Ho letto con piacere misto a una vena di tristezza i pezzi di Gavino
Puggioni che cercano di non far scomparire del tutto l’Argentiera, mantenendone
vivo almeno il ricordo. Ormai sembra destinata all’abbandono totale,
impossibile, probabilmente, eppure… forse qualcosa può essere fatto.
Personalmente, ho visitato due luoghi in cui una vecchia miniera è risorta a
nuova vita, e vorrei parlarne.
Miniera di Prali. Val Germanasca |
Uno si trova dalle mie
parti, a Prali, in Val Germanasca, una delle tante valli che circondano Torino;
l’altro è nel cuore dell’Etruria, a Populonia.
Prali è una delle più
deprimenti località montane che abbia visitato. Al termine di una valle
strettissima, incassata tra pareti rocciose a strapiombo, scavata da un
torrente che a stento si riesce a intravedere, la borgata antica cade
letteralmente a pezzi, con qualche maldestro tentativo di restauro qua e là,
che ne accentua la desolazione. Poco più avanti sorge la borgata nuova, un
gruppo di condomini tali e quali a quelli di ogni quartiere periferico della
città. Poco oltre, una funivia permette d’inverno di sciare, e d’estate conduce
ad una conca in alta quota, questa sì, davvero notevole, quasi incantata: “la
valle dei tredici laghi”.
Populonia è opulenta,
cittadina ricca di monumenti antichi, dalla necropoli etrusca alla rocca
medievale; si specchia dal suo promontorio in un mare azzurrissimo, e nei
dintorni si trovano spiagge uniche al mondo. Una vera perla nel pur magnifico
mediterraneo.
Ebbene, cosa accomuna
queste due località, tanto diverse tra loro? La miniera, più precisamente la
miniera abbandonata.
Muniti di scarponcini e
di abiti pesanti, cui si aggiungeranno l’elmetto e il mantello di tela cerata
forniti all’ingresso, si entra nei tunnel sotterranei, al seguito di una guida
che ci racconta come le gallerie furono costruite, le differenze fra i tunnel
del XIX e del XX secolo, come si svolgevano le attività estrattive, le tecniche
di lavorazione del minerale estratto, i suoi usi. Particolare attenzione viene
rivolta ai bambini e ai ragazzini, che imparano divertendosi. A Prali c’è anche
un trenino.
Prali ha trovato il
modo di attirare turisti non solo torinesi, e anche in stagioni “morte” per lo
sci o l’escursionismo; Populonia richiama turisti di tutto il mondo col suo
semplice nome.
A Prali si estraevano
grafite, marmo e soprattutto talco, un talco molto pregiato; le prime attività
risalgono a tempi di cui si è persa memoria, ma le miniere sotterranee
iniziarono nel XIX secolo. A Populonia si estraevano ferro, rame, e un poco di
argento, a partire dai tempi etruschi fino a tutto il medioevo. Poi,
particolare curioso, nel XIX
secolo iniziarono gli scavi per recuperare i detriti metallici che gli antichi
avevano scartato, e che le nuove tecnologie rendevano possibile usare per
ricavarne altro metallo. Furono questi scavi a riportare in luce le antiche
tombe etrusche: prova che anche i nostri progenitori inquinavano l’ambiente, e
che non sempre il progresso è un male.
Prali offre un insieme
di percorsi didattici rivolti alle scuole e ai singoli, integrando la storia
della miniera con la storia delle popolazioni succedutesi nelle vallate
circostanti, e con i numerosi sentieri in alta quota, che nulla hanno da
invidiare a quelli in montagne più rinomate, e meriterebbero maggiore
considerazione. Populonia non si limita a godere passivamente delle sue famose
attrattive storiche, artistiche, archeologiche; offre percorsi guidati completi
che consentono di viverle pienamente.
Miniera di Populonia |
In entrambi i casi
trovo che si sia realizzato uno sviluppo “virtuoso” , recuperando anche ciò che
spesso tende a ritenere “troppo industriale”, com’è, appunto la miniera.
Costruire questi
percorsi non è facile: bisogna superare lungaggini burocratiche, vecchie
diffidenze, resistenze di chi non vuole cambiamenti. Il risultato, tuttavia, dà
un buon ritorno, in termini culturali, ma anche economici: nasce infatti un
indotto costituito da alberghi, ristoranti, negozi, negozietti, e così via. La
località rinasce.
Forse sono un po’
ingenua, ma spero che questa mia testimonianza possa aiutare l’Argentiera,
suggerendo la possibilità di valorizzare un patrimonio importante, e mostrando
ai turisti che la bella Sardegna non è solo mare e spiaggia, ma una terra viva,
interessante, con tanta storia e storie da raccontare.
Rosella Rapa,
Torino.
Per chi volesse saperne
di più:
Caro Gavino,
RispondiEliminaGrazie per aver pubblicato questa mia riflessione sulle "Vecchie Miniere". Da Torino, per l'Argentiera, non posso fare molto di più; unisco alle parole scritte tutta la mia speranza e i miei pensieri, affinche un'altra Vecchia Miniera possa vivere una seconda giovinezza.
Se saremo in tanti a crederci, aumenteremo le possibilità di riuscita.
Rosella
Se le miniere sfruttate ed abbandonate, venissero usate come musei didattici, sono assolutamente d'accordo nel volerle salvare, se invece si volessero riprendere i lavori di estrazione, penso che per quei poveri minatori assunti a tale scopo, sia un lavoro estremamente pesante e anche nocivo.
RispondiEliminaMa lasciarle abbandonate a sè stesse, come accade per molte altre situazioni in Italia, allora occorre battersi per difendere l'ambente.