Tra le falesie delle umane
speranze
È poesia aspra e dolce, ombrosa e dai colori abbaglianti, sconfortata e
speranzosa quella che s’aggira tra le falesie dell’anima di cui scrive Gavino
Puggioni nel suo più recente lavoro.
Poesia peregrina che affonda le
proprie orme in vallate di silenzio e d’ombre, prati ammutoliti, sentieri di
bimbi abbandonati, deserti affollati d’indifferenza e di tutte le miserie umane
sotto cieli vuoti nei quali volano alla deriva brandelli di civiltà, la nostra,
“che vuol sembrare… ma non è”, mentre lo scorrere imperturbabile del
tempo segna nel profondo il nostro vivere d’ogni giorno.
Ed è proprio in questo fluttuare,
di tempo, di spazi, di emozioni, che s’alza la voce del poeta, facendosi urlo
acuto e straziato che punta il dito contro le brutture e le vergogne del mondo
fino a mutarsi in carezza che scivola, delicata e a tratti malinconica, lungo i
luoghi dell’infanzia e i paesaggi ventosi e assolati di una terra natìa tanto
amata, dove attecchiscono radici profonde che non si possono né si vogliono
dimenticare. “Argentiera in gennaio” è soltanto una delle varie liriche
che dipingono a parole quadri meravigliosi che, in virtù di quella magia
sorprendente che la buona scrittura sa compiere, si svelano agli occhi di chi
legge; e allora ci si abbandona volentieri all’onda, come una di quelle piccole
barche in cerca della rotta, seguendo pigramente ali di gabbiani in volo e,
magari, ci si lascia pure scivolare dalle ripide scogliere scolpite
sapientemente dal vento e dal mare ché il rischio è solo quello di tuffarsi
nelle profondità insondabili dell’anima. Un modo certo più straordinario di
tanti altri per intraprendere un lungo viaggio alla volta di quelle “umane
emozioni” che il sottotitolo dell’opera prefigge come meta.
Già, perché lo scrivere di Gavino
significa senza dubbio un incessante viaggiare:
“ho costruito strade di pensieri / ed in queste mi sono
perduto / non c’erano segnali / né luci né ombre / c’ero solo io”
Ma la sua poesia, per
quanto vagare solitario, è un discorrere di sé che non dimentica gli altri,
siano essi gli affetti del proprio quotidiano o i volti sconosciuti delle
periferie più estreme di quella metropoli ormai abnorme chiamata mondo.
Tale attenzione e
partecipazione alle altrui sofferenze non possono che essere considerate un
pregio nella scrittura: la penna, non dimentichiamo, conserva sempre
potenzialità di arma dalla lama affilatissima e chi la impugna sa di non
potersi esimere, nel suo piccolo, dal farsi carico dei mali del proprio tempo,
così come dei drammi della Storia, presupposto indispensabile per guardare al
futuro con speranza che non sia soltanto vacua. Un engagement che si
tiene quindi lontano da ideologie e astrusità di parte, ma che dà voce a chi
non ce l’ha e chissà se potrà mai averla.
Nei versi dell’autore, tra le sconfinate e inermi masse
di diseredati, un posto del tutto particolare occupano i bambini, a partire non
a caso da quel bambino con la chiave che vagabonda da un posto all’altro e
parla a nome di tutti i figli di ogni angolo di mondo, di ieri, di oggi e degli
anni che verranno, di quelli che noi stessi siamo stati una volta e di cui non
dobbiamo perdere memoria, nemmeno quando si fa sera.
Una silloge, questa di Gavino Puggioni, che merita di
essere conosciuta, letta, riletta e apprezzata per la musica delle sue parole,
per il profondo senso di umanità in esse contenuto e per il messaggio di
speranza, non meno profondo, che infine ci regala.
Laura Vargiu
Ho letto diverse recensioni di questa ultima fatica poetica di Gavino, ma credo senza timore di essere smentita, che questa di Laura abbia centrato in pieno il pensiero del poeta, si è occupata della lettura non soltanto esteriore, ma soprattutto interiore, di quei sentimenti che hanno mosso l'anima di Puggioni, mettendoli in piena luce.
RispondiEliminaUn ringraziamento a Laura da parte mia, poiché ho seguito passo passo le vicissitudini di questa nuova impresa de "Le Falesie dell'anima", e ritengo che questa riflessione sia un dono meraviglioso per il poeta.
Ciao Danila e grazie mille!
RispondiEliminaLe poesie de "Nelle falesie dell'anima" sono una più bella dell'altra e meritano tanti riscontri positivi: speriamo che in molti le leggano!
Laura
Ciao Laura, spero che la silloge di Puggioni venga letta davvero da tanti, e questo non solo per dar soddisfazione all'autore ma perché sono persuasa che le poesie ivi contenute siano colme di grande umanità, una ricchezza per chi legge!
RispondiEliminaDanila