che parlava poco e sapeva essere generoso
Arrivò al «Giorno» vestito come uno di Cuneo... E qualcuno
gli suggerì: «Per conoscere la città vai in casa Cederna»
di GIULIA BORGESE
Io me lo ricordo, il mio vecchio e carissimo amico, Giorgio Bocca, anzi «il
Bocca» come era familiarmente chiamato, fin da quando arrivò a Milano, al Giorno di Italo Pietra: era un ragazzo chiaramente e dichiaratamente
provinciale (e infatti sarà proprioIl
provinciale forse il più bello dei suoi tanti libri)
vestito come uno di Cuneo, la sua città, con maglioni lavorati a disegni di
fiocchi di neve.
(TamTam)
Lui
stesso ricordava che arrivato a Milano non conosceva nessuno, ma qualcuno al
giornale gli aveva suggerito: «Per conoscere la città vai subito in casa
Cederna». E lui così aveva fatto, e lì da mia zia Camilla e mia nonna Ersilia
lo incontravo spesso. Aveva fatto una intera pagina sul Giorno – mi pare una pagina a colori, che allora sui quotidiani era una
rarità - intervistando un gruppo di miei amici, giovani della borghesia che si
affacciavano appena al mondo del lavoro: chi era avvocato, chi industriale, chi
designer, chi pubblicitario… E tutti poi sono diventati suoi amici. Lui allora
aveva casa in via Pascoli e possedeva un magico libro di cucina, «Il cuoco
piemontese», settecentesco e un po’ unto e consunto: di lì si ispirava per
certe sue cene indimenticabili. Per esempio telefonava alle sei del pomeriggio
e diceva, col suo bell’accento piemontese che non aveva mai perduto: «Ho finito
l’articolo e adesso faccio il manzo al cucchiaio, venite alle nove»
Il buon mangiare e il buon vino facevano parte integrante della sua vita, per esempio una delle
ultime volte che ho pranzato a casa sua nella via privata Giovannino De Grassi,
tra via San Vittore e corso Magenta, mi aveva attirato con la promessa di
assaggiare un forma del famoso formaggio Castelmagno che gli avevano appena
regalato. Aveva sposato nel 1972 o ’73 una mia amica della Valtellina, Silvia
Giacomoni. Anzi ero proprio stata io a presentarli, tutti e due da poco abbandonati
dai loro rispettivi coniugi, tutti e due un po’ tristi e soli. Incredibile, in
un attimo il carattere valtellinese di lei e quello piemontese di lui si sono
accordati, e loro si sono proprio innamorati, di un amore che è durato fino ad
oggi. Giorgio aveva una figlia, Nicoletta, la Silvia due bambini Guido e
Davide: in breve hanno messo su casa insieme, in via Bagutta, dando vita a una
grande e nuova famiglia. In vacanza andavano tutti nella bella casa in Val
d’Aosta oppure sulla barca a vela che tenevano a Lerici, con Davide che era
diventato subito un bravissimo skipper.
(ItalyPhotoPress)
Parlava
poco, il Bocca, aveva conservato quella sua simpatica ruvidezza montanara –o
partigiana- ma sotto le camicie a quadri che gli regalava il Tai Missoni, batteva
un cuore –come si usa dire- davvero generoso: spesso sapeva addirittura essere
dolce se un amico era un po’ depresso e aveva bisogno di speciale affetto. E di
amici ne aveva molti. Adesso sta per uscire il suo ultimo libro e –mi dice
Carlo Feltrinelli, il suo editore- è almeno riuscito e vederlo finito, a
prenderlo in mano, a guardarselo bene. Ma che dire? Il Bocca è una persona
indimenticabile .
26 dicembre 2011
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