Ma allora il
sogno non è finito se Ezechiele continua ad esporsi ed imporsi emozioni che
solitamente non l'accompagnano!
Riesce a
spiegarsela questa sensazione di
stordimento, come se il cervello stesse ordinando di aprire bocca, di parlare,
non a vanvera, ma di quello che aveva appena sognato, insomma un ordine
soprannaturale, che di divino non aveva niente, nemmeno di realistico, nemmeno
di verità se riferita all'attualità.
Si, il sogno è
finito, pensa Ezechiele, ma lo deve raccontare a Gerundia che dorme e può darsi
che lo ascolti, visto che non lo fa mai.
Ascolta
Gerundia ero bambino nel sogno e non ero solo, in una casa di campagna, lontano
da qui, lontanissima nel tempo, in cui essa era il fulcro della nostra
famiglia, che non era numerosa ma sempre circondata da altre famiglie. Era
lontana dalle grandi città, quasi isolata da tutto il male che anche allora si produceva. Era
bianca, coi tetti dalle tegole rosse e non aveva i pluviali moderni, per cui,
quando pioveva, ogni tegola finale si trasformava in una cascata d'acqua
cristallina, sì da farla assomigliare ad una zampillante fontana al rovescio.
Di comodità ce
ne erano poche, ma il poco che c'era era più che sufficiente per rendere
vivibile ed allegra quella nostra esistenza.
Gerundia, tu
non l'hai conosciuta perché tuo padre, militare, andava girando per mezzo ;
stivale; ma dopo tanti anni l'hai vista anche tu quella terra e te ne sei
innamorata.
Noi bambini,
innocenti come l'antica ostia, la calpestavamo da mane a sera, tra sassi,
polvere e fango, inseguendo cani e gatti, inseguendo maiali diretti al porcile
o le galline al pollaio.
La fine di una
giornata ci sembrava il gioco di
una ruota, colorata e leggera, che facevamo correre fino ad arrivare al muro
alto della vigna, oltre il quale non si poteva.
Quel muro per
noi significava il vespro incantato; poi il buio della notte ci abbracciava
tutti, grandi e piccini, come in una grande coperta di lana calda.
Quante paure
per un rumore inconsueto, quante notti con gli occhi aperti per sentire i cani
che latravano o inseguivano, mugugnando, le volpi che quotidianamente
attentavano all'incolumità del nostro pollaio! Quante paure al sibilo del maestrale
che costringeva i fragili steli di grano, orzo e avena ad inchinarsi alla sua
violenza! Quanti ricordi, quando noi due assieme non esistevamo e questi giorni
erano ancora lontani lontani!
Ricordi, sì,
tutti belli, quasi narrati per una favola d'altri tempi, scovati nei meandri
della memoria di persone, di famiglie dedite al lavoro, all'amore e al rispetto della terra, già ferita ma
non sanguinante come oggi.
Gerundia si
scosse nel corpo travolgendo coperte e cuscini e lui stoppò le parole del suo
sogno.
-Mi hai
sentito, per caso? Sei sveglia? Perché non rispondi? Non ti piace? E tu dov'eri
a quell'età? Perché........-
S'interruppe
ancora, Ezechiele, per guardare la sua compagna, ma, non avendone ricevuto
segnali, seguitò a parlare di quel sogno, meravigliando sé stesso, ma anche la
donna che faceva finta di riposare e dormire.
-Dov'eri tu
quando io e i miei fratelli, con cugini e parenti e tutti quelli che ci
circondavano, dov'eri tu? in questa nostra stessa terra, ricca di umori, bagnata dal sudore di chi
zappava o stringeva le manopole di ferro del vecchio aratro di legno? In mezzo
agli animali liberi di pascolare e abbeverarsi a quei vasconi granitici dove
l'acqua gorgogliava e scorreva da sempre? Dov'eri?
Dov'eri
creatura, povera o ricca di quei ricordi che io, ora, ti sto mostrando,
scrivendoli quasi sopra l'acqua, perché se li porti via?...............Mi hai
sentito? -
Il silenzio
s'impadronì nuovamente della stanza, mentre il respiro ansioso dei due la
riempiva di un altro sogno, metafisico, costringendo Ezechiele a sgusciare dal
letto e portarsi davanti allo specchio. Vi si guardò, era sveglio, la faccia
stralunata, ma vera; le occhiaie incipienti assieme a qualche ruga lo rendevano
stanco.
