Noi non andiamo da nessuna parte. Ci accontentiamo solo di partire, di
separarci da ciò che è vivo, a profitto del vuoto della rapidità.
Una profezia inquietante, sulla
sparizione dell’umanità, è al centro del saggio L’orizzonte negativo – saggio di dromoscopia che il filosofo e
studioso francese d’architettura e di armamenti Paul Virilio dedicò, nel 1984,
proprio alla rivoluzione dei trasporti e della comunicazione.
Virilio definisce la dromologia
come “la scienza o la logica della velocità- La dromologia è importante quando
si considera lo strutturarsi della società in relazione con la guerra. “Chi
controlla il territorio lo possiede. Il possesso del territorio non riguarda
principalmente le leggi ed i contratti, ma prima di tutto riguarda la gestione
del movimento e della circolazione”.
Immaginando il senso degli sviluppi che abbiamo vissuto
puntualmente dopo, Virilio incanalò soprattutto il tema della velocità come
fine ultimo di questi progressi. Alla fine, è la tesi cara a Virilio, con gli
ultimi sviluppi delle tecnologie l’umanità “sta producendo una precisa idea del
niente e dell’assenza”.
Il tempo reale dell’ubiquità e
dell’immediatezza della comunicazione è la conquista finora più originale e più
specifica della storia umana. Ma ha l’effetto perverso di portarci dentro a una
non-realtà, e qui curiosamente lo studioso francese abbraccia un concetto caro
al grande teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, che dalle prigioni naziste,
prima di essere impiccato nel lager di Flossenbuerg, aveva scritto:
“l’immediatezza è un’impostura”.
Il grande intellettuale francese ha
recuperato la felice intuizione del teologo Bonhoeffer, secondo cui «l'immediatezza è un'impostura», per
spiegare che cosa sta succedendo con i nuovi media.
La tesi di Virilio è che ha un
effetto perverso essere in contatto perenne con chiunque nel mondo, senza
magari rivolgere più la parola alle persone accanto a noi: è «l'espressione del
declino dell'unità di vicinanza», di una traiettoria ben definita
«nell'orizzonte negativo, verso la sparizione». Ma questa è ben un'altra
questione, molto di fondo, e non toglie nulla al grande colpo dei soliti
ignoti: l'uccisione della tv da parte delle nuove generazioni.
Di recente Virilio ha spostato la
sua riflessione sulla “terza rivoluzione”, dell’integrazione nel corpo umano di
tecnologie. E’ il passaggio, quest’ultimo, che sta rendendo possibile
l’uomo-macchina, come del resto una marea di spettatori si è resa conto
seguendo Pistorius alle Olimpiadi.
L'incidente integrante
La
tecnologia non può esistere senza la possibilità d’incidenti. L'incidente è ciò
che c'è d’inopinato, di non previsto e nasce con la nascita stessa della
tecnologia: quando si è inventato il battello, si è inventato anche il
naufragio, quando si è inventato il treno, tecnologia per spostarsi più
velocemente, si è creata la catastrofe ferroviaria. È qualcosa d’insuperabile
che però la tecnocrazia censura, essa accetta infatti solo di vedere la
positività del suo oggetto e dissimula senza posa l'incidente.
Paul Virilio Parigi,
4 gennaio 1932 è un francese, filosofo, scrittore, urbanista, teorico culturale ed esperto di nuove tecnologie, noto
principalmente per i suoi scritti sullo sviluppo della tecnologia in relazione
alla velocità ed al potere, con vari riferimenti all'architettura, l'arte, la municipalità e le forze armate.
Dietrich Bonhoeffer (Breslavia, 4
febbraio 1906 –Flossenbuerg 9
aprile 1945) è stato un teologo luterano tedesco, protagonista della resistenza al Nazismo.
Prendiamo ora in esame la velocità
di comunicazione attraverso la posta elettronica, internet, che ormai ha
raggiunto un tempo quasi reale. Servono solo pochi secondi, in certi casi, il
tempo di trasmissione di un e-mail o di un documento.
Un tempo i mezzi di trasporto erano
lenti: carrozze trainate da cavalli, che impiegavano giorni o mesi per condurre
i passeggeri da una località a un’altra.
(non tengo conto, in questa
esposizione, anche della scomodità dei viaggi e delle condizioni delle vie
carrozzabili, ma solo del tempo).
Così anche i plichi, le lettere,
subivano un lungo viaggio prima di arrivare a destinazione, eppure la gente
aveva la pazienza di aspettare e di accettare i tempi richiesti.
Oggi, ce la prendiamo con il
server, se la posta elettronica va a rilento o se non riusciamo a navigare
velocemente in rete. E magari il ritardo è di pochi minuti o ore. Diventiamo
nevrotici, se il nostro PC s’impalla, perché intasato da troppe schede aperte.
Ci agitiamo se gli amici o le
persone, con cui siamo in relazione via internet, non ci rispondono a tamburo
battente, ovvero in tempo reale. Siamo diventati nevrotici, per cui l’incidente
integrante avviene anche tra persone, proprio a causa della tecnologia. Ci
irritiamo e gli scambi relazionali diventano tesi…tutto per la fretta, per
l’alta velocità, che non è solamente imputabile ai treni.
