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venerdì 22 febbraio 2013

MILANO, LE CENE E L'AMORE


Milano, le cene e l'amore. Quel Provinciale 
che parlava poco e sapeva essere generoso

Arrivò al «Giorno» vestito come uno di Cuneo... E qualcuno gli suggerì: «Per conoscere la città vai in casa Cederna»
di  GIULIA BORGESE 
Io me lo ricordo, il mio vecchio e carissimo amico, Giorgio Bocca, anzi «il Bocca» come era familiarmente chiamato, fin da quando arrivò a Milano, al Giorno di Italo Pietra: era un ragazzo chiaramente e dichiaratamente provinciale (e infatti sarà proprioIl provinciale forse il più bello dei suoi tanti libri) vestito come uno di Cuneo, la sua città, con maglioni lavorati a disegni di fiocchi di neve.

(TamTam)
Lui stesso ricordava che arrivato a Milano non conosceva nessuno, ma qualcuno al giornale gli aveva suggerito: «Per conoscere la città vai subito in casa Cederna». E lui così aveva fatto, e lì da mia zia Camilla e mia nonna Ersilia lo incontravo spesso. Aveva fatto una intera pagina sul Giorno – mi pare una pagina a colori, che allora sui quotidiani era una rarità - intervistando un gruppo di miei amici, giovani della borghesia che si affacciavano appena al mondo del lavoro: chi era avvocato, chi industriale, chi designer, chi pubblicitario… E tutti poi sono diventati suoi amici. Lui allora aveva casa in via Pascoli e possedeva un magico libro di cucina, «Il cuoco piemontese», settecentesco e un po’ unto e consunto: di lì si ispirava per certe sue cene indimenticabili. Per esempio telefonava alle sei del pomeriggio e diceva, col suo bell’accento piemontese che non aveva mai perduto: «Ho finito l’articolo e adesso faccio il manzo al cucchiaio, venite alle nove»                
Il buon mangiare e il buon vino facevano parte integrante della sua vita, per esempio una delle ultime volte che ho pranzato a casa sua nella via privata Giovannino De Grassi, tra via San Vittore e corso Magenta, mi aveva attirato con la promessa di assaggiare un forma del famoso formaggio Castelmagno che gli avevano appena regalato. Aveva sposato nel 1972 o ’73 una mia amica della Valtellina, Silvia Giacomoni. Anzi ero proprio stata io a presentarli, tutti e due da poco abbandonati dai loro rispettivi coniugi, tutti e due un po’ tristi e soli. Incredibile, in un attimo il carattere valtellinese di lei e quello piemontese di lui si sono accordati, e loro si sono proprio innamorati, di un amore che è durato fino ad oggi. Giorgio aveva una figlia, Nicoletta, la Silvia due bambini Guido e Davide: in breve hanno messo su casa insieme, in via Bagutta, dando vita a una grande e nuova famiglia. In vacanza andavano tutti nella bella casa in Val d’Aosta oppure sulla barca a vela che tenevano a Lerici, con Davide che era diventato subito un bravissimo skipper.
(ItalyPhotoPress)
Parlava poco, il Bocca, aveva conservato quella sua simpatica ruvidezza montanara –o partigiana- ma sotto le camicie a quadri che gli regalava il Tai Missoni, batteva un cuore –come si usa dire- davvero generoso: spesso sapeva addirittura essere dolce se un amico era un po’ depresso e aveva bisogno di speciale affetto. E di amici ne aveva molti. Adesso sta per uscire il suo ultimo libro e –mi dice Carlo Feltrinelli, il suo editore- è almeno riuscito e vederlo finito, a prenderlo in mano, a guardarselo bene. Ma che dire? Il Bocca è una persona indimenticabile .
26 dicembre 2011 


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