Acceleratore tevatron al Fermilab |
Riflessioni sulla sua
scoperta
E' di recente la diffusione della notizia
riguardante la scoperta della “particella di Dio”, grazie all'utilizzo, nella
tecnologia moderna, delle onde elettromagnetiche, a una dimensione, che hanno
sensibilizzato la nostra facoltà uditiva.
A prima vista tale incipit potrebbe apparire
strano, ma non è così.
I cinque sensi di cui la nostra materia vivente è
dotata e cioè, la vista, l'udito, il gusto, l'olfatto e il tatto, sono
espressione della volontà del Creatore di corroborare il nostro corpo e lo
spirito, utilizzando proprio quelle forze elettromagnetiche, per rendere
piacevole il godimento della nostra vita con un'altra straordinaria
peculiarità: la simbiosi tra il trascendente e l'immanente che rende fascinosa
la nostra esistenza .
E' la rivelazione dei doni di Dio all'uomo quali
la fede e la ragione ed è giusto dire che, senza codesti doni da cui si
sprigiona l'intelligenza, non si aderisce alla verità della parola di Dio.
Si diventa miscredenti, atei e propugnatori
dell'annichilimento che sfocia nel nulla.
A questo punto è quanto mai opportuno venire al
nocciolo delle riflessioni e l'opportunità è data dalla scoperta della
particella di Dio, avvenuta di recente ad opera degli scienziati Peter Higgs e
Francois Englert, ai quali è stato assegnato il Premio Nobel per la fisica.. Lo
scienziato Robert Brout, scomparso nel 2011, avrebbe meritato anche lui tale
premio ma viene ricordato per la collaborazione data alla medesima scoperta.
Allora viene spontaneo chiedersi – che cosa è codesta
particella? -
La sua scoperta, cui è stato dato felicemente il
nome di “particella di Dio”, esterna al mondo un altro segnale della potenza
del Creatore di tutte le cose e rivela il bosone che attribuisce la massa
all'intero universo, al cosmo che comprende i corpi celesti in continuo moto
nello spazio infinito e nell'intera umanità che vive sul pianeta Terra.
Ma non deve confondersi con la particella atomica
e subatomica, dotata di spin, descritta, nel secolo scorso, dal fisico indiano
Satyendranath Bose, da cui il nome bosone e successivamente perfezionata da
Albert Einstein.
La particella di Higgs e di Englert, priva del
moto a trottola di cui alla particella subatomica Bose-Einstein, è invece
dotata di massa che si manifesta non solo nello spazio-tempo a 4 dimensioni in
cui l'umanità vive la propria esistenza,
(tre dimensioni di spazio: lunghezza, larghezza e altezza e una di
tempo), ma anche in altri spazi così detti intrinseci che concorreranno alla definizione
del super spazio a 43 dimensioni, in un futuro non molto lontano.
Questa massa, insita nella particella di Dio,è 133
volte la massa di un protone che è di due milionesimi, di miliardesimi, di
miliardesimi di grammo, così calcolata con le potenti super macchine in
dotazione presso i centri di ricerca nucleare.
Prima di concludere è doveroso magnificare la
potenza della particella di Dio che attribuisce la massa dal cuore del protone,
insito negli atomi che formano la nostra materia vivente, ai confini del cosmo.
Per diletto si può enunciare l'estensione del
protone che è di un decimo di millesimo di miliardesimo di centimetro.
Se fosse grande quanto una pallina da tennis,
l'uomo sarebbe grande e grosso quanto tutto il sistema solare, mentre il corpo
umano è formato con 35 miliardi di miliardi, di miliardi di nucleoni che sono
l'insieme delle particelle elementari del protone e del neutrone.
In tale contesto viene scoperta la particella di
Dio che attribuisce la massa alla miriade di nucleoni congeniti nel nostro
corpo. Ragione per cui possiamo muoverci nello spazio espanso a tre dimensioni,
così detto bosonico, andando avanti e indietro e restando identici.
Se non fossimo dotati di massa avremmo il seguente
paradosso: potremmo volare nello spazio alla velocità della luce che è, com'è
noto, di 300.000 kilometri al
secondo ma non esisteremmo sulla faccia della terra, né potremmo ammirare tutte
le cose create a partire da particelle dotate di massa, quindi, oltre le cose a
noi familiari, anche gli oceani, le montagne, i fiori, il sole stesso, la luna
e le stelle e le altre cose che fanno parte dell'intero universo.
