Non
più d’un alone d’alito
condensato
sullo specchio,
vuoto
di figure
non
più d’un’impronta digitale
dell’indice
teso contro la finzione
di
una lastra levigata e invalicabile
questo
di te rimase
nella
stanza abbandonata
questo,
per me in cerca di indizi
la
sola traccia che attizza l’angoscia
d’esser
lì dove tu fosti
senza
che neppure uno dei tuoi specchi
accolga
la mia persa immagine
(Fernando Rigon – Dimore, 1989)
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