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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

giovedì 23 gennaio 2014

Confronti poetici



Hermann Hesse
Di tanto in tanto mi piace confrontare due stili pittorici tra loro, per esempio quando un quadro lo trovo molto rassomigliante ad un altro e di altro autore. Ora, per puro caso, mi trovo ad affiancare due poesie, una di Hermann Hesse, l'altra di Cesare Pavese, e poiché quest'ultimo ha scritto la sua ode in tempi successivi a quelli di Hesse, mi verrebbe da pensare che si sia fatto, in quale modo, influenzare dalla lettura del poeta tedesco.
Hermann Hesse(Calw, 2 luglio 1877 – Montagnola, 9 agosto 1962)











Cesare Pavese
Cesare Pavese (Scrittore italiano (Santo Stefano Belbo 1908 - Torino 1950).
Sappiamo che Pavese è morto suicida, in giovane età, quindi Hesse gli è sopravvissuto, ma guardate le date di nascita, e vi accorgerete che la produzione poetica di Hesse ha preceduto di lunghi anni quella del Pavese. Novembre 1914, lo dice il titolo stesso, è stato scritto in quell'anno, e Pavese all'epoca aveva solo 6 anni!
Vi propongo le poesie, e di seguito le commentiamo insieme.










Novembre 1914

Il bosco lascia cadere le sue foglie,
La nebbia grava sulla valle,
Il fiume ha perso il suo splendore,
Senza ebbrezza è la foresta.

Ma ora soffia la bufera
E scuote i limpidi capelli
Con duri colpi spazza via
La nebbia chiara dalla terra

Non risparmia né rami né foglie,
Non gli è cara nessuna cosa bella,
L'uccello si angoscia nel suo nido,
Nel casolare ha freddo il contadino.

Abbandono e mando in pezzi
Ciò che non volli conservare
E strappo alla notte e alla morte
Il giorno luminoso.
Hermann Hesse
da  Le stagioni
Guanda Editore 2010

 In the morning you always come back


Lo spiraglio dell'alba
respira con la tua bocca
in fondo alle vie vuote.
Luce grigia i tuoi occhi,
dolci gocce dell'alba
sulle colline scure.

Il tuo passo e il tuo fiato
come il vento dell'alba
sommergono le case.
La città abbrividisce,
odorano le pietre -
sei la vita, il risveglio.

Stella sperduta
nella luce dell'alba,
cigolio della brezza,
tepore, respiro -
è finita la notte.

Sei la luce e il mattino
(Cesare Pavese - Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, 1950)



Se prendiamo la prima strofa, dell'uno e dell'altro autore, rileveremo delle assonanze: Hesse parla del bosco, freddo, nebbioso, privo di luce. Pavese ambienta i versi in città, ma il clima è lo stesso.
Secondo verso: Hesse racconta del vento che spazzola i capelli della donna amata, Pavese racconta del passo della sua donna e del vento,  del freddo in città, mentre Hesse racconta della bufera. Così come Hesse parla della terra, Pavese descrive le pietre.
Entrambi terminano allo stesso modo: Hesse strappa alla notte e alla morte Il giorno luminoso, Pavese dichiara che è finita la notte, e che lei è la luce e il mattino.

Troppe analogie, per non essere stata la prima, ispirazione alla seconda. 
L'ambientazione di Hesse, nel bosco, in campagna, viene traslocata nella città, da Pavese, ma il clima freddo, invernale e notturno appare molto similare, così come il vento che continua a sibilare e a far rabbrividire in entrambe le composizioni poetiche, ma che alla fine, dopo una notte turbolenta, la luce del giorno, del mattino, torna ad illuminare la vita e le cose. 
Aspetto commenti!
Danila Oppio


2 commenti:

  1. Complimenti Danila per la tua analisi comparata delle due poesie! In effetti sono giuste osservazioni, soprattutto su quanto la natura sia presente in entrambi i poeti, e non solo in questi componimenti, ma in questi, più che in altri, rappresenti come una grande metafora della vita...

    In Hesse addirittura trovo un tono più leopardiano in quel verso "Non gli è cara nessuna cosa bella", come a voler farci notare che alla fine nulla possiamo di fronte alla sua potenza quasi distruttiva che assimila a quella dell'uomo "Abbandono e mando in pezzi/ciò che non volli conservare"... quasi un rimpianto in quel "non volli", perché l'uomo, a differenza della natura, può decidere di non distruggere, di non far male... e infatti nell'ultimo verso c'è quell'atto volontario, quasi una ribellione espressa con quello "strappare" alla notte e alla morte la luce del giorno, di cui abbiamo bisogno per poter continuare a vivere...

    In Pavese la natura colta quasi in dormiveglia e in ogni caso in una luce di freddezza, fisica e mentale, ha invece come contraltare la presenza della donna amata di cui però ricorda ogni cosa, ogni particolare, ma quest’ultima in più ha la vita e il calore, quel “respiro” o “fiato”, che viene ripetuto in ciascuna delle tre strofe, che vuole sottolineare la sua vicinanza, la sua presenza ed importanza, il bisogno che ne ha per scacciare la solitudine e la morte… Ci trovo davvero una grande dichiarazione d’amore e di estrema gratitudine per ciò che essa rappresenta per lui…

    Due bellissime poesie da leggere ancora per assorbire il loro incanto e la pienezza del significato di quelle parole. Grazie ancora Danila per averle proposte. Mauro

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  2. ciao Mauro! Innanzi tutto devo ringraziare te, perché la poesia di Pavese me l'avevi inviata tu stesso! Leggendola, e avendo da poco letto anche quella di Hesse, ho notato alcune analogie e mi è piaciuto crearne un confronto.
    La tua esegesi sulle stesse ampia la conoscenza più profonda dei due poeti, il tuo commento quindi arricchisce in modo superbo il mio breve pensiero. Danila

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