Luciano Cicu
Appassionato di cultura scientifica
Riflessioni in superficie
ascoltando Luciano Cicu
Estasi? Meraviglia?
Incanto?
No, no, solo Umanità , di
cui l'Uomo, dal primitivo fino ai giorni nostri, dovrebbe essere intriso e nel
più alto senso etimologico.
Nell'allegoria del Cosmo,
in strati predefiniti, si crea il Pensiero come embrione, come particella
infinitesimale di un respiro catapultato in un vortice di venti sconosciuti
che, a loro volta, si incontrano e si scontrano nel loro andirivieni fino a
quando quello stesso embrione implode e si trasforma nella Parola, un insieme
di movimenti non solo labiali, capaci di dar vita a milioni di sfumature parlanti, delle quali
l'intero Universo s'è nutrito, nel bene e nel male.
La Terra che calpestiamo
è figlia dell'Universo?
Credo di sì, se pensiamo
di dare al Tutto una genesi che si ridistribuisce nello spazio siderale assieme
al tempo di cui è compagno.
E allora anche noi,
poveri terrestri, siamo suoi figli?
Credo sempre di
confermare, pur non essendo uno scienziato e un fisico-matematico.
Noi, da sempre,
nell'interezza della nostra vita, siamo stati “fatti” e poi lasciati al nostro
destino, quale che fosse non importa, avendo in regalo la libertà, quella
libertà, troppa, che, alla fine, è
andata ad intaccare, e non solo, la meteora del Pensiero, riducendola a mero
bisogno materiale.
Il risultato di tale
impatto è stato, e lo è ancora, catastrofico perché l'Uomo ha parlato sempre a
bocca aperta, come un vulcano in eruzione continua, bruciando tutto ciò che lo
circondava.
E le sue parole, di
umanità, non avevano segni, costruite com'erano di odio, di minacce, di
sopraffazioni di altri popoli, dedite alla distruzione, colme di indifferenza
quand'anche certe situazioni avrebbero meritato rispetto, riconoscenza e amore.
Utopie, solo utopie che
noi, quei figli dell'Universo, ci
stiamo regalando in impensabili filosofie del non senso.
Nel Cosmo tutti i corpi
celesti hanno avuto ed hanno essenza propria, ognuno con le loro identità che man mano
scienziati e fisici hanno esplorato e ancora lo fanno, anche se, mai, ne
conosceranno la vita, com'è avvenuto, invece, per la Terra e, più recentemente,
per la Luna.
La Terra, ormai abitata
da chi sa quando, “appartiene” all'Uomo che ad essa ha dedicato le energie
migliori dell'intelletto per scoprirne tutti gli anfratti naturali e non,
sublimandone il valore immenso e infinito, in aiuto alla conoscenza umana che,
da lì a poco, sarebbe stata calpestata e distrutta perché potesse diventare più
agibile nelle mani predatrici di qualsiasi bene che essa stessa gli aveva
regalato.
Ma allora, che figli
siamo stati e siamo? Solo
degeneri?
Anche in questa risposta
un “forse” ci sta.
Una gran parte di noi ha
amato e ama il sacro suolo che calpesta, traendone anche benefici mentre
l'altra parte, sempre nostra, l'ha distrutto, non amandolo, usandolo come carta
straccia, avvelenandolo con e di tutto ciò che è materia moderna, dal nucleare
e le sue scorie, dalla plastica “necessaria” a quello che si chiama “rifiuti
solidi urbani”, interrati e custoditi a pagamento, a futura sconvolgente
memoria..
“Vivere nel tempo senza
tempo”
Ricordo questo aforisma,
forse dello scrittore filosofo Michel de Montaigne, e lo ricordo volentieri
perché incastonato in un “giovane” castello, scavato con magia
architettonica, in una collina
granitica affacciata nelle meraviglie di Baja Sardinia, da quasi cinquant'anni,
chiamato Ritual.
Ecco, in quel tempo noi
viviamo o dovremmo, in spazi che lo stesso ci ha regalato, facendone un tempio
per una inimmaginabile vita da vivere e convivere.
L'Uomo non ha età, è
sempre stato tale fin dal suo concepimento, come embrione che, crescendo, ha
saputo scegliere il sentiero di vita, nel bene e nel male.
La sua condicio sine qua non
di libertà l'ha, al contrario, sempre condizionato, in pratica, non si è mai
sentito libero se non nel momento della nascita e in quello della sua
dipartita, in un altrove collocato in quell'infinito, dove, compreso me,
crediamo di abitare
Gavino Puggioni
ottobre 2013
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