta alla luce lì, a casa sua, Barumini e il suo villaggio nuragico, ora patrimonio Unesco dell’Umanità.
Il professore si intrattenne a parlare un po’ con i suoi colleghi, Contu e Sole, mentre noi ascoltavamo, come fosse una lezione.
Villaggio di Barumini, ordine di pietre millenarie che parlano ancora a me, a noi, a tutti coloro che l’han visto, il suo figlio prediletto, portato in giro per il mondo intero, ammirato, scoperto e decantato grazie a lui, a quel novantasettenne che ora non è più.
Andammo, poi, a visitare quella “sua casa”, dove lui aveva scavato a piene mani (sic!), sentendo, di quella terra, di quelle pietre, le parole, la vetustà, il calore che ancora emanavano, finanche i sapori, per poi trasmetterli a noi, a tutti quelli che si nutrono di storia vera, di conoscenza, di antichissima attualità, che vanno ed andranno sempre a completare quel bagaglio di vita assolutamente necessario.
Ora il Professore non è più, dicevo, è oltre la staccionata della vita, mentre i sentieri da lui tracciati sono rimasti e rimarranno come “autostrade” dove ognuno di noi passerà, nel rispetto perenne di quei suoi segnali.
Nella fotografia Michelangelo Pira e Giovanni Lilliu, fonte Wikipedia.
QUESTO ARTICOLO E' STATO SCRITTO PER ROSEBUD E PUBBLICATO SULLO STESSO GIORNALE ONLINE

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