La nostra vita diventa veloce, ogni
azione in gara con il tempo, perché la tecnologia ha fatto miracoli: il bucato
si fa in fretta, con la lavatrice; ai piatti ci pensa la lavastoviglie,
l’aspirapolvere compie il suo dovere declassando la scopa, il mixer ci fa
risparmiare tutto quel tempo che occorreva per usare la mezzaluna o il
pestello…e via di questo passo.
Ora che succede? Che se uno di
questi strumenti si guasta, noi entriamo in crisi: ci vuole tempo per preparare
il cibo, ci vuole tempo per fare il bucato a mano, ci vuole tempo per lavare i
piatti, e noi di tempo non ne abbiamo più, o ci sembra di non averlo, e noi ci
irritiamo.
Tutto questo trambusto, a causa
della tecnologia…
Ma del tempo risparmiato grazie alla
tecnologia, che ne facciamo?
Lo usiamo per incontrarci con gli
amici, magari al bar per un aperitivo o un caffè, oppure inviandoli a casa
nostra, per uno scambio di opinioni, una chiacchierata rilassante? Assolutamente no! Lo consumiamo in
nervosismo, in tensioni, in corse non sempre necessarie, perché dobbiamo andare
di fretta, vivendo sempre sull’orlo di una crisi di nervi. E perdiamo il
dominio del nostro territorio. Non lo possediamo più. E l’idea del niente e dell’assenza prende possesso in noi.
L’immediatezza diventa così
un’impostura, come sostiene Bonhoeffer? Forse si, perché non ci prendiamo il
tempo per riflettere, per assaporare la vita, nelle sue piccole cose, per
dedicarlo noi stessi, nella quiete più assoluta, leggendoci dentro e
riflettendo sulla verità della nostra esistenza.
No, noi corriamo, dobbiamo fare,
dobbiamo agire, e la tecnologia ci aiuta a fare di più e ad agire meglio, ma ci
ruba anche quel tempo che era prezioso quando la tecnologia non aveva ancora
messo piede su questa Terra.
E allora, arrivati al termine di
questa nostra corsa nella vita, tirando le somme, possiamo solo affermare che
abbiamo corso, grazie anche alla tecnologia, ma ci resterà una domanda dalla
risposta inevasa: CON TUTTO IL NOSTRO CORRERE, ABBIAMO DAVVERO VISSUTO?
Danila Oppio
Mentre scrivevo tutto questo, mi sono ricordata che il poeta Gavino Puggioni aveva composto una poesia, pubblicata su "L'arcobaleno in giardino" Magnum-Edizioni, che rispecchia molto il contenuto del mio articolo, e la ripropongo alla vostra lettura.
E RIPENSO
Gente che corre
In auto
In moto
In bicicletta
A piedi
E si accalca
Gente che viaggia
Con l’ansia
Col desiderio
Sempre in fretta
Sempre stanca
Gente che non guarda
Dove va ma va
Vuole arrivare
Alla meta
Tutti i giorni
Dall’alba al tramonto
Rincorre anche il sole
La luna e le stelle
Dopo,
e non si ferma mai
ma dove va?
….. e la vita?
Gavino Puggioni
26 febbraio 2003
Molto interessante e veritiero. Mi ha fatto riflettere e condivido.
RispondiEliminaIn questa fretta, si perdono le cose più migliori.
Molto bella la poesia di Gavino.
Un saluto.
Graziella
Quanta verità in questo articolo. Alla velocità, sempre più estenuante, si aggiunge l'ansia di non arrivare in tempo.
RispondiEliminaUn circuito chiuso che si alimenta di due contrasti che si sostengono a vicenda.
Mi è incomprensibile che l'uomo non abbia ancora compreso, che in questo modo si danneggia da sè, perchè lui non è fatto per questo ritmo sempre in crescendo.
Di pari passo egli decresce, fino ad annientarsi nell'isolamento del suo animo, non più capace di comunicare con il suo prossimo. Nel concetto della velocità agisce la sua bramosia di possedere tutto e immediatamente, così che i suoi veri problemi si accumulano fino al suo collasso emotivo e psichico.
Se è vero che ci sono momenti nei quali bisogna reagire rapidamente, è anche vero che esistono quelli che richiedono maggiore attenzione e cura costante. Qui cito la formazione e le relazoni personali, i cui frutti maturano solo nel tempo di una vita intera.
La velocità, di per sè, non è del tutto nociva, quando si limiti il suo impiego alle applicazioni pratiche.
Lorenzo
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RispondiEliminaMi rendo conto di aver limitato il discorso, ma non era mia intenzione scriverne un trattato. Mi sono agganciata al pensiero filosofico di Virilio e all'incisiva frase di Bonhoeffer, per toccare i problema più scottante dell'umanità...SAPPIAMO DAVVERO VIVERE? Tutto quello che facciamo nella vita, è davvero necessario? Abbiamo tutta questa necessità di fare le cose in fretta, correndo, perché pare che ci scappi sempre il treno? Prendersi una pausa, che sia pausa vera e non un viaggio di piacere che alla fine risulta più massacrante della vita quotidiana lavorativa. Non vado oltre, perché finirei per scrivere un altro articolo!!
RispondiEliminaGrazie A Lorenzo Poggi e a Graziella Cappelli per i graditi commenti!