Pensava,
oltrepassato l'anno 2000 dopo Cristo, all'astrusità del suo sogno, al non
ritorno, alla beffa di quel pensiero romantico rapportato al suo stato attuale,
anche davanti ad uno specchio.
-Che schifo! -
disse e tornò a dormire.
Ma non vi riuscì, perché Gerundia,
sveglia, l'aveva ascoltato ed era seduta sul letto, con le gambe divaricate e i
polsi e le mani puntate sul materasso, in una posa che sembrava di sfida.
Non voleva
sfidarlo, Gerundia, anzi; era rilassata, incuriosita e, nonostante l'età,
giocosamente penetrante nello sguardo mentre gli diceva:
-Perché non hai
continuato a dirmi del tuo sogno? Sono convinta che non hai finito! -
-Scommetto che
hai sentito tutto! -
-Si, tutto, ma
il tuo non è un sogno così
irreale, perché è fatto di carne, di alberi, di animali, di amori che ti
appartengono ma che non possono più essere tuoi. Puoi soltanto ricordarli,
forse ti fanno bene, forse ti fanno male, tienteli così come sono e basta! -
-Hai ragione!
-asserì Ezechiele, poi, quasi vittima della curiosità che aveva dato voce alla
domanda su l dove si trovasse Gerundia, proseguì: Comunque, visto che mi hai
ascoltato, mi devi una risposta perché ti chiedevo: dov'eri? -
-
Ero
lontana – mormorò Gerundia, iniziando a sua volta a raccontare , lontana da
questa terra, ma vicino, molto vicino a quei luoghi dove si produceva il male
da dove questo dilagava come fiume in piena, portando dolori, miseria e morte.
-
La
mia famiglia era come la tua, il lavoro, i sentimenti, gli amori, tutto uguale.
La terra no, perché essa apparteneva alle regioni del Nord-Est d'Italia, da
sempre nelle mire politiche di chi stava dall'altra parte della frontiera.
-
Fuggimmo
in tanti da quelle terre. Oggi non è come allora. L'Italia è unita, da nord a
sud, da est ad ovest, anche se abitudini e costumi ci separano in un
caleidoscopio dove è bello guardare, ascoltare e farsi ascoltare, nel rispetto
dei propri sentimenti.
-
Ma
questo non fa parte del tuo sogno né tanto meno del mio.
-
Invece,
poiché viviamo in questi anni così bui e disgraziati, mi sarebbe piaciuto
continuare ad ascoltare quello che stavi dicendo come fosse un racconto, perché
mi ha riportato in un periodo della nostra vita dove tutti, compresi noi due,
ancora bambini, avevamo voglia di crescere, voglia di rispettare e di costruire
una società sana senza la bramosia e la fretta che oggi ci contraddistingue.
-
Siamo
ben svegli, adesso – continuò Gerundia -. Se vai a leggere i giornali, nella
cronaca di vita quotidiana, non
trovi più niente che ti riporti ai sentimenti di una volta. Trovi, invece,
faciloneria, prepotenza e disordine che l'odierna civiltà ci sta imponendo.
Soprattutto quel disordine morale, ma pure materiale, nel quale tutti i giorni
cerchiamo di non riconoscerci, pena il coinvolgimento nostro e dei nostri
figli. -
-
-Hai
sognato anche tu? - chiese Ezechiele.
-
-Non
ho sognato – riprese Gerundia – ho ascoltato le tue parole mentre le mie sono
diventate ormai utopia. A volte un senso di colpa mi abbraccia e faccio autocritica e tendo ad
isolarmi, proprio per sentirmi dentro. Quell'io mi dice che nemmeno noi abbiamo
fatto abbastanza per evitare l'inutile, il superfluo,l'effimero, per quel
desiderio soltanto umano di essere e volersi rappresentare ad ogni costo, nel
bene e nel male.
-
Fuori
dalle nostre case ci sono uragani trascinatori e allora mi vengono in mente le
sirene
-
di
Circe, troppe sirene con troppi canti che, purtroppo, incantano i nostri
giovani..-
Quindi, vedi bene che anche il mio é un sogno, non a occhi chiusi come
il tuo, ma ad occhi aperti. Però é più bello il tuo, é più vero, rispecchia
quel sogno che dovrebbe essere di tutti,
-
in
questa realtà di vita empirica che pare dare premi di felicità a chiunque li
cerchi e questo é falso.
-
-
Ho
finito, sono quasi stanca ed é già mattina!
-
Andiamo
anche noi per strada e confondiamoci.
-
Nel
silenzio.
Gavino Puggioni
Da Nel silenzio dei rumori
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