Nel
giardino degli angeli scalzi
nascevano albe di luna
e poeti
dal viso di cervo recidevano fiori di latta;
manichini
di carta sciupata si scioglievano
in arnie pulite
e ragazze
dal petto spugnoso calpestavano grasse pernici.
Era il
tempo del falco gemello assetato di sabbia,
era un
sogno maestoso dove Dio interrogava le stelle,
le più
belle cadevano dentro i cespugli di rovi,
le più
dolci cadevano dentro le rose di maggio.
Era un
tempo selvaggio assillato da capre lanose,
vezzeggiato
da spose vestite di pianto,
ammaliato
dal canto pietoso del vento,
era un
tempo assetato di acqua di mare.
Nel
giardino degli angeli scalzi nascevano labbra carnose
circoncise
da Ebrei scampati al campo di Auschwitz;
luminose
farfalle ornavano cani ariani
e aquile
prive di artigli baciavano gialli conigli.
Era il
tempo dei gigli anneriti dai treni,
era il
tempo dei figli sinceri dell’onda di neve,
i più
belli cadevano dentro le bocche dei lupi,
i più
dolci cadevano dentro le torte di miele.
Era un
tempo di mele bacate da vermi turchesi,
assillato
dagli anni, dai giorni e dai mesi,
invaghito
di candide oche dal collo di sale,
era un
tempo di anime sole e di vili parole.
Era il
tempo di amare, sorridere, urlare,
di
cercare la prole nel tuorlo del sole,
di capire
il fraseggio delle allodole viola,
di
scovare il paese della bianca fortuna.
Nel
giardino degli angeli scalzi nascevano albe di luna.
Antonio Rossi
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